Rollink Stone, capitolo 12: Koji Yamaguchi, un biglietto di sola andata per l'Europa | Rolling Stone Italia
News

Rollink Stone, capitolo 12: Koji Yamaguchi, un biglietto di sola andata per l’Europa

«Il primo tatuaggio che ho visto? Forse era di uno della Yakuza». Il viaggio senza ritorno di Koji, dal Giappone all'Italia, dai primi tatuaggi sulle sue gambe al suo studio, Oink Farm

Un ritratto di Koji Yamaguchi - Foto di Marco Annunziata

Un ritratto di Koji Yamaguchi - Foto di Marco Annunziata

Rollink Stone è un osservatorio sull’universo del tatuaggio moderno in continua e turbolenta espansione. Marco Annunziata fotografo e contributor da Europa e California per Inked, Rebel Ink, Total Tattoo, desideroso per una volta di esprimersi nella propria lingua madre, porta sulle pagine di RS le storie e i lavori di tattoo artists più o meno celebri, da New York a Termoli, passando per Copenhagen, dalle macchinette artigianali fatte con un walkman, uno spazzolino, una penna bic e una corda di chitarra, ai reality shows ultra milionari.

Cartoon e ispirazioni giapponesi nei lavori di Koji

Cartoon e ispirazioni giapponesi nei lavori di Koji

Ciao Koji, che ci fai in Italia?
Ho vissuto in Giappone fino all’età di 30 anni, quando ho comprato un biglietto di sola andata per l’Europa e sono andato a vivere e lavorare a Londra per un po. Per farla breve ho trovato una ragazza italiana (o lei ha trovato me) ed eccomi qui!

Quando hai visto un tatuaggio per la prima volta?
Ero un ragazzino, in un bagno pubblico in Giappone. Molto probabilmente era un membro della Yakuza.

Quali sono i tuoi inizi da tatuatore?
Mi sono tatuato dei fiori di ciliegio sulla gamba. Il mio maestro mi disse che se volevo imparare a tatuare avrei dovuto sacrificare il mio corpo: nel giro di un anno le mie gambe erano completamente inchiostrate con tecnica tebori. Dopo due anni di apprendistato, ho avuto finalmente il mio primo cliente, che si fece tatuare una maschera Hannya da mio disegno originale.

Chi ti ha insegnato a disegnare?
Ho frequentato una scuola di disegno a Tokyo. All’epoca non si usavano i computer e si faceva tutto a mano. Ho avuto così la possibilità di disegnare moltissimo e di fare pratica. Da allora ho sempre disegnato, quando ho iniziato a tatuare mi sono specializzato a realizzare disegni più legati alla tradizione giapponese. Poi col tempo ho ripreso a disegnare in modo più personale.

Quali sono gli artisti visuali che influenzano maggiormente il tuo lavoro?
Seguito artisti e designer, illustratori, fumettisti e fotografi. Sono anche molto attratto dall’artigianato, oggetti antichi e arte di strada. Per darti qualche nome, Shuji Terayama, Toshio Saeki, Tadanori Yokoo, Hokusai, Katsuhiro Otomo, Robert Crumb, Takashi Nemoto.

Cosa pensi di chi copia i tatuaggi?
All’inizio, per imparare, tutti copiano, è necessario però capire quando smettere per cominciare a creare qualcosa dal niente. Non mi piacciono le imitazioni di nessun genere, ma se ad altra gente piaccono per me non ci sono problemi!

Come sei arrivato al tuo stile?
Ho iniziato seguendo lo stile giapponese tradizionale del tatuaggio, quindi molto piatto. Col tempo ho provato a eseguire tatuaggi in stile più moderno, dando più profondità e tridimensionalità alla composizione, cercando di dare vita ai i miei soggetti. Negli ultimi anni ho sperimentato un po di tutto, e attualmente mi diverto a eseguire pezzi cartoon molto grafici, sempre con soggetti classici giapponesi.

Vivere in Italia influenza il tuo processo creativo?
Direi non molto. Le mie radici giapponesi e il mio modo di lavorare sono sempre state le stesse da quando ho iniziato a disegnare e poi a tatuare. Ovviamente vivendo in Italia ho conosciuto molte persone e artisti che in qualche modo mi influenzano quotidianamente.

Cosa ti manca del Giappone?
Sicuramente i ristoranti giapponesi, ma riesco a trovare comunque gli ingredienti e cucino discretamente a casa mia mischiando ricette giapponesi, italiane, vietnamite e koreane. Un’altra cosa che faccio fatica a trovare in Italia è la semplicità della burocrazia e l’organizzazione delle persone in generale. Ormai sono abituato a vivere in Italia, prendo il treno in ritardo e non mi incazzo più, mi serve un documento in comune e da un ufficio mi mandano in un altro e va bene così. In fondo l’Italia è un bel posto dove vivere, la gente è generalmente poco stressata, aperta e generosa, e si mangia come da poche altre parti!

Cosa è Oink Farm?
Oink Farm è lo studio che io e la mia compagna Zel abbiamo sempre desiderato, il risultato di tanta ricerca e duro lavoro. Abbiamo cercato lo spazio perfetto per anni, e quando abbiamo trovato questo loft in una zona ex industriale di Milano è stato amore a prima vista. Lo studio ha ormai un anno di vita, siamo ancora all’inizio ma abbiamo già iniziato a organizzare le prime mostre e a ospitare i primi guest, Simone Ruco, artista romano giovanissimo, che fa un traditional davvero originale in nero, BUE2530, di Firenze, con i suoi pezzi coloratissimi, Inyan, giovane tatuatrice di Bologna, che fa tatuaggi pittorici e illustrativi all’avanguardia. Le porte sono poi sempre aperte per i nostri amici di vecchia data Dorian Serpa, Luca Natalini, Rudy de Amicis, Morg Armeni e altri.

Ti sei divertito ad andare in TV a Milano City Tattoo?
Quando me l’hanno proposto ho accettato per provare a fare qualcosa di nuovo. Sono un tipo molto riservato ed è stato stressante, ma alla fine, mi sono adattato e ho cercato di essere me stesso e mi sono divertito. Non so che idea si sia fatta la gente di me guardando le puntate di Milano City Tattoo ma sicuramente è aumentato il numero delle persone interessate al mio lavoro e questo mi basta!

Altre notizie su:  poplife