Macché libri, il gusto di immaginare viene dalle pugnette | Rolling Stone Italia
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Macché libri, il gusto di immaginare viene dalle pugnette

Nell'epoca in cui il digitale ha prosciugato la fantasia, la masturbazione diventa un metodo efficace per tornare a coltivare l'immaginazione, ma solo seguendo l'insegnamento di Kant.

Macché libri, il gusto di immaginare viene dalle pugnette

Immanuel Kant

Nelle scuole, più che promuovere a forza la lettura, bisognerebbe incentivare la masturbazione libera da supporti audiovisivi: il miglior tonico per sviluppare il gusto dell’immaginazione. Leggere è faticoso, artificioso, questione di disciplina, di emulazione, di ambizione, di decrepita solitudine, di civile disperazione. Non è per tutti, c’è poco da fare. Guardate un po’ se i macachi del Galta temple di Jaipur si danno anche solo la pena di mettersi lì, grattandosi la testa, sedere per terra, a decifrare tutti quei bei disegnini hindu. Ma le erezioni ce le hanno eccome: spontanee, rosee e vivacissime.

Secondo Kant, che col suo metro e cinquanta d’altezza, dedito com’era all’astinenza carnale, doveva essere in verità un grande esperto della materia qui trattata, l’immaginazione è “la facoltà di rappresentare un oggetto, anche senza la sua presenza, nell’intuizione”. L’immaginazione produttiva ricombina l’esistente, pezzi di realtà effettiva, dando vita a qualcosa di nuovo. Così nascono la chimera, la sfinge, l’Uomo Ragno, i 5 Stelle. Nelle pugnette siamo tutti grandi romanzieri. Perché così nasce anche la fantasia della tua compagna di classe, vestita da amazzone, che ti si avvicina con occhi predatori nel cortile scolastico meravigliosamente deserto.

La masturbazione, eliminate riviste, giornaletti, calendari e, soprattutto, Pornhub, diventa libertà, ispirazione, invenzione. Anche il più stupido e ignorante essere umano, galvanizzato dall’istinto, coadiuvato dalla benzina dei fluidi, può infiammare di genio uno, tre, dieci minuti – a seconda dei gusti e delle circostanze. “Mo come si fa a non toccarsi quando si vede la tabaccaia, con totta quella roba, che ti dice: Esportazione?” va poetando Titta, il povero protagonista di Amarcord. “E la professoressa di matematica, che sembra un leone. Mo come si fa a non toccarsi quando ti guarda così?”. E poi, con altri tre ragazzini, è dentro un’auto ferma in un fienile. Palpebre serrate e polsi frementi, passano in rassegna la Gradisca, la tabaccaia, finché uno non ansima “l’Aldina!”, e un altro alza il pugno: “no, l’Aldina è mia, ti spacco la faccia!”. Come se l’Aldina fosse davvero lì, in quel fienile buio, con i seni tridimensionali e contesi. Chi si masturba a occhi chiusi diventa Pigmalione di sogni inconfessabili, plasma golem burrosi e accondiscendenti sulla tazza del water.

I siti pornografici hanno inibito la capacità di immaginare il mondo diverso da come ci si presenta qui e ora molto più della disabitudine alla lettura. Quando ci prendi la mano è difficile farne a meno. Una pappa di pixel pronta è un richiamo irresistibile per generazioni cresciute a microonde. Ci fanno credere che altrimenti non saremo mai in grado di ricreare il perfetto calibro tra atteggiamento materno e rapace di Lisa Ann, che senza il loro aiuto non potremmo mai identificarci nella controllata compulsione da monta di Rocco Siffredi. O che ne saremmo in grado solo a prezzo di fatiche smodate. Ma non è vero, non fidatevi. Ribellatevi!

In ognuno di voi c’è un regista molto più talentuoso di tutti quelli propinati dai siti porno. Colleghi e colleghe, hostess e steward, benzinai e bariste, cugine e prozii, animali e dei – uno sterminato cast a vostra completa disposizione. Docili, remissivi, dotatissimi, capaci di interpretare qualsiasi ruolo voi gli assegnerete. Di nascosto dalla sua migliore amica nonché vostra fidanzata, nel bel mezzo della piazza cittadina a mezzogiorno, nella giungla tra i vietcong, in posta tra i pensionati. Remake su remake, liberamente tratti da vostri capolavori precedenti liberamente tratti dalla realtà, ogni volta variati per qualche inquadratura, per un dettaglio – le depilazione, le biancheria, la fotografia –, ogni volta più perfetti, sempre attuali. Le più belle e veritiere narrazioni concepite dall’umanità sono diventate noiose per i loro stessi ideatori mentre questi erano ormai proni sul bidè.

Le ultime parole di Kant sono state “Es ist gut” (“va bene” o “che bello”): molto simili al ritornello degli squisiti porno german swinger: “oh, ja, das ist gut”. Che, in punto di morte, il genio filosofico prussiano abbia toccato vette profetiche tali da fargli immaginare il futuro di quell’arte a lui così verosimilmente cara?

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