Myra e Charles, i surfisti in tandem di Malibu che danzano sulle onde | Rolling Stone Italia
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Myra e Charles, i surfisti in tandem di Malibu che danzano sulle onde

A più di 60 anni, Myra Burg e Charles Rodney Christensen fanno surf in tandem, sono un simbolo di Malibu e un esempio per chi pensa "ormai per me è troppo tardi"

Myra e Charles, i surfisti in tandem di Malibu che danzano sulle onde

Myra Burg e Charles Rodney Christensen. Foto BRIAN ASHER

Malibu non è quello che la gente pensa. Va bene, è anche quello: un viavai di Ferrari e Lamborghini, attori di Hollywood e musicisti strafamosi che mangiano indisturbati nei café del Village, case sulle spiaggia da milioni di dollari. Ma c’è dell’altro. L’energia trasmessa da quest’area che si estende per una quarantina di chilometri lungo la Pacific Coast Highway, (la cosiddetta 1), è impossibile da descrivere a parole. È mistica come i cimiteri indiani che cela nel sottosuolo, potente come la natura che la governa. Malibu è la comunità di gente che ci vive tutti i giorni preservandone l’autenticità, sono gli hippie che coltivano cannabis sulle montagne di Santa Monica e i senzatetto che vivono dentro furgoni per una semplice scelta di vita o dopo avere perso la casa con un incendio. Malibu è la sua comunità di surfisti; Surfrider Beach, il point break più ambito di tutti: l’onda perfetta che dura per goduriosi, interminabili attimi. Per sette settimane, racconterò le storia di alcuni dei personaggi che rendono ancora più speciale questo luogo.

Li vedi dalla spiaggia di Surfrider: in due su una tavola, danzano con infinita grazia. Lei in equilibrio sulle spalle di lui: sorride, punta braccia e gambe disegnando forme eleganti che quasi ti dimentichi stiano sfrecciando sopra l’acqua. Poi ti avvicini e ti rendi conto che a fare quelle acrobazie non sono proprio dei ragazzini: Myra Burg ha 60 anni e Charles Rodney Christensen, suo compagno di tandem e di vita, 65. Il surf è uno sport che esige parecchio sforzo fisico ma prendere un’onda in due sulla stessa tavola, richiede una fatica tre volte tanta rispetto a quando si è soli.

Tra l’altro Myra Burg, architetto originario di New York, si è avvicinata allo sport in età adulta, a 33 anni, con un incipit disastroso. “Ero alle Hawaii; ho letto un cartello in cui si offrivano lezioni, leggeva: se non vi alzate, non pagate. Ecco, credo di essere stata la prima cliente a non avere pagato”. Anni dopo, passeggiando sulla spiaggia di Malibu, assiste per caso alle finali del campionato di tandem surfing e resta folgorata: “L’attrazione è stata istantanea, dovevo riuscirci anch’io”. 

Charles, originario dello Utah e infanzia alle Hawaii, ha invece conosciuto il tandem grazie all’amicizia dei campioni Steve e Barrie Bohene. “Mi ero fissato di voler provare e ho tartassato Steve perché portassi in tandem sua moglie, ma lui non me l’ha permesso, aveva paura ci facessimo male”. Torturato dalle incessanti richieste di Charles, Steve gli organizza una sorta di appuntamento alla cieca sulla spiaggia di San Clemente. “L’ha fatto per scoraggiarmi; ci ha dato una tavola troppo piccola e instabile. Io ero troppo magro per Myra e lei troppo grande per me”, spiega Charles, ricordando che la regola nel tandem è che la donna deve pesare la metà dell’uomo.

A dirla tutta, avevano ogni statistica contro. “Ci è stato detto che per noi sarebbe stato impossibile”, dice Myra, che sulla tavola mette avanti il piede sinistro (si dice goofy), mentre Charles fa l’opposto (regular). Eppure l’intesa è scoppiata all’istante, e tra un’onda e l’altra, pure l’amore. “Ricordo la nostra primissima onda: il silenzio che ho sentito quando mi ha tirato su in spalla, una sensazione così intensa. Credo che mi sia rimasto un sorriso ebete sul volto per le 5 ore successive”. 

Se l’hawaiano Duke Kahanamoku – alias The Big Kahuna – è considerato il padre del surf moderno, è durante il suo tempo, ovvero agli inizi del ventesimo secolo, che l’antica disciplina del tandem surfing ha un revival grazie ai beach boys di Waikiki: lo usavano come scusa per farsi un giro con le ragazze della spiaggia. Ma è soprattutto negli anni ’50 e ’60 che diventa uno sport popolare, quando star di Hollywood come Marylin Monroe oppure i Kennedy, vanno in vacanza alle Hawaii e i ragazzi di Waikiki li portano con loro sulla tavola, facendogli provare l’ebrezza di cavalcare un’onda e nel frattempo, guadagnandoci bei soldi.

 

Myra Burg e Charles Rodney Christensen. Foto BRIAN ASHER

“Sapevano che le star del cinema non avrebbero mai avuto il tempo necessario per imparare uno sport difficile come il surf in pochi giorni; in questo modo vincevano tutti”, spiega Charles, che durante gli anni passati in Utah, è servito anche come cavia a Jake Burton, inventore dello snowboard moderno. “Cercava surfisti e mi ha trovato. Mi ha fatto provare un’infinità di tavole ma alla fine mi sono stufato perché non riusciva a imbroccare il design giusto per gli scarponi e gli allacci”. 

Con l’avvento della shortboard – ovvero le tavole da surf corte – negli anni ’70, la disciplina del tandem è andata quasi a morire non fosse stato per l’azione di revival di campioni come Steve e Barrie Bohene. Con tutto che storicamente il surf non era uno sport ben visto dalla società, più roba per delinquenti e svogliati tipi da spiaggia. “Da bambina ho visto mia madre distruggere in due con un’ascia la tavola di mio fratello maggiore”, rivela Myra. “Non studiava a scuola e stava sempre immerso; prima si faceva di LSD e poi entrava nell’oceano”.

Una pratica comune per i teenager della summer of love, come racconta anche William Finnegan nell’autobiografia Giorni Selvaggi. Una vita sulle onde. Il libro gli è valso il Premio Pulitzer nel 2016, introducendo il surf a un pubblico ancora più vasto, tanto che oggi sulle onde di Malibu non è raro incontrare “over 60” intenzionati a cimentarsi nello sport per la prima volta nella vita. Ma la danza sull’acqua di Myra e Charles, porta la performance  su un altro livello: fanno pratica sulla terra ferma ma è l’oceano il loro palco.

Spiega Myra: “Ogni singola onda è come la prima audizione perché non ce ne sono mai due uguali. Nel tandem si è come alberi: l’uomo è il tronco e le varie pose che forma con la donna, sono i rami. Alcuni dei nostri momenti migliori sono cadute spettacolari”. C’è stata quella volta in cui una posa è andata storta e Charles si è trovato con le mutande del bikini di Myra in mano mentre lei in acqua quasi affogava dal ridere. C’è stato un setto nasale, quello di Myra, raddrizzato un paio di volte a riva dal compagno, e quel giorno a Ventura, con onde alte 3 metri, in cui lei si è vista volare una tavola a un centimetro dal viso. “Hai presente quando sei in un incidente stradale e il tempo va al rallentatore?” ricorda la surfista. “Ma quando sono sulle spalle di Charles non ho paura di nulla, è il momento più presente che si possa vivere”.

La fiducia nel ruolo dell’uomo è infatti tutto nel tandem. È lui che deve assicurarsi che la donna cada lontana dalla tavola, è lui che guida entrambi sopra l’onda. “Però poi guardano tutti solo me”, sorride Myra, aggiungendo che l’essere una coppia anche nella vita non li aiuta nello sport. “Litighiamo per le cose più ridicole, tipo dove sederci sulla tavola”. Come siano riusciti alla loro età e con la loro stazza a dir poco non ideale, a diventare campioni di tandem è quantomeno bizzarro. “Una sera passeggiando per Santa Monica abbiamo visto due performer di strada sollevarsi e stare in equilibrio in maniera spettacolare, così li abbiamo ingaggiati per aiutarci. Erano russi del circo vecchia scuola e sono stati la nostra arma segreta”.

I circensi russi li portano a una svolta: le spalle di Charles passano da una taglia M a una L e dall’essere ignorati alle competizioni, dove ti giudicano per la grandezza delle onde e cosa ci fai sopra, nel 2011 riescono persino a classificarsi in quarta posizione nel tandem mondiale. Cosa è Malibu per loro? Parla Charles: “I 200 metri di onda migliore al mondo, anche se l’angolo non è dei più facili per il tandem. Malibu è la famiglia con cui condividi l’ossessione per il surf; è ostinazione e determinazione”. L’ultima gara l’hanno fatta lo scorso anno a Surfrider: “Volevamo solo dire di avercela fatta ma siamo addirittura arrivati primi nelle semifinali. Quest’anno il campionato è stato cancellato a causa del virus, così possiamo dire che solo il Covid è riuscito a fermarci”. In realtà, sembra che nulla riesca a fermarli e la loro sfida attuale è il back angel, una posa piuttosto complicata. Noi in acqua ci spostiamo e gli lasciamo le onde perché è uno spasso ammirarli da vicino. Dedicato a chi pensa: ormai per me è troppo tardi. 

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