Suzuki Jimny, la piccola vera off-road da tutti i giorni | Rolling Stone Italia
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Suzuki Jimny, la piccola vera off-road da tutti i giorni

Dimensioni contenute, marce ridotte e non si ferma davanti a niente

Suzuki Jimny, la piccola vera off-road da tutti i giorni

Neve e fango. Il nostro test drive al volante di Suzuki Jimny non poteva cominciare in modo migliore e non siamo ironici. Mettete una piccoletta con tutto quello che serve per essere un vero fuoristrada su uno sterrato, sporco e insidioso, per moltiplicare il divertimento di guida e capire che con questo Jimny si può arrivare praticamente ovunque. Ma facciamola breve: in tempi di crossover, trazioni integrali intelligenti, gite nel fango si ma con tutti i confort e se possibile ancora di più, la corsaiola da off-road di Suzuki mantiene la propria anima, perché, pur avendo tutto quello che serve, è spartana, essenziale, immediata e proprio per questo (ci) piace così tanto. Insomma, prestazioni da grande fuoristrada dentro ad un piccolo grande fuoristrada. E non è poco.

Arrivato alla sua quarta generazione, in quasi cinquant’anni di storia e cioè dal debutto nel 1970 rappresentato dalla sigla LJ10, il 4×4 di casa Suzuki si è completamente rinnovato in termini di estetica, con la nuova carrozzeria squadrata che riprende in tanti dettagli i modelli delle origini e anche quelli successivi. Basta un occhiata veloce per individuare la griglia frontale, caratterizzata dai cinque elementi verticali e marchio di fabbrica Jimny, che sottolinea i tipici fari circolari con indicatori di direzione separati come sulla prima generazione di Jimny degli anni Settanta. Poi altri dettagli, dai cerchi in lega scuri alle canaline sul bordo del tetto, che impediscono l’ingresso di acqua, fango o neve nell’abitacolo durante l’apertura o la chiusura di una portiera, oltre ai passaruota maggiorati e alle protezioni laterali che salvaguardano da sassi e pietre la carrozzeria.

Quando la portiamo fuoristrada, complice la neve di una giornata di febbraio, Jimny da il meglio di sé (anche se c’è da dire che anche la tenuta sull’asfalto è decisamente migliorata rispetto al passato). Il tutto, grazie ad un telaio a traliccio e ad un motore 1.5 benzina aspirato, che non è un fulmine e nemmeno vuole esserlo, ma ti permette tutta quell’agilità necessaria che i grandi fuoristrada si sognano, che tu debba parcheggiare in città o affrontare una mulattiera non proprio affidabile. La marcia in più sono le marce ridotte, ovvero quello che non può mancare su un vero fuoristrada. Se poi aggiungiamo alla lista l’ampio angolo di attacco di 37°, quello di dosso da 28°, l’angolo di uscita di 49° e le sospensioni ad assali rigidi (in pratica quando una ruota è spinta verso l’alto da un ostacolo, la ruota opposta viene premuta verso il basso fornendo un livello di grip più elevato su terreni irregolari) è facile capire come la giapponese possa superare i più severi ostacoli o pendenze, senza toccare il fondo o la carrozzeria della vettura.

Dentro a Jimmy tutto è pensato per essere funzionale. C’è però tutto quello che serve a cominciate dal climatizzatore automatico e dai sedili riscaldabili. Sullo spazio di carico una nota va fatta: il fuoristrada nipponico è per quattro persone che però non hanno necessità di trasportare nemmeno uno zaino, che nel bagagliaio, che di fatto non c’è, non potrebbe entrarci nemmeno a forza. Se a viaggiare però siamo solamente in due o anche in tre, basta abbattere uno o due dei edili posteriori e si può partire tranquilli (certo non con un baule a testa). Ma alla fine poco importa, Jimmy è fatto per altro e noi ce siamo accorti e, per dirla tutta, ce la siamo anche goduta.