Quel soppalco di Cassino vista Hollywood | Rolling Stone Italia
Interviste Culture

Quel soppalco di Cassino vista Hollywood

Dall'infanzia da balbuziente nella provincia di Frosinone ai blockbuster hollywoodiani, l'incredibile storia di Andrea Iervolino, il fondatore 31enne della Iervolino Entertainment (che si quoterà in borsa in questi giorni)

Chi meglio di uno la cui vita è un film – e sarebbe un blockbuster –, ha girato la prima pellicola a 16 anni, e a 31 è uno dei produttori più importanti al mondo, è meglio qualificato a capire che cosa sia una storia e che cosa no, dove mettere i soldi e dove no, che cosa valga la pena vedere in sala e che cosa no. Andrea Iervolino, da Cassino (Frosinone), è titolare di una di quelle storie che sembrano create apposta per incantare, sorprendere e insieme motivare a più infinito chiunque si trovi in traiettoria di ascolto. Non ci credete? Niente di più semplice: vi basta, guidoangelianamente, provare per credere.

Andrea Iervolino

Andrea Iervolino. Foto: Eduardo Festa

A soli 31 anni hai già prodotto più di 60 film e sei arrivato a Hollywood partendo dalla provincia di Frosinone, devi per forza essere un paraculo. Fuori i nomi: chi sono i tuoi santi in paradiso?
I miei santi in paradiso si chiamano ostacoli. Io sono nato in una situazione piena di ostacoli. Mio papà, che oggi è il mio migliore amico, ha creato parecchie situazioni al limite in casa, cose che non auguro a nessuno. Il risultato è che a 6 anni non riuscivo più a parlare a causa dei traumi che avevo subito: iniziai a balbettare in modo esagerato, al punto che la maestra a scuola mandò una lettera a casa dicendo a mia madre che secondo loro avevo un ritardo mentale e che quindi non potevo frequentare la scuola normale, ma che avrei dovuto indirizzarmi verso un istituto per persone con problemi. “Non riesce a leggere, non riesce a parlare, non risponde e quindi…”, ma io fino a poco tempo prima parlavo quindi mia mamma si rifiutò di cambiarmi di istituto. Per fortuna…

E la situazione economica in famiglia ti ha pesato?
Moltissimo. Ho cominciato a lavorare da bambino poi ho fatto di tutto: il cameriere, il bagnino… ma il mio primo business è stato la rivendita di brioches ai compagni di scuola. Io avevo delle brioches di sottomarca, diverse da quelle dei miei amici, ma sfruttando il fatto che mia mamma fosse canadese le spacciavo, appunto, per canadesi. Quindi tutti le volevano e io le rivendevo a 500 lire l’una. Quei soldi mi servivano per comprare il Super Tele e giocare con gli altri. L’unico modo che avevo per giocare con loro era portare il pallone, perché i bambini quando ti vedono diverso non vogliono giocare con te. Mi mettevano pure in porta e quando il pallone si bucava – e si bucava regolarmente – mi mandavano a casa. Per cui alla fine ho passato la mia infanzia sul soppalco del negozio di mio padre a Cassino a sognare. Avevo dei cartoni che erano i miei giocattoli, li ritagliavo e facevo i miei pupazzi, ero appassionato dell’Uomo Tigre, e dato che il giocattolo non potevo comprarlo me lo ritagliavo.

E poi che cosa succede?
A 13 anni con i miei tre amici storici fondiamo la “noisiamoilfuturo srl”, ci mettiamo a fare siti internet per tutti i negozianti e le aziende della zona, e le cose ci vanno bene. La cosa divertente era che eravamo i tre diversi del paese: Rinaldo, che aveva la erre moscia, una caratteristica che in provincia di Frosinone non passava inosservata. Insomma, era preso per il culo da tutti. Poi c’era Benedetto, che oggi lavora ancora con me, che era il genio del tech ma era più largo che alto e quindi giù tutti a ridere; e infine io, il balbuziente. Un trio delle meraviglie. I siti però vanno bene e, colpo di scena, la ragazza più bella del paese si fidanza con me. Inizio questa storia d’amore di due anni, ma in una settimana succede che lei mi lascia e io litigo con mio padre. Decido di andarmene: Benedetto mi trova un posto di lavoro da animatore a Bibione. Mando un video al responsabile del villaggio – un video dove non balbettavo – ma quando arrivo non riesco a spiccicare una parola e vengo subito spedito in produzione. Imparo a produrre uno spettacolo teatrale, inizio a imparare le basi del mestiere che sono le stesse del cinema. In un mese il mio capo mi dà da organizzare uno spettacolo intero. La cosa mi dà sicurezza, comincio a balbettare meno. Ritorno in ufficio a Cassino, al bar che era il nostro ufficio, e dico solennemente a Benedetto: noi da oggi non facciamo più siti internet. Noi adesso produciamo film. E così cominciamo.

Da dove parti?
Individuo un professore di storia che mi aiuta a scrivere il primo copione e lo finanzio inventando un libro che sarebbe uscito insieme al film dove pubblicare i nomi degli sponsor. Chi sono gli sponsor? Gli stessi negozi a cui avevo fatto il sito internet e a cui continuavamo a fare maintenance. Gli dico: “carissimi, noi non facciamo più siti internet, noi siamo produttori cinematografici”. Tu immaginati la credibilità che potevamo avere. Quindi chi ci dava 50 euro, chi 100 euro, un dentista arrivò a 500. Raccogliamo 128.500 euro, cifra con cui oggi non riuscirei nemmeno a pagare il team legale per uno dei miei film. Ora l’avvocato mi costa il 3-4% del budget quindi 3-4-500mila euro a film… Pensa te la vita. Comunque, gli attori li scelgo pasolinianamente dalla strada, il cameraman era quello che faceva i video dei matrimoni, insomma hai capito, tutto così. Ah, mi impegno a restituire i soldi agli sponsor più un 20% di interessi con i guadagni del film.

(Qui l’intervistatore comincia a perdere l’uso della parola e si limita ad annuire)
E quindi la situazione era la seguente: uscivo di casa a Cassino sapendo di dovere soldi a tutti, 50 euro al barista, 100 all’alimentari e così via. Era anche un po’ imbarazzante ma io avevo la visione, diciamo che non sapevo come ma sapevo che ce l’avrei fatta. Dopodiché tutti i cinema mi rifiutano il film. Non riuscivo ad avere appuntamenti con agenti e distributori. Mi riceve soltanto un distributore ma al meeting sono così emozionato che non emetto suono. Niente, neanche una parola. Mi era tornata la balbuzie come quando ero bambino, immaginati la frustrazione e la vergogna. Oggi ci rido su, ma all’epoca… Insomma le cose si mettono male finché un sabato sera tornando verso Cassino, mi fermo a Ceprano. Lì c’è un cinemino piccolino, vado a parlare col proprietario, un signore anziano, gentile, il quale mi dice: “Posso darvi il cinema alla mattina”.

E…
E quella notte torno a casa e penso al suicidio. Seriamente. Analizzo i 4 modi migliori per togliermi la vita, ma ho troppa paura e non ce la faccio. Meno male, perché l’indomani mattina mi sveglio con l’idea che mi cambia definitivamente la vita, tipo Sliding Doors – che è un film che non ho prodotto io ma che ha prodotto una società di cui oggi sono proprietario.

Chiamo mia zia (che era un’insegnante) e le dico: “vedi zia io ho prodotto questo film per un’organizzazione che si chiama Cine School Day”. “E che cos’è?”, mi chiede. “Ho fatto un accordo con quest’organizzazione che porta gli studenti al cinema la mattina per soli 5 euro incluso il costo del pullman. I ragazzi vanno in sala, guardano il film, ne parlano e poi a scuola ci scrivono sopra un tema. Il professore che accompagna la classe elegge il tema migliore, l’organizzazione poi elegge il miglior tema di tutta la scuola e l’autore può diventare parte del film numero due dell’organizzazione”, le dico io. “Andrea, questa mi sembra una bellissima idea”, dice mia zia, e finalmente ho il via libera. Scopro che di mattina tutti i cinema sono disposti a darmi una sala, e così con i guadagni riesco finalmente a ripagare tutti gli investitori (peraltro scopro che quasi nessuno aveva letto la clausola in cui mi impegnavo a restituire i soldi, ma glieli dò lo stesso: il dentista, pensando che volessi spillargli altro denaro, non mi volle ricevere. Comunque gli recapitai i 500 euro più i 100 di interessi). Per farla breve, questo Cine School Day diventa un business vero e proprio: dapprima il comune, poi la provincia, poi si allarga a livello regionale fino a diventare un affare nazionale. Mollo i Cine School Day a 18 anni.

Ormai da veterano…
(Ride) Più o meno… Divento socio di Luciano Martino, lui 70 anni, io 18. Martino capisce che attraverso il mio sistema digitale poteva fare buoni film a costi inferiori. Da quel giorno gli agenti e i distributori che non mi volevano ricevere cominciano a chiedermi un appuntamento. Martino è un grande produttore: nella sua vita ha finanziato 5/600 film, partecipato alla fondazione della Medusa venduta a Berlusconi via Bernasconi, ha lanciato Edwige Fenech, è il centro di quel cinema commerciale oggi diventato cult al tempo molto profittevole. Ma è il centro di un sistema minore: a 21 anni capisco che l’industria cinematografica italiana è troppo piccola, e quando quattro anni dopo Martino muore, divento socio di Monica Bacardi, una donna super internazionale, che parla 5 lingue ed è amante dell’arte e del cinema. Insieme cominciamo questo percorso di internazionalizzazione che mi porta a oggi, alla Iervolino Entertainment, che sarà quotata in borsa in questi giorni. Quest’anno abbiamo prodotto The Poison Rose con John Travolta e Morgan Freeman, siamo nella fase di post produzione di Waiting for the Barbarians con Johnny Depp e Robert Pattinson, che spero di presentare a Venezia, siamo in lavorazione con il film su Ferruccio Lamborghini con Antonio Banderas e Alec Baldwin, solo per dire i primi tre titoli che mi vengono in mente.

Andrea Iervolino

Foto: Eduardo Festa

La Iervolino sarà quotata in Italia. Qual è lo stato delle produzioni cinematografiche italiane?
È un momento buono, anche come industry, per venire a girare film di qualità. Il ministero dei Beni Culturali ha fatto un ottimo lavoro dal punto di vista normativo e oggi il livello qualitativo è equiparabile a quello che trovo a Hollywood. Ho deciso per la quotazione in Italia perché credo nell’Italia. Io sono veramente orgoglioso di essere italiano. Se apri il giornale sembra tutto uno schifo, ma l’italiano deve capire che in tutto il mondo è così, i casini ci sono ovunque, l’Italia non è assolutamente messa peggio degli altri Paesi.

Però viviamo un momento di governo della paura, non ti pare?
La paura è un grande limite, è un qualcosa che ti condiziona e ti porta a prendere decisioni irrazionali. È un condizionamento. La paura è l’unica cosa che ti può fermare e bloccare perché non ci provi. E la paura è universale: se ci pensiamo bene il marketing si fonda sulla paura: se non compri questo dentifricio non hai i denti bianchi come i miei. Il sentimento della paura ti blocca. “Mettiti a lavorà e vai sotto invece di dire ma che lo faccio a fa’ tanto non riesco“.

Quindi la paura…
Io fino a tre anni fa non capivo il concetto di paura. Tre anni fa ho fatto un film con la partecipazione straordinaria di Papa Francesco. Io sono credente, prego tutti i giorni, so che non è cool ma da quando sono bambino ho sempre pregato. Per esempio, guarda qui (tira fuori un rosario che conserva nella tasca destra dei pantaloni, ndr). Non mi ero mai accorto di tenerlo sempre qui. Un giorno un avvocato mi dice: “So che nella tua tasca destra hai un rosario”. Ed era vero. Ho pensato: “cazzo, ma se questo qui sa una roba del genere vuol dire che la sanno tutti”. Comunque, attraverso l’esperienza di questo film ho capito che ero governato dalla paura, infatti negli ultimi tre anni ho ottenuto più risultati che nei 12 precedenti. E infatti ora sono pronto al prossimo passo con la Iervolino Entertainment: produzioni in Italia in lingua inglese con obiettivo il mondo intero.

Come hai gestito il passaggio da povero a ricco?
Non ho mai cambiato abitudini: il caffè, la pasta a pranzo. Ogni giorno mangio la pasta, come da bimbo. Nella mia vita non è cambiato niente. Certo, è cambiata la scelta dell’hotel, magari gli hotel sono più belli di un tempo. Nella vita devi rimanere sempre uguale, devi capire che sei partito dal niente e puoi tornare al niente. E sono lo stesso nei rapporti umani. Se ho un’ora libera chiamo il mio autista a Los Angeles e sto con lui in giro. È il momento in cui mi faccio le risate migliori.

Ma a quando un film sulla tua vita?
Quando sono andato a raccontare la mia esperienza all’Università di Pisa, alcune studentesse mi hanno detto che volevano scrivere un libro sulla mia vita. Quando me l’hanno chiesto io ho detto no, ma come a 28 anni un libro sulla mia vita? No non voglio. Ma loro mi hanno risposto che l’avrebbero fatto lo stesso. “Perché?“, ho chiesto. “Perché la tua storia può servire agli altri. È la storia di un bambino handicappato su carta che ha superato gli ostacoli della vita“. Non è un libro di elogi, è un libro anche imbarazzante per quello che racconto, ci sono cose mie personali che fanno letteralmente piangere (Da Cassino a Hollywood. Storia di un giovane produttore, ed. Felice). Quasi tutti i giorni ricevo messaggi di gente che mi ringrazia, che mi dice che sono da ispirazione… quindi ho deciso di non nascondermi più e di raccontare la mia storia.

Come con il libro, che tu lo voglia o meno, dalla tua storia verrà fuori un film, magari diretto da Tornatore…
(Ride), ci ho pensato anch’io, in effetti sarebbe la scelta ideale.

Andrea Iervolino

Foto: Eduardo Festa

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