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Game of Biscuits, episodio 5: Il dominio dei biscotti

Game of Biscuits è la serie di Rolling Stone sul caso Nutella Biscuits. In questa puntata: i Nutella Biscuits paragonati ai drop di Supreme, con la scarsità che alimenta l'hype e il mercato dei reseller

Nelle puntante precedenti: Ferrero nel 2009 inizia i test che nel 2019 porteranno alla nascita dei Nutella Biscuits. Presentati a Milano lo scorso ottobre e lanciati ufficialmente il 4 novembre, la lotta per accaparrarsi i biscotti conta tantissimi vinti e pochissimi vincitori. Che alla base della loro irreperibilità nei supermercati d’Italia ci sia una precisa strategia di Ferrero?

“Ferrero ci fa o ci è?”: è questa la domanda che attanaglia le migliori menti della nostra generazione, distrutte dal dubbio e affamatissime di quei biscotti che ormai – più che realtà – sembrano un sogno. I fini pensatori non si stanno affatto rodendo il fegato attorno a perplessità di poco conto, anzi: come può una delle più grandi aziende dolciarie al mondo aver sottovalutato l’impatto dei Nutella Biscuits e di conseguenza sottostimato la richiesta che sarebbe derivata dal lancio?

In un simile clima d’incertezza, in cui niente è ciò che sembra, prende piede un’ipotesi avvalorata dai più smaliziati: ma certo, Ferrero lo fa apposta, sta mettendo in atto la strategia di scarsità artificiale esattamente come fa il brand di streetwear Supreme. Sì, esatto, Supreme, quella delle t-shirt con il logo rosso e la scritta bianca in Futura, quella delle felpe e dei cappellini che amano tanto i rapper, quella che ci permette di non vedere h24 gli addominali di Fedez.

La tattica è riassumibile nella frase (passata alla storia) del suo fondatore, James Jebbia: “Se so che ne posso vendere 600, allora ne produco 400”. In altri termini, Supreme rilascia ogni prodotto in quantità limitatissime, originando fermento e incoraggiando i clienti a essere costantemente aggiornati, arrivando così a dar vita a una sorta di ‘rituale’. Il drop settimanale è un rilascio controllato di nuovi prodotti in un breve lasso di tempo, creato per guidare e aumentare l’eccitazione del consumatore, che ogni giovedì mattina, al 274 di Lafayette Street, New York, attende diligentemente in fila l’apertura del flagship store nella speranza di accaparrarsi un capo del consueto e ambitissimo lancio.

La stessa scena si ripete nei negozi si Brooklyn, Los Angeles, Londra, Parigi, Tokyo, Nagoya, Osaka e Fukuoka, nonché online: ogni giorno dopo il rilascio di un nuovo prodotto il traffico sul sito web di Supreme fa un salto del 16.800%, confermando il tutto esaurito nel giro di pochi minuti. Un tale circolo virtuoso alimenta il mercato del resale – ossia di quei furbetti che rivendono la qualsiasi a 5, 10, 20 volte tanto – che però non rappresenta necessariamente una cosa negativa.

Se l’azienda aumentasse la produzione o i prezzi, andando incontro all’elevata domanda, la stessa maglietta che in negozio costa 40 dollari e sul resale 200 si troverebbe direttamente in negozio a 200. In tal modo diminuirebbero le persone disposte a comprare Supreme sia tra i resaler che tra i ‘veri’ clienti: la competizione per aggiudicarsi una t-shirt Supreme verrebbe a scemare e il processo di acquisto offline e online non sarebbe più una gara. Morale, verrebbe a mancare un elemento fondamentale: l’esclusività. Produrre pochi capi/biscotti, che puntualmente vengono esauriti pochi minuti dopo la messa in vendita è anche un modo per evitare che il crescente successo di Supreme/Nutella Biscuits faccia stufare la gente: il livello di hype viene così mantenuto bello alto, senza fare paradossalmente nulla. O, per essere più precisi, facendo paradossalmente meno del previsto.

Di marchi che hanno copiato la strategia di Supreme la moda n’è piena, dalle release di Yeezy, passando per Palace Skateboards fino all’ultima collaborazione tra Virgil Abloh e Nike. Lo squilibrio di mercato generatosi dalla quantità di prodotti disponibili inferiore alla domanda è ulteriormente dopato dal terrore di perdere quello che di figo sta accadendo – la classica FOMO per intenderci, fear of missing out – nota anche come l’ansia sociale di rimanere tagliati fuori dalla coolness.

Ora, che si stia parlando di una felpa o di una confezione di Nutella Biscuits non fa poi così tanta differenza: entrambi sono prodotti super-basici, ma un’approfondita conoscenza dei comportamenti d’acquisto dei consumatori li ha resi desiderabili più perché introvabili che per il loro effettivo valore. nss magazine cita non a sproposito l’esempio della Szechuan Sauce, la salsa prodotta da Mc Donald’s nel 1998 per un periodo limitato in occasione dell’uscita del cartone animato Mulan. Nel 2017 la Szechuan Sauce viene citata nella serie animata Rick and Morty e i fan impazziscono, iniziando a chiedere insistentemente alla catena di fast food di rimetterla in produzione. Mc Donald’s li asseconda, e il 7 ottobre 2017 distribuisce circa 20 pacchetti di salsa in alcuni ristoranti selezionati: scatta l’isteria collettiva, con file e disordini per avere un prodotto che su eBay raggiunge il prezzo di 420 dollari.

Svelato l’arcano, il filo rosso della narrazione ora ci porterà a Napoli e nei meandri del web, dove i Nutella Biscuits, trasformati in una sorta di Sacro Graal, sono stati in grado di avviare un business parallelo che conta già parecchi adepti.

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