Di Pharrell ce n’è uno (e come lui non c’è nessuno) | Rolling Stone Italia
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Di Pharrell ce n’è uno (e come lui non c’è nessuno)

Tutto ciò a cui mette mano (e orecchio) si trasforma in oro. Oltre che hitmaker però è anche è un’icona di moda e coolness, un perfetto family man e un filantropo esemplare. Fino a chiedersi: ma è umano?

Pharrell Williams

Pharrell

Foto: Prince Williams/Filmmagic/Getty Images

Il computer si sta ancora avviando, ma già la domanda mi sorge spontanea: «E adesso da dove comincio?». No, non è colpa di un lunedì mattina particolarmente faticoso; o del fatto che forse sto accusando un qualche “blocco dello scrittore”. Il punto è che quando si tratta di scrivere di uno come lui, si ha la sensazione di andare a bussare alla porta di una semi divinità (e scusate se forse esagero). Perché diciamolo pure con onestà: Pharrell Williams è un personaggio più unico che raro; uno di quelli che viene proprio da dire che di personaggi così, in tutto il mondo, ne può esistere solo uno. Non fosse altro che per gli straordinari successi di cui è costellata la sua carriera di artista (cantautore, producer: insomma, mettetela come volete) o per l’impegno sociale. Ma come non fare riferimento al suo status di icona di stile (che sia di Louis Vuitton o di Vans vestito) o al suo ruolo di family man lontano dai riflettori? E al fatto che, in tutto ciò, lui non invecchi.. nemmeno una singola ruga, signore e signori: di questo, ne vogliamo parlare?

Il BFF (Best Friend Forever)

Classe 1973, Pharrell Lascilo Williams nasce a Virginia Beach (in Virginia) il 5 aprile, figlio di un’insegnante e di un tuttofare, e primo di tre fratelli. Appassionato di musica sin da bambino, nell’estate dei dodici anni Pharrell mette nello zaino le bacchette della sua amata batteria per partecipare a un band camp, dove può passare le proprie giornate a suonare insieme ad altri ragazzini. Tra questi c’è Chad Hugo, un giovane sassofonista che, proprio come Pharrell, ha talento e voglia di darsi da fare seriamente con la musica. I due (non a caso) diventano subito migliori amici, e nel 1992 fondano un gruppo, The Neptunes, che viene subito notato dal produttore Teddy Riley. Terminato il liceo e con un contratto firmato in mano, Pharrell e Chad iniziano quindi una serie di produzioni (primo fra tutti, nel 1998, il singolo Superthug del rapper Noreaga), che negli anni li porterà a lavorare a grandi pezzi di grandi artisti, come quel I Just Wanna Love you (Give it 2 me) di Jay-Z, nel 2000; o Hot in Herre di Nelly, nel 2002. Che dire poi degli album Kaleidoscope (1999) e Wanderland (2001) di Kelis? E dove la mettiamo Britney Spears? Ci torniamo tra poco. Per ora ci basti sapere che a quel punto i due amiconi Pharrell Williams e Chad Hugo avevano già dato vita (insieme a Shay Haley) anche a un proprio progetto: i N.E.R.D. (acronimo per: “No-one Ever Really Dies”). Era il 1999, ed era anche ciò che avrebbe portato all’album di debutto In Search Of…, del 2002; era, in definitiva, (l’ennesimo) successo di una storia d’amicizia che, sì, possiamo dirlo: è ancora oggi altrettanto di successo.

Il re Mida della musica

Va bene Chad Hugo ma, se dobbiamo proprio dirla tutta, qui il vero Re Mida della musica ha un solo nome: Pharrell Williams. Come definireste altrimenti quell’artista che, appena mette mano (e orecchio) ai pezzi, li trasforma in successi? Certo (dicevamo) ci sono le produzioni che portano la firma del duo The Neptunes – vedasi i singoli I’m a Slave 4 You e Boys (dall’album Britney del 2001) di Britney Spears; o Like I Love You e Rock Your Body (in Justified del 2002) di Justin Timberlake; o ancora: Drop It Like It’s Hot (2004) di Snoop Dogg, e Hollaback Girl (2005) di Gwen Stefani –; ma è col magic touch di Pharrell che tutto pare diventare oro. A partire dalle produzioni per alcuni big del panorama musicale come Madonna, Maroon 5, Shakira, Jay-Z, Azelia Banks (e chi più ne ha, più ne metta); arrivando poi alle collaborazioni in ambito cinematografico, con nomi del calibro del compositore Hans Zimmer per le colonne sonore dei film Cattivissimo Me (2010), L’uomo d’acciaio e Cattivissimo Me 2, entrambi del 2013. Fino al jackpot, quello stesso anno, con i singoli Get Lucky e Blurred Lines, due super hit da milioni di copie vendute solo in UK (figuriamoci a livello globale), e rispettivamente realizzate con i Daft Punk e Robin Thicke. Ma non è finita, perché tra il 2014 e il 2019 Pharrell-re Mida continua a macinare consensi componendo per il cinema (The Amazing Spider-Man 2, Paddington e Spongebob – Fuori dall’acqua, tutti nel 2014; Il re leone nel 2019), nonché per popstar come Ariana Grande, arrivando persino a organizzare un festival musicale (vedi alla voce: Something in the Water, nel 2019) con tre giorni di esibizioni da parte di artisti del calibro di Jay-Z, Travis Scott, SZA, Rosalìa (e via dicendo). Piccolo appunto: ha fatto anche il coach per il programma tv The Voice, e indovinate un po’ a che squadra apparteneva il vincitore dell’ottava edizione?

Il collezionista di Grammy

E quando un artista riesce a diventare quel tizio riconoscibilissimo, apprezzatissimo, amatissimo (tutto in “issimo”), come può mancare una sfilza di nomination e premi a corollario di una carriera (ancora in essere) stellare? Esatto, non può. Men che meno per uno come Pharrell, che possiamo considerare un vero e proprio collezionista di Grammy. A partire dal 2003 e fino al 2019, Pharrell riesce infatti a garantirsi 38 nomination agli award, portandosi a casa ben 13 titoli, tra cui quello di “producer dell’anno”, che vince prima nel 2004 insieme all’amico Chad (coi The Neptunes), e poi nel 2014 e nel 2019, da solo. Altre vittorie lo vedono in veste di produttore (è il caso di Justified di Justin Timberlake e di Sweetener di Ariana Grande, migliori album pop vocal rispettivamente nel 2003 e nel 2019), ma anche e soprattutto di performer e cantante. Nel 2007 arriva così il Grammy per la migliore canzone rap, che è quella Money Maker realizzata dalla A alla Z con Ludacris; nel 2014 i due Grammy per il “disco dell’anno” e il “migliore duo pop/group performance” del singolo Get Lucky, nella collaborazione con i Daft Punk; e ancora, nel 2015, il successo non solo con Girl (riconosciuto migliore album urban contemporaneo), ma anche con Happy, il singolo che gli fa portare a casa il titolo di “miglior” video musicale” e, nella versione live, quello di “miglior performance pop” da solista. E proprio grazie a Happy (che è una hit, certo; ma tratta dalla colonna sonora del film Cattivissimo Me 2), dulcis in fondo arriva anche QUELLA: la candidatura agli Oscar per la “miglior canzone originale”. Pharrell in quel caso torna a casa a mani vuote, ma c’è proprio da dirlo: tanto di cappello (quello indossato ai Grammy 2015, s’intende).

Il filantropo

Si sa: la musica è quella cosa che, più di tutte, unisce i popoli. Che ci si aspetta allora da uno come Pharrell, se non (anche) una predisposizione alla filantropia e all’umana benevolenza? Ed è così che l’artista dà vita a FOHTA (acronimo per “From One Hand To AnOTHER”, nda), un’associazione no-profit che dal 2008 si occupa di dare sostegno ai giovani (di età compresa tra i 7 e i 20 anni) che vivono nelle comunità più a rischio degli States. Non solo: nel 2011 Pharrell finanzia con 35 milioni di dollari la costruzione di un centro doposcuola nella sua città natale (Virginia Beach); mentre nel 2019 offre a 114 studenti della Harlem High School uno stage formativo, perché convinto che i giovani debbano essere motivati a diventare quei leader che cambieranno il mondo. Ma dato che anche gli adulti vivono grandi difficoltà, da anni Pharrell partecipa attivamente alle iniziative dell’associazione LA Mission, occupandosi di servire cibo ai senzatetto nei giorni di festa, come il Natale e il Thanksgiving. Per non farsi mancare niente, nel 2015 Williams ha preso inoltre parte (insieme ad altri artisti) al concerto benefico Shining a Light: a concert for progress of race in America, dove sono stati raccolti dei fondi a sostegno di progetti per l’uguaglianza razziale. E vuoi che gli non stia a cuore anche la salute del pianeta? Certo che sì; e infatti nel 2015 Pharrell non si è lasciato sfuggire l’occasione di assumere la direzione creativa del festival Live Earth, ideato e realizzato con l’intento di creare consapevolezza riguardo il cambiamento climatico. Per i vestiti realizzati con plastica recuperata dagli oceani, dovete aspettare l’arrivo del capitolo sul Pharrell-guru della moda.

Nickname: Skateboard P

«Il primo sport che ho praticato – e quello che ha avuto il maggior impatto sulla mia vita – è lo skateboard. La maggior parte delle persone pensa che lo skateboard sia roba per bambini biondi della periferia. Ma ricordo che quando avevo 12 o 13 anni, crescendo a Virginia Beach, tutti, bianchi e neri, lo praticavano. Lo skateboard mi ha insegnato cosa significava essere cool, avere credibilità. Mi sono arrabbiato così tanto che mi sono fatto mettere un half-pipe in casa. Avevo il look – i jeans larghi, le Vans. Indosso ancora le scarpe Vans. Rappo di skateboard. Il mio soprannome è Skateboard P»: così disse Pharrell Williams in un’intervista al Guardian, nel lontano 2008. E se vi state chiedendo cosa sia l’half-pipe, sappiate che è una di quelle rampe (a sezione semicircolare, per intenderci), che si trovano negli skatepark; oppure, ancora oggi, a casa del (quasi) cinquantenne “Skateboard P”. Della serie che va bene essere dei geni della musica e dei filantropi eccezionali, ma suvvia: lasciatelo svagare.

Il family man

C’è chi arriva al successo e perde la testa, lasciandosi dietro amici e amori di sempre; e chi invece rimane fedele alle propria vita di prima, tenendosi strette le persone che c’erano quando ancora non erano accese le luci della ribalta. Un po’ com’è successo a Pharrell, che nei primi anni 2000 conosce Helen Lasichanh grazie a degli amici in comune, e finisce per innamorarsene. I due si mettono insieme dopo qualche tempo (spoiler: lei era già fidanzata con un altro), per poi sposarsi nel 2013. Ovvero: cinque anni dopo la nascita del loro primogenito (Rocket Ayer), e quattro anni prima dell’arrivo dei tre gemelli (nomi non pervenuti a noialtri). Considerato l’artista di fama mondiale che è diventato Pharrell nel corso di tutti questi anni, e il fatto che ancora oggi non manchi occasione per presentarsi agli eventi (dai red carpet agli enti benefici) con Helen, la sua compagna di sempre, è chiaro: il loro è vero amore.

Il guru della moda

Forse non vi è sfuggita la recente notizia che Louis Vuitton (a seguito della prematura scomparsa, nel 2021, di Virgil Abloh, nda) abbia scelto Pharrell Williams come nuovo direttore creativo della linea uomo della maison. Ma se per caso questa è la prima volta che ne sentite parlare, sappiate che non c’è da stupirsi. Perché il Pharrell-re Mida della musica (di cui sopra), non è che l’altra faccia del Pharrell-guru della moda; nonché il coronamento di una lunga storia fatta di collaborazioni tra il cantante e alcuni brand di tutto rispetto (tra gli altri: Chanel, Moncler e, ovviamente, Louis Vuitton). Una storia, dicevamo, che inizia nel 2003, quando Pharrell crea insieme al designer e producer giapponese Nigö le linee di moda streetwear Billionaire Boys Club e Ice Cream, e che prosegue già nel 2008 con Louis Vuitton per la realizzazione del design di alcuni occhiali e gioielli; fino all’affermazione, nel 2013, con una propria linea di occhiali da sole (vedi alla voce: Moncler Lunettes) per Moncler. Un anno dopo è la volta di Adidas, con cui sigla una partnership a lungo termine e una prima collezione (che diventa anche campagna sociale, ça va sans dire) per le NMD “Human Race”; mentre dalla collaborazione tra la BIONIC Yarn (l’azienda tessile che sfrutta la plastica riciclata, e di cui Pharrell è socio e direttore creativo dal 2010, nda), e la G-Star Raw (di cui Pharrell diventerà co-proprietario dal 2016, nda), nasce la collezione Raw for the Oceans, che ha la particolarità di usare plastica presa dagli oceani per la realizzazione del denim. Nel 2017 è la volta delle sneakers (da mille dollari) targate ChanelxAdidas, e nel 2021 quella della linea Premium Basic, per Adidas Originals. In tutto ciò (e al di là dei contratti), Pharrell non perde occasione per costruirsi un’identità da vera e propria icona della moda, partecipando a eventi di ogni tipo con outfit che qualche volta fanno discutere (lo avete visto alla sfilata di Moncler lo scorso febbraio?), ma sono decisamente unici. Come dimenticare il cappello marrone indossato ai Grammy del 2015? Ancora oggi se ne parla; e si vedono i meme in giro su Internet.

Il vampiro

Considerato quanto fatto fino oggi, a questo punto viene da chiedersi: ma questo Pharrell Williams, alla fine, è solo un essere umano dotato di particolari doti (e innegabile genialità artistica), o è una sorta di presenza aliena che vive, suona e regna tra noialtri comuni mortali (nei secoli dei secoli, amen)? A dirla tutta, non sappiamo dare una risposta che sia certa. Ma il fatto che un po’ tutti abbiamo notato che più passa il tempo e meno Pharrell sembra invecchiare, la dice lunga su quanto quella teoria che lo vede come una sorta di vampiro, in fondo, non sia poi così scartare.

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