Tutte le metafore di Pierluigi Bersani | Rolling Stone Italia
Politica

Tutte le metafore di Pierluigi Bersani

"Smacchiare il giaguaro", "pettinare le bambole", "asciugare gli scogli". Oggi che l'ex segretario del PD compie 70 anni, tutto di lui ci riporta a una politica che non c'è più e di cui sentiamo la mancanza

Tutte le metafore di Pierluigi Bersani

Pierluigi Bersani nel 2013. Elisabetta A. Villa/Getty Images

“Siam mica qui a smacchiare i giaguari”. Il senso di Pierluigi Bersani per le metafore e gli esempi paradossali, rilevato persino da Umberto Eco sull’Espresso ormai quasi dieci anni fa, è un buon punto di partenza per parlare di quella che è stata una delle figure più a modo, significative ma anche simpatiche del panorama politico italiano recente. Un altro sarebbe quell’episodio che ha raccontato in un’intervista: nato in una famiglia molto cattolica dell’Emilia-Romagna, da bambino ha fatto il chierichetto e una volta ha organizzato uno sciopero dei chierichetti per protestare contro il modo in cui venivano spesi i soldi delle offerte raccolte in Chiesa. O un altro ancora: quando aveva annunciato alla famiglia il suo essere comunista (Avanguardia operaia prima, il PCI poi) sua madre aveva richiamato a casa il fratello, sacerdote e missionario, per convincerlo a cambiare idea. 

Laureato in Filosofia, ex PCI, presidente dell’Emilia-Romagna dal 1993 al 1996, più volte ministro – dell’industria, dei trasporti, dello sviluppo economico – nei governi D’Alema e Prodi, fondatore e segretario (nel 2013) del PD, da cui fuoriesce nel 2017 in quello che doveva essere un confronto generazionale e un passaggio di consegne e che invece è stato un suicidio politico. Ma anche: primo ministro mancato, perché come dimenticare i suoi tentativi di formare un governo dopo le elezioni del 2013 e il primo exploit del M5S, gli incontri in streaming con Beppe Grillo conclusisi in un nulla di fatto. 

In realtà Pierluigi Bersani è molto più di tutto questo. Partendo dal quel modo di comunicare e dall’uso, con accento prepotentemente emiliano, delle metafore – alcune anche assurde – sugli animali, che però sono sempre arrivate dove dovevano arrivare. Per esprimere il suo rammarico nei confronti dell’atteggiamento politico di Matteo Renzi disse che “se bevi l’acqua dal pozzo non dimenticarti chi ha scavato quel pozzo”, una frase che esprime un senso della politica di cui sentiamo profondamente la mancanza.

Quello di Renzi sarà uno schiaffo generazionale che un uomo come Bersani non meritava. Perché Bersani non può essere definito in altro modo che come un politico perbene, rappresentante di una politica fatta di modestia e genuinità ma non per questo incapace o mediocre, messa da parte troppo in fretta per far spazio a una politica nuova e rampante che aveva il volto del renzismo e che si è poi rivelata in fretta un’illusione. Il nuovo che avanza (o che doveva avanzare) oggi ci sembra già passato, ben più passato delle metafore politiche di Bersani. 

Metafore, dicevamo, che sono state per lui anche un modo di non prendersi sul serio – come quando andò ospite da Crozza a fare una specie di gara di metafore tra il Bersani reale e il Bersani interpretato dal comico. Metafore che ha trasformato in uno strumento comunicativo potentissimo, per arrivare in maniera diretta alle persone senza passare dai tweet, dalle foto di cibo su Instagram. Bersani è l’anti-internet, l’anti-follower, è la sua politica è la politica della realtà. L’abbaglio del 2013, in questo senso, ha insegnato tanto: la generazione successiva – proprio quella di Renzi – ha capito che si sente più vicina a un uomo che parla e sente la politica nei circoli piuttosto di chi la fa twittando a bordo di aerei diretti nei Paesi del Golfo.

Oggi che i politici si sono fatti inghiottire dai social, sono diventati degli influencer mentre gli influencer diventavano dei politici, oggi che i diritti, i valori e le idee sono diventati dei prodotti da vendere e le comunità politiche dei bacini d’utenza, rivalutiamo inevitabilmente Pierluigi Bersani. Uno che non ci ha mai considerati dei numeri da far crescere nelle statistiche del suo Instagram, ma delle persone. Uno che ha fatto dell’umanità la chiave della sua politica e che è stato l’unico avversario politico di Berlusconi ad andarlo a trovare in ospedale. Uno che, conservando l’umanità, non è mai diventato un arrivista, un arrogante, uno attaccato alla poltrona. 

L’immagine più iconica di Bersani che ci rimane in mente oggi è quella che lo vede da solo, seduto al tavolino di un bar, con una birra accanto, mentre prepara il suo discorso prima dell’Assemblea Nazionale del PD nel 2012. Una foto che è diventata un meme – uno dei primi, forse, prodotti dalla politica italiana – ma che sintetizza perfettamente chi è Pierluigi Bersani. Il suo modo sano e pulito di fare politica, con una onestà, un’educazione e un rispetto per il popolo che oggi non c’è più. Perché la politica è una cosa seria, “siam mica qui a pettinare le bambole”, “siam mica qui ad asciugare gli scogli”. Anche se alla fine, purtroppo, anche tutte queste espressioni descrivono bene l’eredità politica di Pierluigi Bersani.