Trump o Biden, per i migranti non è cambiato molto | Rolling Stone Italia
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Trump o Biden, per i migranti non è cambiato molto

Trump voleva costruire un muro sul confine, Biden potrebbe battere il record di migranti arrestati in un anno. Ecco cosa c'è dietro ai video dei migranti frustati dalla polizia sul confine tra Messico e Stati Uniti

Trump o Biden, per i migranti non è cambiato molto

PAUL RATJE/AFP via Getty Images

I video che arrivano nelle ultime ore dal confine tra Stati Uniti e Messico hanno messo in mostra per l’ennesima volta i metodi non proprio ortodossi che la polizia di frontiera statunitense abituata a impiegare per fronteggiare una delle crisi migratorie più gravi della storia recente del Paese. Di fronte agli appelli disperati degli oltre 10mila migranti che, in queste settimane, hanno raggiunto il Rio Grande per cercare di passare la frontiera americana, le guardie a cavallo hanno opposto la prassi del pugno di ferro, ricacciandoli indietro a colpi di frusta – con una ferocia che ha imbarazzato non poco Joe Biden, proprio nel giorno del suo primo intervento da presidente all’assemblea generale delle Nazioni Unite. Imbarazzo perché quelle scene, diventate virali su internet, sono state definite da molti come una palese violazione dei diritti umani da parte di un Paese che giustifica tutta la propria politica estera sulla base della volontà di difenderli, quei diritti umani.

Imbarazzo, ma nessuna novità. Perché le scene che arrivano dal confine ricordano molto quelle che abbiamo visto nel 2018, quando l’allora presidente Trump aveva autorizzato le guardie di confine a “usare forza letale” contro una carovana di migranti partiti dall’Honduras. In questo caso i migranti provengono da Haiti, uno dei Paesi più poveri del mondo e che è precipitato in una grave crisi in seguito, tra luglio e agosto, all’omicidio del presidente Javenel Moïse e a un grave terremoto che ha ucciso oltre duemila persone.

Haiti è un Paese al collasso, dove il 60% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Ma nonostante questo la politica di respingimenti e rimpatri dei migranti da parte delle autorità americane non si ferma: questa domenica i primi aerei che trasportavano i migranti haitiani espulsi dagli Stati Uniti sono atterrati a Port-au-Prince, proprio mentre i funzionari haitiani chiedevano agli Stati Uniti di fermare i voli per l’impossibilità di gestire l’arrivo di migliaia di persone chiedendo “una moratoria umanitaria”.

Tutto questo avviene dopo mesi in cui la stampa internazionale si è spesso profusa in lodi per la gestione dell’immigrazione da parte dell’amministrazione Biden, evidenziando i suoi buoni propositi, i risultati straordinari raggiunti nei “primi cento giorni” di presidenza e la volontà di correggere la linea dura che aveva caratterizzato la presidenza Trump. La sua politica della “tolleranza zero” voluta da Trump, espressamente indirizzata a scoraggiare gli ingressi illegali nel paese, aveva portato ad altre immagini che avevano fatto il giro del mondo: quelle dei migranti minorenni separati dalle loro famiglie e chiusi in “gabbie” sul confine dalla polizia di frontiera. Questa era la politica di Trump, che prevedeva l’arresto immediato per ogni adulto che avesse varcato illegalmente il confine e la presa in custodia dei minori.

Fin dai primi giorni dopo il suo insediamento, Biden si era impegnato a correggere queste storture, proprio per scacciare dalla testa dell’opinione pubblica internazionale quelle immagini. E in effetti qualche passo in avanti c’era stato: a febbraio tre ordini esecutivi presidenziali avevano disposto la fine della separazione dei minori dalle loro famiglie, la creazione di una task force per facilitare l’integrazione dei migranti, una revisione sistematica delle politiche che, nei quattro anni precedenti, avevano fortemente ridotto i canali a disposizione per l’immigrazione legale e il diritto d’asilo negli Stati Uniti. Tuttavia, buone intenzioni a parte, gli sforzi hanno portato a ben pochi risultati: da febbraio a oggi ci sono stati solo 50 ricongiungimenti familiari. 

Inoltre, la decisione di mantenere in vigore il Titolo 42 del Public Health Safety Act  – una norma, voluta da Trump, che consente al governo federale di impedire temporaneamente ai non cittadini di entrare negli Stati Uniti per motivi di salute pubblica – sta causando non pochi problemi all’immagine pubblica di Biden. Certo, conta la pressione dei deputati Repubblicani che accusano i Democratici di aver perso il controllo dell’immigrazione, ma ‘cè anche altro: che la nuova amministrazione volesse dare un giro di vite sulla sicurezza delle frontiere lo si era capito già lo scorso giugno, quando la vicepresidente Harris durante una visita in Guatemala aveva invitato i migranti a “non venire negli Stati Uniti”.

Un giro di vite che porta il governo Biden già vicinissimo a un record: secondo stime di Reuters dello scorso giugno, nel 2021 le autorità statunitensi avrebbero arrestato oltre 1 milione di migranti sul confine con il Messico. Con ogni probabilità, al ritmo attuale, l’amministrazione Biden supererà la cifra di 1,7 milioni di arresti in un anno, registrata nel 2000. Numeri che dimostrano come la gestione dell’immigrazione, in un Paese come gli Stati Uniti, sia un affare complesso per chiunque, anche senza il “build the wall” trumpiano.