Sesso, bugie e assistenti. Il caso Richetti | Rolling Stone Italia
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Sesso, bugie e assistenti. Il caso Richetti

Un'aspirante assistente parlamentare denuncia le molestie di un senatore: è l'inizio di un Me Too in salsa parlamentare o è tutta una trappola elettorale? A una settimana dal voto, la propaganda si immerge nel torbido

Sesso, bugie e assistenti. Il caso Richetti

Foto di Marco Cantile/LightRocket via Getty Images

Quella del senatore che fa, nella migliore delle ipotesi, il “polipone” con una sua aspirante assistente è la classica storia che fa discutere molto ma che, tutto sommato, non stupisce nessuno. Per come la conosciamo adesso la vicenda è cominciata nel dicembre del 2021 con un pezzo di Dagospia: il solito dico-non-dico in cui narra di un parlamentare piacione che intrattiene rapporti di genere vario con un numero indefinibile di assistenti, militanti, stagiste. Tutti lo leggono, tutti mormorano, nessun giornale dà seguito alla cosa. Passa il tempo e, il 16 settembre, Fanpage piazza lo scoop: la ragazza molestata dal senatore rende pubbliche le chat e racconta la sua versione della storia (compresa perquisizione «punitiva» della polizia e successiva email dalla questura in cui le si dice di non preoccuparsi e che «comunque sei uno spettacolo»).

Queste chat sono oscurate, ma i soliti nerd ingrandendo le parti pixelate individuano una foto che sembra proprio – ma proprio tanto –  l’immagine del profilo di Facebook di un noto senatore. Si arriva a sera e Carlo Calenda detta alle agenzie parole scandalizzate in difesa dell’onore di Matteo Richetti, ex Pd e suo numero due in Azione. Che lo abbia fatto per incredibile superficialità, per affossare Richetti o perché, più verosimilmente, aveva saputo che il nome sarebbe uscito su qualche giornale, è questo il momento esatto in cui quello che si mormorava su Twitter è divenuto ufficiale: il senatore sotto accusa è Richetti.

Abbiamo dunque due storie: una è quella della ragazza aspirante assistente parlamentare che viene molestata dal senatore della Repubblica; l’altra è quella del senatore della Repubblica vittima di stalking da parte della ragazza stessa. Spunta la denuncia di Richetti, datata novembre 2021, e i messaggi allegati, presumibilmente inviati dall’aspirante assistente di cui sopra, in effetti sono una lunga e non sempre coerente sequela di insulti e di allusioni.

Questi i fatti. Poi c’è tutto il contorno. Ecco, chiunque abbia a che fare con la città di Roma e particolarmente con gli ambienti politici e parapolitici che vi si svolgono sa benissimo che la verità in casi del genere è più nel contesto che nella meccanica degli eventi.

Il Parlamento della Repubblica è un luogo in cui succedono tante cose. Non tutte commendevoli. Di storie, storielle, chiacchiere e voci ne girano a centinaia da sempre e solo talvolta diventano pubbliche: dal test sui deputati realizzato con uno stratagemma nel 2006 dalle Iene in cui venne fuori che uno su tre facevano uso di sostanze stupefacenti ai filmini hot della pentastellata Giulia Sarti, per non parlare dell’epopea berlusconiana delle cene eleganti, con annesse nipoti di Mubarak e intere corti mantenute in maniera non molto limpida. La parte mancante del discorso è quella che riguarda i collaboratori parlamentari, i cosiddetti «portaborse», figure tecniche che hanno acquisito una certa importanza da quando i partiti non hanno più soldi e dunque non possono pagare funzionari: come spesso accade, la tentazione di ripulire la politica italiana asciugandola da un punto di vista finanziaria produce solo guai.

Quella dei collaboratori parlamentari è una categoria bistrattata dall’opinione pubblica e materialmente legata ai cambi di umore e alle pretese degli onorevoli che pagano loro lo stipendio. Pochissimi di loro parlano di quello che accade nei palazzi della nostra democrazia e, quando lo fanno, domandano la più tombale riservatezza sui loro nomi. La paura è quella di perdere il lavoro e di non ritrovarlo più, di buttare all’aria studi e carriera per una battaglia che potrebbe non portare da nessuna parte. Sappiamo come funziona il dibattito pubblico: lo scandalo irrinunciabile di oggi è la storia di cui non frega niente a nessuno di domani.

A questo punto dobbiamo necessariamente farci una domanda: l’esplosione del caso Richetti è l’inizio di una sorta di Me Too in salsa parlamentare o solo un episodio destinato a restare isolato? La risposta sembrano suggerirla i giornali, che dell’affaire molestie-stalking se ne stanno occupando pochino, nelle pagine interne, senza eccedere con l’enfasi. Persino gli online hanno lasciato scivolare via la notizia nel giro di poche ore, persino Fanpage l’ha fatta sparire dalla sua homepage. Su Twitter, in compenso, si discute molto e a farlo è gente che non sembra informatissima dei fatti. Per paradosso, a questo punto, a portare avanti la vicenda sono soprattutto Calenda e i suoi che gridano al complotto (lo scandalo, in effetti, è uscito a dieci giorni dalle elezioni) e danno assurde lezioni di garantismo, là dove il senatore è innocente fino al terzo grado di giudizio (e ci mancherebbe) ma la ragazza è sicuramente una mitomane in cerca di vendetta, con l’unica controprova che è la denuncia dell’anno scorso. Denuncia che, sia detto per inciso, a distanza di dieci mesi non sembra aver avuto chissà quale seguito giudiziario.

Non è dunque questione di credere o meno all’una o all’altra versione della storia, ma di avere la consapevolezza che il muro del silenzio sta reggendo anche questa volta: abusi di potere, agguati, trappoloni, leggerezze e pesantezze. Armi spuntate, questioni interne alla casta (termine inventato da appartenenti a un’altra casta e che ha tragicamente avuto fortuna nell’ultimo quindicennio), argomenti che scivolano sull’opinione pubblica ma che non hanno un reale impatto sullo stato delle cose.

Il demi-monde romano di aspiranti statisti più o meno avveduti e di gente che gioca a fare la politica aggirandosi con fare torvo per le strade del centro si conferma distante anni luce dal paese reale (termine importante e ormai quasi completamente dimenticato). La peggiore campagna elettorale di tutti i tempi  – si dice ogni volta ma questa probabilmente è vero – si avvia alla sua conclusione immergendosi nel torbido. I migliori auspici per l’inizio della nuova legislatura.