Se vuoi vedere come sarà il futuro dell’America, devi andare a Portland, in Oregon. La città ha attirato su di sè l’attenzione degli interi Stati Uniti lo scorso agosto, quando il gruppo estremista di destra dei Proud Boys – il cui obiettivo, secondo il loro fondatore, è la violenza nei confronti dei loro nemici politici – l’ha scelta come luogo di ritrovo. In centro, centinaia di manifestanti di sinistra si sono riuniti a protestare contro il loro arrivo. Le cose sono sfuggite di mano. I Proud Boys hanno rovesciato un camioncino e piccchiato a sangue un uomo. Ci sono stati scontri a colpi di coltello e armi da paintball. Un estremista di destra avrebbe sparato sulla folla di manifestanti di sinistra con una pistola, e uno dei manifestanti di sinistra gli avrebbe sparato a sua volta. Prima di tutto questo, il sindaco di Portland aveva chiesto ai cittadini di “scegliere l’amore”. Dopo tutto questo gli attivisti locali gli hanno risposto: “scegliete il giubbotto antiproiettile”.
Scontri come questi sono sempre più comuni a Portland, che ormai è diventata la città dove si vendono più giubbotti antiproiettile e maschere antigas. Ma se sarebbe facile etichettare tutto questo come “a Portland va così” – dopotutto l’ex presidente Bush aveva soprannominato la città “Little Beirut” – sarebbe anche un errore. Le tattiche di guerriglia che abbiamo visto a Portland negli ultimi anni si stanno già diffondendo in tutto il Paese, da Charlottesville alle proteste no-mask e all’assalto al Campidoglio del 6 gennaio. I Proud Boys non hanno alcuna intenzione di farsi da parte e i loro nemici non hanno alcuna intenzione di arrendersi e non è chiaro come andrà a finire. Paul Gosar, un deputato del Congresso nonché estremista di destra, di recente ha risposto così quando gli hanno chiesto della possibilità che scoppi una seconda guerra civile americana: “Ci siamo già in mezzo. È solo che non abbiamo ancora iniziato a spararci addosso a vicenda”.
Xander Almeida fa parte del Partito repubblicano nella contea di Multnomah dal 2008. Ha cominciato ad accorgersi dell’influenza delle milizie di estrema destra sul partito nel 2017, quando ha ricevuto un’email che lo avvertiva di possibili minacce da parte degli “Antifa” a una parata in programma di lì a pochi giorni. “E il Partito repubblicano mi ha detto di non preoccuparmi, che avremmo fatto venire i 3%ers”, ha detto a Rolling Stone. I 3%ers sono una milizia di estrema destra. Ha fornito a Rolling Stone le note ufficiali trattte da una riunione del Partito repubblicano del 26 giugno 2017, in cui si proponeva una risoluzione sul “permettere al Partito repubblicano della contea di Multnomah di usare volontari membri dei 3%ers, degli Oath Keepers e di altre milizie”. La risoluzione era stata approvata.
Nonostante nessuna delle sue riunioni sia mai stata attaccata dagli antifascisti, il Partito repubblicano della contea di Multnomah è profondamente preoccupato che possa succcedere. Nel maggio 2021 ha assunto un affiliato dei Proud Boys cocme guardia di sicurezza per un meeting in cui si decideva se sfiduciare il segretario locale del partito, Stephen Lloyd. La sfiducia era motivata dal fatto che Lloyd aveva chiesto più diversità all’interno del partito e proposto di rendere le sue riunioni più trasparenti e aperte al pubblico, cosa che secondo i Repubblicani li avrebbe messi a rischio di subire violenza da parte degli antifascisti.
Dal canto suo Almeida oggi è ancora ufficialmente registrato come membro del Partito repubblicano, ma dice di sentirsi “sempre meno” conservatore negli ultimi anni. Dice di sentirsi alienato dai suoi ex alleati. Adesso scende in piazza con gli atnifascisti ccontro i Proud Boys e altri estremisti di destra, e quando ci siamo incontrati lo scorso agosto indossava un caschetto e protezioni da motociclista.
Dato che è raro che gli estremisti di destra subiscano gravi conseguenze per i loro atti di violenza, molti di loro hanno cominciato a considerare Portland come il luogo ideale per mettere alla prova le loro tattiche in un ambiente non troppo ostile.
Tusitala Toese, detto “Tiny”, è un affiliato dei Proud Boys noto per la sua condotta violenta, che l’anno scorso è stato in carcere per aver aggredito un manifestante antifascista. Lo scorso agosto, mentre ufficialmente aveva ancora il divieto di partecipare a manifestazioni, Toese ha partecipato a una rissa a Portland. La polizia non ha fatto niente. Quando abbiamo provato a contattare la polizia di Portland per un ccommento, un portavoce ci ha detto che il compito di monitorare le azioni di una persona sottoposta a tale divieto spettava al tribunale, non alla polizia. “Non è una cosa che facciamo noi. Se qualcuno è a conoscenza di persone che violano i loro divieti legali deve notificarlo al tribunale perché prenda provvedimenti”.
Prima della manifestazione del 22 agosto, il sindaco di Portland aveva orgnizzato una piccola conferenza stampa digitale intitolata “Choose Love”, quella in cui aveva detto alla cittadinanza di “scegliere l’amore” e cercato di rassicurare le paure dei cittadini per la manifestazione di destra. Il capo della polizia Chuck Lovell aveva annunciato che la polizia non avrebbe fatto nulla. “La gente non deve aspettarsi che la polizia si metterà in mezzo a tenere separate le persone. Devono imparare a farlo da sole e a evitare di arrivare allo scontro fisico”.
La manifestazione era stata pubblicizzata in molti modi, ma il giorno dell’evento il nome più diffuso era “Free Our Political Prisoners”. Quando ci sono andato ho notato subito due gruppi di uomini armi di fucili e pistole che pattugliavano il parcheggio dove si sarebbe tenuto l’evento. Lì vicino c’erano quattro manifestanti di sinistra di mezza età, con dei cartelli, che indossavano vestiti normali.
Una di loro, Jordana Sardo, mi ha detto di essere andata lì per esprimere solidarietà ai residenti non bianchi del quartiere. “Penso che la cosa migliore sia mostrare contrarietà in modo disciplinato. Personalmente non sono per la violenza, ma penso anche che le persone abbiano il diritto di difendersi”.
Mentre parlavamo, si è avvicinato a noi un attivista di estrema destra che stava facendo uno streaming e che ha iniziato a urlarci addosso. Un gruppo di Proud Boys e di altri manifestanti di destra sono accorsi. Due di loro, armato con mazze da baseball, si sono avvicinati a me. Uno di loro mi si è messo davanti alla faccia e mi ha chiesto se cercavo guai. Diversi medici antifascisti, vestiti di nero e con protezioni da motociclisti, si sono avvicinati e si sono messi in mezzo tra i Proud Boys e i manifestati disarmati di sinistra. Un altro attivista ha parcheggiato la sua macchina di fianco per bloccare il traffico in modo che nessuno si facesse male. Alla fine ci siamo allontanati.
Ho poi incontrato una coppia che abitava nella zona e che era uscita a vedere cosa stava succedendo. L’uomo, che mi ha chiesto di rimanere anonimo, si è detto preoccupato per la popolazione di senzatetto del quartiere. E aveva buone ragioni per esserlo: quel giorno stesso avevo intervistato diversi senzatetto che vivevano in una tendopoli da quelle parti. Mi hanno detto che nei giorni precedenti erano stati aggrediti da uomini che ritenevano far parte dei gruppi di estrema destra venuti in città per la manifestazione. Mi hanno descritto come gli estremisti di destra avevano pestato un senzatetto lasciando una scia di sangue sul selciato e mandandolo all’ospedale con un trauma cranico. “A ogni passo dicevano la parola con la N”, mi ha detto un testimone.
Nel fine settimana del 22 agosto, con un’altra grossa manifestazione di estrema destra in città, ci sono state altre due aggressioni contro persone senzatetto. Non è mai stato arrestato nessuno e non è chiaro se siano mai state aperte indagini.
La maggior parte delle vittime della violenza di estrema destra non si fida della polizia. Molti attivisti ricordano bene i lacrimogeni che si sono presi dalla polizia di Portland l’anno scorso, e sanno che il tribunale distrettuale finora non ha mai perseguito agenti di polizia accusati di violenza nei confronti di manifestanti. In generale il modo in cui gli attivisti di sinistra affrontano la violenza è riassumibile in una frase che ho sentito spesso: “non chiamare la polizia, ci pensiamo noi”.
Il 22 agosto scorso, mentre stavo intervistando due persone della zona, un gruppo di Proud Boys ci ha circondati e la polizia, proprio come aveva promesso il suo capo in conferenza stampa, non c’era. Un uomo con un coltello alla cintura mi ha chiamato per nome. Un altro ha cercato di convincere le persone che stavo intervistando che lui e i suoi colleghi erano “persone civili”.
Poco dopo me ne sono andato. Nel giro di pochi minuti da quando me ne sono andato è scoppiata una rissa e le quattro manifestanti con cui avevo appena finito di parlare sono state aggredite. Una di loro, Martha, era ancora sul posto quando sono tornato. Aveva la faccia rossa e gonfia, e mi ha raccontato di essersi beccata dello spray al peperoncino in faccia mentre era lì ferma con un cartello in mano.
Quel giorno la maggior parte degli antifascisti di Portland è rimasta in centro. I pochi che sono andati a nordest, dove si teneva la manfestazione di destra, per scontrarsi con i Proud Boys si sono trovati subito in minoranza e sono stati costretti a ritirarsi. I Proud Boys li hanno inseguiti e hanno aggredito un uomo che stava seduto da solo in macchina. C’è una foto che mostra un membro dei Proud Boys che aggredisce l’uomo, mentre questi cerca di ripararsi sul sedile del guidatore, vicino al finestrino spaccato.
Il sindaco di Portland e molti esponenti del Partito democratico hanno detto che se i manifestanti di sinistra evitassero di rispondere alle provocazioni dei Proud Boys e degli altri estremisti di destra questi lascerebbero in pace la città. Dopo il 22 agosto, l’ufficico del sindaco ha detto che “la violenza è stata limitata a gruppi di persone che hanno deciso di scontrarsi tra loro”. Ma gli antifascisti invece ritengono che l’estrema destra, se non si trovasse davanti un movimento organizzato pronto a respingerla, andrebbe a cercare bersagli vulnerabili su cui sfogare la sua violenza.
L’assalto al Campidoglio del 6 gennaio, affermano gli antifascisti, è un esempio di quello che succede quando l’estrema destra non si trova davanti nessuno che voglia fermarla. Invece di “scegliere l’amore” la maggior parte degli attivisti antifascisti sposa un mix di ricerca e azione diretta. Sono tattiche che si sono dimostrate efficaci anni fa contro l’alt-right, che hanno distrutto la carriera di Richard Spencer e trasformato gli altri membri di alto profilo del movimento in figure marginali. Ma non sono servite a fermare la crescita del sostegno per l’estrema destra, il razzismo e le teorie del complotto a livello nazionale. E alcuni antifascisti hanno danneggiato la loro stessa causa quando la loro violenza è andata oltre il confronto diretto con estremisti di destra e neonazisti.
Dopo anni di scontri, i membri dei due schieramenti sono induriti dalla violenza. Il 22 agosto un gruppo di manifestanti del blocco nero – una tattica in cui i manifestanti si vestono tutti di nero per essere più anonimi – hanno aggredito la fotoreporter indipendente Maranie Staab. È stata colpita con dello spray al peperoncino e gettata per terra e i manifestanti le hanno rotto la macchina fotografica. Quando altri membri della stampa hanno cercato di aiutarla, i manifestanti li hanno presi di mira con lancio di oggetti. Prima di venire aggredita dagli antifascisti, Staab era stata già aggredita dai manifestanti di estrema destra.
L’aggressione contro Staab fa parte di un trend tra gli attivisti di sinistra, che vedono sempre più le macchine fotografiche e i giornalisti come dei nemici. Questa idea è alimentata dal fatto che molti attivisti di sinistra di Portland siano stati doxxati tramite la diffusione su internet dei loro dati personali e abbiano ricevuto poi minacce di morte. L’inverno scorso più di 20 tra attivisti e giornalisti di Portland hanno ricevuto minacce di morte da estremisti di destra. La maggior parte delle vittime sono persone nere.
Durante la rissa del 22 agosto, ho incontrato un’attivista locale chiamata Marzz. Indossava una zuria, un abito eritreo tradizionale, e stava andando in chiesa con la sua famiglia. Mi ha detto che ha dovuto smettere di organizzare eventi e manifestazioni a causa delle minacce di morte che ha ricevuto. “Mi sono esposta molto e hanno cominciato a prendermi di mira”, mi ha detto. “Mi hanno spruzzato spray al peperoncino negli occhi e seguita fin sotto casa”.
Un manifestante antifascista che ha chiesto di rimanere anonimo mi ha detto che partecipa a manifestazioni contro l’estrema destra almeno dal 2017, e che era presente quando un sostenitore di Trump ha sparato a una medico di sinistra durante un evento della personalità alt-right Milo Yiannopoulos. “Non ho nemmeno sentito lo sparo che il mio telefono aveva cominciato a squillare. La gente mi chiedeva ‘sei vivo?'”.
Questo manifestante antifascista ritnee che la violenza ha avuto l’effetto di causare una “brutalizzazione ideologica”. “Quando ci troviamo in queste situazioni finiamo per abituarci alla violenza”, spiega. Ha paragonato la situazione a Portland alle risse di strada tra comunisti e nazisti durante gli anni della Repubblica di Weimar. “Le persone si stanno abituando a un periodo di violenza politica. Lo so perché sento che sta succedendo a me”.
Da questo punto di vista, Portland potrebbe essere un laboratorio per l’intero Paese. Il 22 agosto 2021 è stato il primo giorno in cui manifestanti di estrema destra e di estrema sinistra si sono sparati addosso: è avvenuto a Portland. E non sarà l’ultimo caso. E se è successo qui, presto potrebbe succedere anche nel resto del Paese. Perché quello che succede a Portland non rimane a Portland.
Questo articolo è apparso originariamente su Rolling Stone US