Salvini ha un nuovo nemico: gli autovelox | Rolling Stone Italia
Andavo a cento all’ora

Salvini ha un nuovo nemico: gli autovelox

Per evitare il tracollo alle prossime Europee, il vicepremier ogni giorno ne spara una. Gli ultimi a farlo arrabbiare? Gli autovelox, che «da oggi in poi verranno usati solo dove è essenziale ed effettivamente serve» e le città “a trenta all’ora”

Salvini ha un nuovo nemico: gli autovelox

Matteo Salvini

Foto: Emanuele Cremaschi/Getty Images

Alla fine è tutto semplice: ogni mattina Matteo Salvini si sveglia e sa che, per evitare il tracollo alle prossime Europee e smettere di farsi erodere voti da Meloni e Tajani, deve trovarsi un nemico. La strategia prevede prendersela con qualcuno o qualcosa che rappresenta in un modo più o meno esplicito lo scorrere dei tempi, in un mix tra nostalgia di quelli andati e delle belle maniere di una volta e vari e assortiti «si è sempre fatto così, per cui non provate a cambiarci», in stile Nonno Simpson contro il sistema metrico – viene da sé che in discorsi del genere ha libera cittadinanza qualsiasi attacco alle «nuove ideologie fluide», alla «cultura woke» e, per la stagione, agli eventuali progetti di una «Europa» che a prescindere vorrebbe una realtà più brutta e cattiva, dove in base ai cartelloni della Lega gli uomini partoriscono e mangiamo insetti per colazione. Nel dubbio, il segretario della Lega, in veste di ministro dei Trasporti, ora ha un nuovo avversario: gli autovelox.

Per cui, ecco un decreto in realtà neanche troppo sbandierato, visti gli standard, ma molto concreto, e che sarà in vigore già da domani. È una specie di condono al contrario: gli autovelox «da oggi in poi verranno usati solo dove è essenziale ed effettivamente serve, e non come ulteriore tassa», dice lui, per cui i municipi che ne sono responsabili dovranno adoprarsi subito per vedere se quelli a cui fanno affidamento rispettano effettivamente le linee guida del Ministero; hanno un anno da ora per muoversi, ma c’è da sbrigarsi, perché nel frattempo potrebbero essere sommersi dai ricorsi di chi ha ricevuto multe da dispositivi intanto diventati fuorilegge. Di base, infatti, ritorna in gioco tutto: ogni autovelox dovrà essere approvato dal prefetto, a cui i Comuni devono dimostrare che il suo utilizzo è «necessario», nel senso che quella strada è davvero molto trafficata di auto e pedoni, le auto superano spesso la velocità imposta dalla legge e c’è un alto tasso di incidenti proprio per quelle cause. In più, anche per mettere gli autovelox mobili, cioè quelli con il treppiede in dotazione alla Polizia Municipale, i sindaci dovranno coordinarsi con il prefetto.

Al di là, poi, di una serie di avvisi da mettere in strada sulla presenza dagli autovelox stessi – a distanze molto ampie, il punto però non è fare multe ma salvare delle vite, per cui ci sta – in generale da oggi molti dispositivi per il controllo di velocità cadranno, e sarà difficile metterne di nuovi. Insomma, non è un «tana libera tutti», ma quasi. E sicuramente è una mazzata voluta e cercata per il progetto delle città a trenta all’ora, a cui proprio Salvini dopo l’ennesimo ripensamento già nei mesi scorsi aveva cominciato a fare la guerra: con il nuovo decreto, nei luoghi abitati sarà possibile istallare solo degli autovelox che misurano la velocità degli automobilisti quando questa va oltre i cinquanta chilometri orari; contando che il limite è trenta, si crea una zona grigia di venti chilometri orari che di fatto cancella le intenzioni del progetto precedente.

Ovviamente, fa tutto parte di un grande disegno che, in vista delle Europee e non solo, vede di nuovo il segretario della Lega come difensore dei bei valori di una volta, quelli che puntualmente sta tirando fuori nei post di avvicinamento alle elezioni, con «più Italia» da una parte, con le nostre tradizioni, e «meno Europa» dall’altra, con lo sfascio generale di sentimenti e ambizioni che secondo lui starebbero rilanciando da Bruxelles. In questo caso, il tono è à la volemose bene tipico di certa destra e di un certo elettorato, quella dei macchinoni qui e dei condoni fiscali di là; di chi, ecco, non ne può più di norme che tutelano la sensibilità altrui, «politicamente corretto» e il resto che già sapete, e vorrebbe tornane indietro, a quando si stava meglio (cioè, aveva meno limiti lui). D’altronde l’automobile dai tempi delle prime Fiat è sinonimo del nostro Paese, Lucio Dalla ci fece perfino un disco (parodistico, Automobili, del 1976), Salvini ha già annunciato di difendere le auto tradizionali da quelle elettriche (ancora) dell’Europa, e allora tutto torna.

Peccato, mettere dei limiti agli autovelox poteva essere un modo per condannare eventuali abusi di potere, se ci sono, da parte dei comuni, e invece parlando di «tassazione» si rilancia solo la retorica del «pizzo di Stato» sulle spalle dei «poveri cittadini». Da parte di un ministro, peraltro, che ha già dimostrato di essere ben disposto a ignorare altre accuse di eventuali abusi, per esempio, nei confronti delle forze dell’ordine, se le maniere forti servono a rimettere il mondo nel verso che piace a lui.

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