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Reinhold Messner: «Giusto chiudere gli impianti sciistici, siamo tutti corresponsabili»

Dal suo “nido d’aquile” in Sud Tirolo il grande alpinista è d’accordo con le restrizioni anti-Covid, ma lamenta la mancanza di sovvenzioni e si scaglia contro gli influencer e il turismo di massa

Photo by Jakubaszek/Getty Images

Lo stop agli impianti sciistici di risalita che ne ha bloccato la ripartenza ha mandato su tutte le furie i presidenti di regione interessati e i gestori, oltre che tutto l’indotto. Il divieto del ministro della Salute Roberto Speranza a poche ore dalla riapertura è arrivato per il timore che il ceppo inglese del virus possa diffondersi in modo incontrollato rendendo vani gli sforzi sulla somministrazione dei vaccini. E così, nonostante le proteste, niente scarponi e racchette fino al 5 marzo. Ma c’è anche chi è d’accordo con questa decisione e da sempre rappresenta la montagna più di chiunque altro.

Parliamo del leggendario alpinista Reinhold Messner, che non solo ha lanciato un appello affinché tutti rispettino le regole, ma si è poi augurato che quando sarà possibile tornare in montagna si scelga di favorire un turismo più consapevole.

Messner, per lei la montagna non ha segreti. Con che spirito ha preso la decisione del governo di tornare a chiudere gli impianti?
Per uscire da questa pandemia, e avere la possibilità di tornare in montagna, bisogna frenare. Da noi in Sud Tirolo è tutto chiuso come nel resto d’Italia e sono d’accordo. Anche a me piacerebbe andare a sciare e finire un film che ho in lavorazione, però accetto quello che dicono gli scienziati. Solo così abbiamo la possibilità di uscirne, se stiamo a casa per un certo periodo. Meglio così, che aprire e chiudere continuamente, perché non è possibile riorganizzare in questo modo un turismo invernale.

In queste ore c’è anche chi sfida le restrizioni e riapre. A queste persone esasperate, cosa si sente di dire?
Il problema è che in questa pandemia siamo tutti corresponsabili. La politica ha la grande responsabilità e deve ascoltare i virologi, che però a loro volta sanno molto ma non tutto. Scienza non vuol dire sapere tutto, avere il 100% di sicurezza su cosa fare, ma è il tentativo di dare risposta a certe domande. Sul Covid mi pare che siamo ancora nella fase di ricerca delle risposte. Il vaccino va troppo a rilento, non ne abbiamo ancora abbastanza per tutti, e anche se riusciremo a farlo sicuramente si riaprirà dopo Pasqua.

Lei ha sofferto queste restrizioni?
Io sono fortunato, abito a mille metri, fuori c’è la neve, sono su una una collina di roccia che è un nido d’aquile e posso fare delle piccole escursioni, ma non vado dove c’è altra gente. Mi tengo lontano da tutti, perché non voglio prendere il virus e mi sento corresponsabile per gli altri. Spero che un dopo ci sarà in questa pandemia, però si si riesca a tornare in montagna con un altro atteggiamento. Più lento, nel silenzio, a scoprire la natura selvaggia ma non tutti nello stesso posto.

La prossima sfida è il turismo di massa?
Gli influencer sui social sono dannosi, perché fanno pubblicità per concentrare il turismo solo in alcuni posti, che per loro sono i più belli, ma fanno perdere di vista il vero valore della montagna. Bisogna e tutto invece apprezzare tutto l’arco alpino, avendo la possibilità di godere di tutti gli aspetti della montagna. L’industria turistica deve riuscire a dare la possibilità a tutte le vallate di lavorare.

Anche le sue attività hanno risentito delle restrizioni?
Negli ultimi 30 anni ho portato a termine una struttura museale raccontando la montagna, che non è solo l’attività, ma anche la cultura che ci sta dietro. La narrativa che ne facciamo serve per capire la relazione gente-montagna. E anche noi siamo chiusi da un anno e senza sovvenzioni, per cui sarà difficile tornare e speriamo che in estate si possa lavorare o saremo costretti a chiudere per sempre.

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