Quel che resta del piombo | Rolling Stone Italia
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Quel che resta del piombo

Nell'aprile del 2021 l'Italia chiese e ottenne dalla Francia l'arresto di nove ex brigatisti rossi e di Giorgio Pietrostefani di Lotta Continua. Dodici mesi dopo le udienze per le estradizioni procedono a rilento, e probabilmente la vicenda non si risolverà prima di qualche anno

Quel che resta del piombo

L’ultimo capitolo del romanzo italiano del terrorismo è un intreccio di carte bollate, colloqui pseudo-diplomatici e pressioni politiche. Il luogo è la Francia, i protagonisti sono signore e signori ormai di una certa età che da decenni non commettono reati ma che, per la giustizia italiana, sono ancora tecnicamente latitanti.

Quando nell’aprile del 2021 nove ex militanti di gruppi terroristi comunisti e Giorgio Pietrostefani di Lotta Continua vennero arrestati, l’opinione pubblica italiana sembrò fare un salto indietro agli anni ’70, con tanto di rievocazione più o meno puntuale dei delitti e delle pene che costellarono quel periodo, come se le ferite inferte dai terroristi fossero ancora apertissime. Forse lo sono davvero, o forse la storia ha definitivamente svoltato e quella che per molti – a partire dall’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga – fu una guerra civile è finita per sempre e dovrebbe diventare materiale utile più per gli storici che per gli uffici giudiziari.

Comunque, era l’8 aprile quando la ministra della giustizia italiana Marta Cartabia chiese ufficialmente al suo omologo francese Eric Dupond-Moretti maggiore collaborazione per far rientrare in Italia alcuni ex militanti delle formazioni di ultrasinistra rifugiati nel paese e protetti dalla «dottrina Mitterrand», la linea varata nel 1985 dallo storico presidente socialista che prevede ospitalità per chi è stato accusato di crimini politici, purché dissociato dalla lotta armata. Secondo quanto riportato da Le Monde, l’Italia aveva in origine chiesto l’arresto di duecento persone, ma alla fine l’accordo con la Francia era stato limitato ai dieci condannati per i reati più gravi.

Appena due settimane dopo il colloquio tra Cartabia e Dupond-Moretti, è scattata l’operazione congiunta tra Sdat francese, Criminalpol e polizia italiana, denominata «Ombre rosse». Gli arresti sono stati sette, tutti eseguiti a Parigi: gli ex Br Roberta Capelli, Marina Petrella, Sergio Tornaghi ed Enzo Calvitti, l’ex dei Nuclei armati combattenti per il contropotere territoriale Narciso Moretti; l’ex Lotta Continua Giorgio Pietrostefani. Nello spazio di pochi giorni gli altri tre ricercati (l’ex Proletari armati per il comunismo Luigi Bergamin; l’ex Br Maurizio Di Marzio; l’ex Formazioni comuniste combattenti Raffaele Ventura) si sono poi spontaneamente alle autorità.

Quattro degli arrestati devono scontare una condanna all’ergastolo (Capelli, Petrella, Tornaghi e Manenti); Alimonti ha una condanna residua di 11 anni e mezzo di carcere oltre ad altri quattro di libertà vigilata; Bergamin è stato condannato a 16 anni e 11 mesi; Ventura a 22 anni; Di Marzio a 15 anni; Giorgio Pietrostefani a 22 anni in quanto mandante dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi.

Benché la notizia fosse stata annunciata con toni trionfanti sia dal governo francese sia da quello italiano, nel giro di poche ore tutti gli arrestati vennero rimessi in libertà dal tribunale di Parigi che, in una dilatazione notevole dei tempi tecnici necessari ad avviare i processi, solo due settimane fa ha cominciato con le udienze per decidere sulla loro estradizione. I giudici francesi, nel corso dei mesi, hanno più volte lamentato la lentezza e la parzialità delle carte inviate dal ministero della Giustizia italiano. In effetti gli ultimi faldoni relativi ai dieci casi sono arrivati in Francia soltanto il 6 dicembre scorso: una pila di «note analitiche» con cui i funzionari italiani hanno risposto con precisione a questioni procedurali che per la Chambre de l’Instruction della Corte d’appello di Parigi non erano affatto chiare. Questioni in punta di diritto, in sostanza, ma alla Camera la vicenda è stata vista quasi come un affronto francese alle autorità italiane: a gennaio di quest’anno, infatti, il deputato della Lega Daniele Belotti, in un’interrogazione rivolta alla ministra della Giustizia Cartabia e al ministro degli Esteri Di Maio, ha attaccato pesantemente i magistrati parigini, accusandoli di star perdendo troppo tempo nell’analisi della documentazione inviata dal governo di Roma.

Da parte francese, per la verità, la vicenda è sempre stata vissuta con molto poco trasporto. Malgrado la soddisfazione inizialmente manifestata anche dal presidente Macron, in seguito Dupond-Moretti ha cercato di stemperare i toni dicendo di sperare che «l’Italia possa voltare pagina in una storia impregnata di sangue e lacrime». Sull’effettiva scarsa pericolosità dei dieci, i loro avvocati si sono fatti sentire a più riprese. Un nome storico della giustizia francese come Irène Terrel (legale di tanti terroristi italiani nell’ultimo mezzo secolo), all’indomani degli arresti, dopo aver chiarito che in ogni caso ci vorrà parecchio tempo per arrivare a una soluzione della vicenda («Per una sentenza serviranno mesi, forse anni. Poi ci sarà il ricorso alla Cassazione ed eventualmente il Consiglio di Stato e la Corte europea dei diritti dell’uomo»), si è espressa con parole durissime verso quest’operazione di molto postuma rispetto ai reati contestati in Italia: «Siamo alla negazione dello Stato di diritto e di norme giuridicamente elementari come la prescrizione. Ho la massima compassione per le vittime e rispetto le loro famiglie, ma in questa vicenda ci sono due problemi: il primo è che le storie di queste persone non più valutabili da un punto di vista giudiziario, ma soltanto da quello storico. Serve un’opera di pacificazione e di riconciliazione e ricordo che in Francia ci sono state delle amnistie per sanare vicende molto laceranti, come la guerra di Algeria. Il secondo è che dal 1982 la République ha garantito asilo alle persone di cui parliamo. Il diritto d’asilo non era stata una concessione di Mitterrand ma della Francia. Infatti persino Sarkozy, che sicuramente ha poco a che spartire con Mitterrand, a suo tempo respinse la domanda di estradizione per madame Petrella».

A Parigi, intanto, le udienze che si sono aperte alla fine di marzo sono state tutte aggiornate: i dieci torneranno davanti ai giudici alla spicciolata tra maggio e luglio.