Insomma, qual è la vera faccia di Giorgia Meloni per le elezioni Europee? In Italia, a sentirla, ci si poteva fare l’idea di una leader più moderata nei toni e nelle idee rispetto alla campagna elettorale del 2022: un minimo equilibrata, atlantista di ferro, meno dichiaratamente sovranista di quanto aveva lasciato intendere; tra operazioni simpatia e pinkwashing, come l’ospitata al podcast di Diletta Leotta, Mamma dilettante (mentre è assente ingiustificata da quasi tutti i programmi tv di dibattito politico), l’idea era che volesse porsi come autorevole, «di buon senso», consapevole che se si va a Strasburgo con il lanciafiamme non si ottiene poi molto, nonché prigioniera di certi equilibri internazionali. Tant’è che, nonostante i suoi continuassero con le solite sparate, aveva delegato alla Lega di Salvini la parte di agente del caos antisistema: è stato il Carroccio a corteggiare il generale Vannacci e a candidarlo, mica lei.
Dall’altro lato, però, la sua posizione a livello internazionale, a livello di alleanze e amicizie, è la solita, e lascia pochi dubbi: estrema destra, estrema destra, estrema destra. Con tutto il compendio di retorica del caso, che in Italia, ultimamente, ha tirato fuori a intermittenza. Lo spiega bene il passaggio di ieri alla convention Europa Viva 24, un’adunata dell’estrema destra europea (e non solo) organizzata a Madrid dagli spagnoli di Vox. E così, tra nostalgici dei regimi dell’Europa del Novecento e sovranisti, Fratelli d’Italia si è riconnessa con le sue radici. Viene da sé che Meloni, in contesti del genere, si esalta («Io sono Giorgia…» nacque, di fatto, in una situazione quasi identica), ergo il suo discorso è stato un bignami perfetto della solfa dei «patrioti». In sintesi: «Ci opponiamo a chi mette in discussione la famiglia», con il rilancio dell’idea di rendere il ricorso all’utero in affitto un reato universale; poi ha criticato «l’ideologia green» («noi vogliamo difendere la natura con l’uomo dentro»); ha rinfrancato la dinamica trita dell’accerchiamento («volevano farci fuori, siamo ancora qui»); e infine ha fatto un invito generico affinché l’Unione Europea «ritrovi l’orgoglio della sua storia e della sua identità».
Infatti il senso dell’evento ‒ da leggersi come si vuole, s’intende ‒ era dimostrare che l’estrema destra, in Europa, è unita. La vera notizia della giornata, infatti, sono stati gli occhi dolci tra Meloni e la sua equivalente francese, Marine Le Pen del Rassemblement National. A Strasburgo fanno capo a due partiti diversi: Meloni è presidente dei Conservatori e Riformisti Europei, un assortimento di sovranisti di Visegrád, della stessa Vox e presto, pare, di Orbán, da tempo fuori dal Partito Popolare Europeo (a proposito: ieri il presidente ungherese ha detto che per lui l’Europa ha bisogno di più figli); Le Pen invece è il riferimento dell’estrema destra di Identità e Democrazia, dove gioca un ruolo importante la Lega, che però non era invitata. Nel dubbio, ieri la leader francese ha ribadito che «l’amicizia tra i nostri due partiti è fondamentale», prima di prendersela con l’immigrazione, con l’Islam e con, di nuovo, «l’ideologia woke», in un misto condiviso di idee populiste e altre con radici più profonde, che arrivano all’estremismo. Ventura, un pezzo grosso del Portogallo, mette le cose in chiaro in nome di tutti: «Siamo gli unici difensori della libertà in Europa». Be’.
Tutto intorno, è stata una parata di ospiti e amici che poco hanno a che vedere con la Meloni più moderata, da un trumpiano di ferro che prima se l’è presa con l’ideologia (ancora) gender («Dio non fa errori») e poi ha detto che Trump a novembre tornerà alla Casa Bianca «per concludere quello che aveva cominciato», fino al nuovo presidente dell’Argentina Milei, per cui «bisogna distruggere l’idea che i politici debbano prendersi cura del cittadino dalla culla alla tomba». Insomma, uno show.
Ora: che per un insieme di partiti di estrema destra l’unità europea sia più o meno un’utopia è risaputo; quando si è sovranisti si fanno, grossomodo, gli interessi di casa propria, e questo significa un perenne conflitto con tutti gli altri, come dimostra per dire la lontananza tra Polonia e Ungheria ‒ due Paesi in questi anni storicamente vicini, entrambi schierati a destra ‒ sulla questione Ucraina, tra chi per motivi di sopravvivenza vede in Putin una minaccia e chi, per le stesse ragioni, un amico. Quindi, ecco, le affinità elettive tra tutti gli ospiti di ieri andranno testate sulla lunga distanza. Per quanto riguarda l’Italia, però, l’indicazione è chiara: l’estrema destra c’è, ha i suoi argomenti, la sua retorica e le sue prossime battaglie per comportarsi, banalmente, da estrema destra; e soprattutto, Meloni ne fa parte e ha lì i suoi amici, anche se da noi preferisce parlare al podcast di Diletta Leotta.