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Perché Valditara sulla scuola sbaglia due volte

In principio fu il solito Salvini. Ora il Ministro dell’Istruzione gli va dietro, proponendo “una maggioranza di italiani” nelle classi. Anche se la realtà ci racconta un’altra storia, che il governo finge strumentalmente di non vedere

Perché Valditara sulla scuola sbaglia due volte

Il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara

Foto: Ivan Romano/Getty Images

In teoria, il Ministro dell’Istruzione Valditara voleva solo sposare la linea di Salvini, che è andato in bestia dopo aver saputo che a Pioltello, Milano, una scuola sarebbe rimasta chiusa per il ramadan, vista la presenza massiccia di studenti musulmani. L’anno scorso, per dire, nello stesso periodo il tasso di assenteismo era stato giocoforza altissimo, e allora meglio evitare. Oltraggio. Poi si sa che la Lega è brava a semplificare problemi complessi (problemi che poi, magari, non sono neanche tali) e ridurre tutto a slogan, per cui sarebbe bastato un «prima gli italiani» come quello, solito, del Capo. «Non credo che in nessun Paese islamico chiudano per la Santa Pasqua o per il Santo Natale», aveva detto, invocando la sua personale Babele scolastica («Se hai tanti bambini che parlano lingue diverse e non parlano l’italiano è un caos»). Tutto facile, per una volta.

Invece Valditara, su X, ha volato più in alto, probabilmente conscio di rappresentare il Ministero di riferimento, e per prendere le distanza nei toni da Salvini ha scritto così: «Se si è d’accordo che gli stranieri si assimilino sui valori fondamentali iscritti nella Costituzione ciò avverrà più facilmente se nelle classi la maggioranza sarà di italiani, se studieranno in modo potenziato l’italiano laddove già non lo conoscano bene, se nelle scuole si insegni approfonditamente la storia, la letteratura, l’arte, la musica italiana, se i genitori saranno coinvolti pure loro nell’apprendimento della lingua e della cultura italiana e se non vivranno in comunità separate. È in questa direzione che noi intendiamo muoverci».

Una roba, insomma, contorta e sgrammaticata, che si sbertuccia da sola, un mix tra il burocratese dei verbali delle forze dell’ordine, i discorsi senza capo né coda di Trapattoni (che erano un’arte a sé) e il «batti lei!» («si insegni»…) di Fantozzi. Nel dubbio, si parla del Ministro dell’Istruzione che difende il valore della lingua italiana, per cui il meme è fatto, sui social chiunque glielo sta facendo notare (tra cui l’opposizione, vabbè), oggi c’è Propaganda Live e Zoro e compagnia ci costruiranno mezza puntata.

Ma torniamo seri per un attimo. È di campagna elettorale che si sta parlando: ciò che è successo a Pioltello è concesso dalla legge, ogni scuola può chiudere per le feste che ritiene opportune, purché a fine anno abbia adempiuto a tutte le ore d’insegnamento stabilite. In più, una legge che fissa un rapporto massimo «consigliato» per quanto riguarda la presenza di studenti «non madrelingua» in aula esiste già, è del 2008 e porta la firma di Gelmini. Lì la soglia è del 30%. Ora Salvini vorrebbe abbassarla al 20%.

Ecco, è una mossa contro-intuitiva, come sottolinea tra gli altri il Corriere della Sera, spiegando che ci sono zone d’Italia – Lombardia su tutte, appunto – in cui la percentuale di stranieri (cioè ragazzi di seconda generazione che non possono ancora avere la cittadinanza italiana perché la ottengono a 18 anni, o immigrati) è giocoforza altissima, e anzi sta salvando le scuole dall’inverno demografico che alla lunga potrebbe investirle. Tradotto: troppe aule e professori per troppi pochi alunni con la cittadinanza italiana dalla nascita. Per cui, ci sono posti dove non è semplicemente possibile ragionare così.

È anche vero che, per quanto riguarda gli immigrati, le difficoltà di lingua ci sono e lo confermano i dati delle prove Invalsi, ma gli insegnanti d’italiano per stranieri – figure cioè volute da una legge, un’altra, otto anni fa – «restano rari come panda», dice sempre il Corriere. Le soluzioni, insomma, ci sarebbero, è che vengono applicate poco e male. E di certo, non rispondono alla filosofia senza ganci con la realtà e demagogica di Salvini, anche perché c’è da considerare che diverse famiglie stanno togliendo i loro figli dalle scuole con alte percentuali di stranieri. La strategia di Valditara, che sostituisce il termine «integrazione» con «assimilazione», resta invece più nebulosa.

Ma tant’è. L’aforisma di Umberto Eco sui social è ormai trito arrivati a questo punto, ma è vero che adottare una comunicazione più decentrata e con meno filtri come quella che molti politici portano avanti su X e compagnia ci fa vedere la loro vera faccia, senza il controllo di chi di dovere (il podcast cult Non hanno un amico, di Luca Bizzarri, nasce da questo). E quindi, Sangiuliano che da Ministro della Cultura consiglia ogni giorno un libro diverso, viene da sé senza leggerli. O Valditara che, per difendere il buon italiano nelle scuole, s’incarta in perifrasi del genere. A volte non bastano dati o leggi già esistenti, che dicono che un tetto del genere ai non madrelingua ha poco senso: ci pensano loro per primi, a smentirsi.

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