Perché il ban di CasaPound da Facebook è una buona notizia | Rolling Stone Italia
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Perché il ban di CasaPound da Facebook è una buona notizia

Nonostante il segretario Simone Di Stefano parli di "sputo alla democrazia", la decisione del colosso americano è giusta e non ha niente a che vedere con la libertà d'espressione. Il problema, semmai, è che per combattere l'odio online abbiamo aspettato l'intervento di Zuckerberg

Perché il ban di CasaPound da Facebook è una buona notizia

Un corteo di CasaPound

Foto: IPA

“Le persone e le organizzazioni che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono non trovano posto su Facebook e Instagram. Candidati e partiti politici, così come tutti gli individui e le organizzazioni presenti su Facebook e Instagram, devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia. Gli account che abbiamo rimosso oggi violano questa policy e non potranno più essere presenti su Facebook o Instagram”.

Eccolo qui, in tutto il suo splendore grammaticale, il comunicato con cui Facebook ha cancellato dai propri social le pagine di CasaPound e Forza Nuova, nonché quelle dei loro principali esponenti e affiliati. Siamo di fronte ad una delle più affascinanti manifestazioni antifasciste contemporanee che, con un colpo di scena esemplare, ha ridotto l’acqua per i rubinetti dell’odio social italiano. Il colosso americano ha finalmente fatto rispettare il proprio regolamento che, per quanto possa non piacere ai nostri non-amici neofascisti, vieta diffusione d’odio e incitamenti razziali. Oltretutto, ci piace ricordare ai nostri non-amici neofascisti che proprio loro hanno aderito e accettato quel regolamento iscrivendosi alle piattaforme: ma chi siamo noi per ricordargli che ci sono delle regole da rispettare come, ad esempio, il reato di apologia di fascismo presente nella nostra costituzione?

L’azione compiuta dall’azienda di Zuckerberg è onesta e giusta. Che dir ne vogliano. Ed è incredibilmente interessante, quanto comico, sentire gli esponenti di CasaPound trincerarsi dietro dichiarazioni funamboliche come quelle del segretario Simone Di Stefano che ha definito questa scelta uno sputo in faccia alla democrazia. Sì, sì, sì, l’ha detto davvero il segretario di CasaPound. Questo mi ha ricordato un passaggio di Contro il fanatismo dello scrittore israeliano Amos Oz: “Il più delle volte il fanatismo riesce a contare solo fino a uno, perché due è un’entità troppo grande per lui”.

Corrado Formigli, in un intervento con Matteo Salvini, diceva: “quelli di CasaPound sono fascisti, ma non lo dico con offesa, perché loro lo rivendicano con orgoglio, se ad uno di CasaPound dico fascista, lui mi risponde grazie”. Ecco, io invece lo utilizzo con molta meno (per non dir nulla) comprensione, perché il fascismo è disprezzabile, o ancor meglio, è da disprezzare sempre e comunque. E qualcuno doveva iniziare ad interferire con questo generatore implacabile di odio sociale e razzismo. In quella stessa intervista, che trovate su YouTube, trovate anche un più giovane Salvini alle prese con iperboliche perifrasi pur di non pronunciare mai l’espressione sono antifascista. Era un periodo dove scendeva in piazza al fianco di CasaPound, un po’ come è successo ieri fuori da Montecitorio. Il nero va sempre di moda, pare.

'Lei è antifascista?' E Salvini non risponde...

Arriverà anche il momento di Salvini e Meloni? Nella prossima puntata magari?

Il fascismo è una brutta bestia e il fascista è una brutta bestia con le mani grosse e la cinghia in mano che ti scrive in privato che vuole dartele di santa ragione ogni qual volta parli male del fascismo (a volte lo fanno anche i grillini, ma solitamente sono meno prestanti fisicamente). Dai saluti romani della protesta di ieri fuori da Montecitorio a quelli in centro a Milano dei tifosi laziali con tanto di striscione esplicativo “Onore a Benito Mussolini” (sia mai che il saluto fosse di per sé poco esplicativo), dalla minimizzazione del 25 aprile dell’allora Ministro dell’interno Salvini alla Meloni redneck che riporta in auge il concetto di “matrimoni misti” (Calenda commentò questa dichiarazione con un’espressione magnifica: “Cosa sei la versione burina del KKK?”), forse il limite era stato un pochino pochino superato, che dite? Riportare ordine e pace contro odio e razzismo era dunque doveroso. Che poi l’abbia fatto una multinazionale travestita per l’occasione da Resistenza ha quasi del miracoloso e dell’insensato; sembra una puntata della serie Silicon Valley. Quindi sì, Zuckerberg è incredibilmente passato dalla parte dei buoni per cinque minuti della sua vita. Zucky è stato un po’ il nostro Batman, un ricco miliardario annoiato che nel tempo libero si veste male e prova a salvare il mondo. Altre volte, invece, fa solo un casino mostruoso e distrugge i palazzi della sua stessa città. A noi ci è andata di culo. Ma a proposito di culo, devono sempre venire gli americani a salvarcelo dai fasci?

Ogni volta che scrivo un articolo contro i fascisti, non posso fare a meno di utilizzare satira e ironia per i motivi che potete facilmente comprendere (voi amici antifascisti, non voi non-amici neofascisti, voi non capireste). E ogni qualvolta mi torna in mente un passaggio di Manhattan di Woody Allen in cui, ad una festa di gala in smoking, il personaggio di Allen cita una notizia per cui i nazisti stanno preparando una marcia in New Jersey, affermando che sarebbe il caso di affrontarli con mattoni e mazze da baseball. Uno degli invitati commenta parlando di un articolo satirico sulla prima pagina del Times che li distruggeva. Allen continua a perseverare sull’idea di uno scontro fisico, mentre un’altra invitata sostiene che la forza corrosiva della satira è sempre meglio della forza fisica. Allen, a quest’ultima dichiarazione, conclude con la sua solita e tangibile ironia: “È difficile satireggiare un tizio con le svastiche addosso”.

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