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Perché Amazon è stata multata dall’Antitrust

L’azienda di Bezos falserebbe il mercato discriminando i venditori che non utilizzano i suoi servizi di logistica. E per questo dovrà pagare una multa da oltre un miliardo di euro

PHILIPPE LOPEZ/AFP via Getty Image

Negli ultimi anni il dibattito relativo allo strapotere delle grandi aziende tecnologiche ha vissuto un salto di qualità: secondo diversi analisti, grazie all’impiego di diverse strategie – istituzione di cartelli, sedi in paesi con legislazioni fiscali vantaggiose, informazioni fuorvianti sull’impiego commerciale dei dati – questi attori economici sarebbero in grado di falsare il mercato, ponendosi in una condizione di supremazia così marcata che, di fatto, gli consentirebbe di istituire regimi di semi-monopolio nei propri settori di competenza.

Un dibattito che, in alcuni casi, è sfociato in azioni di contrasto concrete. Come accaduto questo giovedì, quando l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) – l’authority che si occupa di regolamentare e limitare la concentrazione del potere economico nelle mani di una o più aziende – ha multato una serie di società che fanno capo ad Amazon per un miliardo e 128 milioni di euro per violazione dell’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, che disciplina gli accordi anticoncorrenziali.

In particolare, il colosso di Beacon Hill è finito nel mirino dell’Antitrust italiana con l’accusa di “abuso di posizione dominante”, una pratica che si concretizza nel momento in cui un’azienda detiene una potenza economica talmente sproporzionata da essere in grado di impedire – o ostacolare – una concorrenza effettiva sul mercato. 

Secondo l’AGCM, la posizione dominante di Amazon sarebbe da ricollegare a diversi fattori. In primo luogo, l’azienda avrebbe favorito il proprio servizio di logistica, denominato FBA (Fulfillment by Amazon), danneggiando i competitor attivi nel settore delle spedizioni e penalizzando i venditori che non utilizzano i suoi depositi e corrieri.

Nel comunicato con cui ha reso pubbliche le sanzioni, l’AGCM ha infatti fatto sapere che “le società hanno legato all’utilizzo del servizio Logistica di Amazon l’accesso a un insieme di vantaggi essenziali per ottenere visibilità e migliori prospettive di vendite su Amazon”. Tra questi “vantaggi” rientra soprattutto l’etichetta Prime, che consente di partecipare agli eventi speciali gestiti da Amazon (come ad esempio Black Friday, Cyber Monday e Prime Day) e di aumentare la probabilità che il prodotto che il venditore ha posizionato sul marketplace venga selezionato come “Offerta in Vetrina” – e, di conseguenza, che possa comparire nella cosiddetta “Buy Box”.

In parole povere, come ha spiegato Luca Bianco sull’Huffpost, il cosiddetto “Algoritmo A9” – quello che personalizza i nostri risultati di ricerca quando entriamo su Amazon.it – discriminerebbe i prodotti posizionati sul marketplace da quei venditori che impiegano servizi diversi da FBA, penalizzando gli operatori che scelgono di non affidarsi alla logistica di Amazon.

L’Antitrust non ha imposto ad Amazon soltanto il pagamento delle sanzioni, ma anche alcune nuove norme comportamentali da seguire, che saranno sorvegliate da un organo di monitoraggio istituito ad hoc. Nello specifico, Amazon dovrà garantire “ogni privilegio di vendita e visibilità” a tutti i venditori “che sappiano rispettare standard equi e non discriminatori” sulle proprie vendite, “in linea con il livello di servizio che Amazon intende garantire ai consumatori Prime”. La richiesta è, di fatto, quella di rendere possibile l’acquisizione dell’etichetta Prime anche a quei venditori che, pur non usufruendo di FBA, si dimostrino in grado di garantire un servizio logistico di qualità ricorrendo a fornitori esterni. Per agevolare la liberalizzazione dell’etichetta, la compagnia dovrà anche definire e pubblicare gli standard richiesti per l’acquisizione dell’etichetta prima; inoltre, per almeno un anno, non potrà negoziare tariffe e altre condizioni contrattuali con altri operatori dei trasporti.

La compagnia di Jeff Bezos ha ovviamente palesato la propria insoddisfazione per le accuse ricevute, dichiarando di trovarsi “in profondo disaccordo con la decisione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato” e di voler presentare ricorso. “La sanzione e gli obblighi imposti sono ingiustificati e sproporzionati”, dato che “più della metà di tutte le vendite annuali su Amazon in Italia sono generate da piccole e medie imprese, e il loro successo è al centro del nostro modello economico. Le piccole e medie imprese hanno molteplici canali per vendere i loro prodotti sia online che offline: Amazon è solo una di queste opzioni. Investiamo costantemente per sostenere la crescita delle 18mila piccole e medie imprese italiane che vendono su Amazon e forniamo molteplici strumenti ai nostri partner di vendita, anche a quelli che gestiscono autonomamente le spedizioni”.

Non è la prima volta che Amazon finisce nel mirino dell’Antitrust: a novembre, la società di Bezos e Apple sono state sanzionate per un accordo restrittivo, siglato nel 2018, che discriminava i rivenditori ufficiali e non ufficiali di prodotti Apple e Beats, impedendogli di operare sul marketplace Amazon.it.

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