Nell'estremo oriente russo ci sono grandi proteste contro Putin | Rolling Stone Italia
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Nell’estremo oriente russo ci sono grandi proteste contro Putin

L'arresto di Sergei Furgal, governatore della regione di Khabarovsk, ha causato una serie di grandi proteste che sembrano segnalare una crescente insoddisfazione nei confronti del Cremlino

Nell’estremo oriente russo ci sono grandi proteste contro Putin

Foto via Twitter

Da quando il 9 luglio scorso Sergei Furgal, governatore della regione di Khabarovsk – una regione enorme e spopolata nell’estremo oriente russo – è stato arrestato con l’accusa di essere coinvolto in alcuni omicidi avvenuti 15 anni prima, in Russia si è visto qualcosa che non si vede spesso: manifestazioni di protesta. Putin ha deciso di rimpiazzare Furgal come governatore della regione ma ad oggi, tre settimane dopo, le proteste non si fermano e anzi sono diventate anche più intense: secondo alcuni analisti, si tratta del primo segnale di crisi per il presidente russo, al potere ormai da vent’anni. 

Prelevato dalla polizia mentre si trovava in auto vicino a casa, Furgal – che fa parte del Partito liberal-democratico, un movimento di opposizione – si trova in carcere a Mosca con l’accusa, che lui nega, di essere coinvolto in alcuni omicidi avvenuti tra il 2004 e il 2005. Fin da subito il suo arresto ha mobilitato migliaia di persone, convinte della sua innocenza e che chiedevano che venisse processato a Khabarovsk e non a Mosca. Quando poi Putin ha deciso di sostituirlo con un altro governatore, Mikhail Degtyaryov, anche lui del Partito liberal-democratico, le proteste sono aumentate prendendo di mira il presidente russo. Finora Putin non si è espresso direttamente sulle proteste. Secondo il Financial Times, il suo obiettivo è lasciare che la situazione si calmi da sè. 

L’arresto di Furgal arriva poco dopo il referendum sulle modifiche alla Costituzione russa, tenuto lo scorso 1 luglio, che ha abolito il vincolo del doppio mandato consecutivo permettendo a Putin di restare al potere fino al 2036. Il referendum ha visto il sì vincere con oltre il 75 percento dei voti, ma le proteste potrebbero sono un chiaro segnale di insoddisfazione nei confronti del governo e del presidente, soprattutto nelle zone più remote del Paese.