Nella Russia di Putin, l'arte femminista è pornografia | Rolling Stone Italia
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Nella Russia di Putin, l’arte femminista è pornografia

Dopo essere stata denunciata più volte per "propaganda gay", adesso l’artista russa Yulia Tsvetkova rischia fino a sei anni di carcere con l'accusa di "diffusione di pornografia" per aver pubblicato online dei disegni di vagine

Nella Russia di Putin, l’arte femminista è pornografia

Yulia Tsvetkova e uno dei disegni per cui è accusata di "diffusione di pornografia"

In collegamento Skype con Rolling Stone da Komsomolsk-on-Amur, 11 ore di fuso orario di differenza con l’Italia, Yulia Tsvetkova stringe il suo gatto Money. Come soldi? “Sì, proprio così”, dice l’artista e coreografa 27enne. Ci si aspetterebbe tutt’altro nome per il proprio felino domestico, ma l’appellativo è utilizzato in questo caso al posto giusto. Nel 2020 Tsetkova ha ricevuto tre denunce amministrative con l’accusa di “diffusione di propaganda gay”, per la pubblicazione di un disegno di famiglie omogenitoriali e lo slogan La famiglia è dove c’è amore. Sostieni le famiglie Lgbt!. Queste illustrazioni sono costate l’equivalente 620 euro per denuncia. L’artista ha pagato ma ora è la sua libertà ad essere minacciata. L’8 febbraio 2021 il sostituto procuratore della regione di Khabarovsk (8000 chilometri a est di Mosca), ha confermato l’accusa di “diffusione di pornografia”, riferita ai disegni pubblicati da Tsvetkova nel 2018 sulla pagina “Vagina Monologues” del social media russo VKontakte.

“Se con l’accusa di propaganda ho perso soldi, con l’accusa di distribuzione di pornografia rischio di perdere fino a sei anni della mia libertà”, afferma l’artista. Il 4 marzo 2021 Human Rights Watch ha rivolto al Procuratore generale della federazione russa un appello per far cadere le accuse: “L’espressione artistica che raffigura il corpo femminile con il chiaro obiettivo di celebrare la bellezza dell’anatomia femminile non è e non dovrebbe essere considerata pornografia dalla legge russa”, dice la lettera dell’associazione internazionale per la difesa dei diritti umani. Tsvetkova ha pubblicato anche una serie di disegni incriminati chiamata “Una donna non è una bambola”, che comprende illustrazioni accompagnate come “Le vere donne sono anche grasse, ed è normale”, o “Le vere donne hanno le rughe e i capelli grigi, ed è normale”. Lunedì 8 marzo, nella giornata internazionale dei diritti delle donne, a San Pietroburgo un gruppo di attiviste ha protestato chiedendo la libertà per l’attivista di Komsomolsk-on-Amur, riporta il giornale online Meduza.

“È iniziato tutto tre anni fa”, racconta l’attivista, “da quasi due anni sono sotto inchiesta”. Nel novembre 2019 Tsvetkova è stata obbligata a firmare una dichiarazione scritta che la obbligava a non lasciare la sua città di residenza. Qualche settimana dopo Tsvetkova veniva messa agli arresti domiciliari, una condizione durata fino a marzo 2020. “Nell’ultimo anno e mezzo mi è sempre stato detto ‘Il processo inizierà tra un mese’. Le cause legali in Russia funzionano così: entro due mesi si deve portare a termine un’indagine e decidere se proseguire con il processo. Nel mio caso, hanno prolungato più volte questa indagine che riguardava la pubblicazione di 5 o 6 disegni. Usano esperti, studi, immagini. Per la quarta volta hanno detto che sono colpevole di distribuire pornografia”. La storia si ripete: “Il procuratore ora dice che supporta le accuse e che il caso andrà a processo entro un mese”.

In collegamento, quando parliamo delle accuse e del possibile processo, Tsvetkova sembra visibilmente provata dai fatti degli ultimi due anni. Prima di finire sotto pubblica accusa, oltre all’attività di artista, Tsvetkova aveva fondato un teatro per bambini e si occupava di promuovere l’educazione sessuale nelle scuole della sua città. “Adesso non posso più lavorare con i bambini, perché sarei una minaccia. Sto lavorando sui miei progetti, in collaborazione con altri artisti. Ma quello che stavo costruendo da anni è stato distrutto dalle accuse della polizia”.  

L’attivista, denunciata tre volte per “distribuzione di propaganda gay”, ci ha spiegato come funziona la legge contro la propaganda gay, in vigore in Russia dal 2013, e definita omofoba e discriminatoria dalle organizzazioni internazionali a difesa dei diritti umani. “Come funziona nella pratica? deve essere detto da alcune persone in particolare, ed è sufficiente dire che essere LGBT non è peggio di avere un altro orientamento sessuale. Ci sono tante iniziative LGBT in tutta la Russia, perché la Russia è un Paese omofobi ma ci sono molte persone LGBT che combattono questa omofobia. Penso di essere stata la prima persona giudicata colpevole sulla base di questa norma negli ultimi due anni. Ma la cosa peggiore è che questa legge criminalizza le persone omosessuali nella testa delle persone”, spiega l’attivista.

In Europa la giornata sta per cominciare, nell’estremo est della Russia sono già le 21. Prima di salutarla parliamo con l’artista della sua arte, la forma espressiva che ha creato anche il suo attivismo. A 17 anni Tsvetkova si è trasferita a Mosca, dove ha studiato danza moderna, e poi a Londra per studiare regia e sceneggiatura alla London Film School. Risale a 7 anni fa il ritorno nella sua città natale, Komsomolsk-on-Amur. Non le manca il senso dell’umorismo, quando risponde alla domanda “Qual è la tua corrente artistica preferita?”. “Se andassi in prigione e dovessi scegliere un solo libro da leggere per i prossimi sei anni sarebbe un libro sull’arte etnica e tribale”.

“È quasi impossibile avere speranze per il futuro se non conosci il tuo futuro. È quello che tutti hanno capito con la pandemia e il coronavirus. Non ho speranze anche se il mio sogno è che quello che sta succedendo a me adesso, non sia sprecato. Voglio che il mio Paese cambia e voglio fare il possibile per contribuire. Renderla più diversa, più tollerante, più accettabile”, afferma l’artista. Il Moscow Times ha nominato Yulia Tsvetkova tra le donne simbolo del 2021. L’artista nell’aprile 2020 ha vinto la Freedom of expression awards fellowship della ONG Index for censorship. Non si sa se le accuse di “distribuzione di materiale pornografico”, confermate dal procuratore per la quarta volta, porteranno all’apertura di un processo.