Questo weekend, in Giordania sono state arrestate circa 20 persone accusate di star preparando un colpo di stato contro il re Abdullah II. Tra queste c’è anche Hamzah bin Hussein, ex principe ereditario e fratellastro del re, che tramite il suo avvocato ha diffuso un video in cui dice di essere stato messo agli arresti domiciliari.
Per quanto se ne sa ora, l’esercito giordano avrebbe scoperto un piano – sostenuto da una non meglio precisata “forza straniera” – per rimuovere dal potere il re, in cui erano coinvolti Hamzah bin Hussein, diversi membri delle forze di sicurezza, leader tribali e politici.
Ufficialmente, Hamzah bin Hussein non è stato arrestato ma gli stato solo chiesto di “interrompere ogni movimento o attività che potrebbe essere usato per danneggiare la stabilità della Giordania”. Ma nel video da lui diffuso dice di essere ai domiciliari, senza poter incontrare nessuno. Il video stesso sarebbe stato diffuso tramite una connessione satellitare, prima che gliela togliessero.
L’arresto di Hamzah bin Hussein è un evento rilevante. Figlio di re Hussain di Giordania, era considerato il suo figlio prediletto. Ma alla morte di Hussein, nel 1999, era ancor troppo giovane per diventare re e così il padre aveva deciso di incoronare il suo primogenito Abdullah, nominando Hamzah principe ereditario. Nel 2004, Abdullah ha però tolto il titolo di principe ereditario ad Hamzah per darlo a suo figlio Hussein.
Nonostante questo, Hamzah è un personaggio importante della casa reale e della politica giordana. Ha coltivato la sua immagine di figlio prediletto del molto amato re Hussein ed espressione di continuità, adottando un modo di vestire simile e stringendo rapporti con i capi tribali giordani.
Per questo motivo e per la mancanza di informazioni precise sul tipo di “complotto” che sarebbe stato scoperto, ci sono dubbi che quello che è successo in Giordania nel weekend sia stato un vero colpo di stato fallito. Nel suo video, Hamzah dice di essere accusato di aver partecipato a conversazioni in cui venivano criticate la monarchia e il governo giordani e denuncia la distanza tra popolo e istituzioni, la repressione e l’assenza di libertà nel Paese: “Anche criticare un aspetto minore di una legge può portare all’arresto e siamo arrivati al punto in cui nessuno può parlare o esprimere un’opinione senza essere bullizzato, arrestato o minacciato”.
È quindi anche possibile che si sia trattato di una purga interna al governo e alla famiglia reale giordana. Intanto, dopo la notizia degli arresti, diversi Paesi della regione come Egitto e Arabia Saudita e anche altri Paesi partner storici della Giordania come gli Stati Uniti hanno espresso sostegno a re Abdullah.