“Meglio legale che criminale” – perché il referendum sulla cannabis è anche una lotta alla mafia | Rolling Stone Italia
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“Meglio legale che criminale” – perché il referendum sulla cannabis è anche una lotta alla mafia

Il successo del referendum dimostra che sui diritti civili la società è più avanti della politica - e che vuole affrontare il problema della droga e della criminalità organizzata una volta per tutte

“Meglio legale che criminale” – perché il referendum sulla cannabis è anche una lotta alla mafia

Una manifestazione per la legalizzazione nel 2020. Foto di Andrea Ronchini/NurPhoto via Getty Images

Il 28 ottobre gli esponenti della campagna “Meglio legale”, i Radicali italiani e l’associazione Luca Coscioni hanno consegnato 630 mila firme di cittadini favorevoli al referendum sulla legalizzazione della cannabis in Corte di Cassazione. Il quesito vorrebbe aprire anche un dibattito sulla visione dello Stato sulla cannabis e riflettere sugli aspetti fallimentari del contrasto statale alla droga e alla criminalità organizzata. 

Con il referendum abrogativo si chiede ai cittadini l’abrogazione parziale o totale di una legge. Il quesito proposto dal comitato promotore “Cannabis legale” – che dovrà passare ora il vaglio della Corte di Cassazione entro il 30 novembre 2021 e della Corte Costituzionale entro febbraio 2022 – interviene sul Testo Unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope approvato nel 1990. In Italia i consumatori di cannabis sono circa sei milioni, 22 milioni nell’Unione Europea.

Il referendum si propone di depenalizzare la condotta di coltivazione, eliminare la pena detentiva per qualsiasi condotta illecita relativa alla cannabis – con eccezione dell’associazione finalizzata al traffico illecito e allo spaccio –  e abrogare la sospensione della patente per detenzione di sostanze stupefacenti. Il paradosso dell’attuale normativa è la sanzione anche se il soggetto non si trova alla guida di un’auto o di un motorino. Il proibizionismo totale sul consumo di cannabis – utilizzata per uso ricreativo e non terapeutico – ha aumentato l’interesse della criminalità organizzata per questo mercato nero. Secondo la relazione della Direzione investigativa antimafia, le mafie in Italia hanno guadagnato 6,5 miliardi di euro dallo spaccio di cannabis, che resta la sostanza più sequestrata con un dato costantemente superiore al 70%. 

Il narcotraffico è una delle attività più redditizie della criminalità organizzata. Questo perché mette a disposizione una grande liquidità, cioè di riciclare il denaro per acquistare attività legali: alberghi, bar, farmacie”, spiega Antonella Soldo portavoce e project manager di Meglio legale. “La guerra alla droga oggi in Italia si fa con strumenti non adeguati all’obiettivo. La droga sul dark web non viene nemmeno rintracciata. Se utilizziamo mezzi e risorse in questo modo non riusciamo a perseguire reati più pesanti e droghe pesanti.”

Questo quadro è confermato dalla Direzione centrale antidroga, che nella sua relazione 2021 afferma il narcotraffico è “il principale motore di tutte le attività̀ illecite svolte dai grandi sodalizi criminali”. I sequestri di marijuana, hashish e piante di cannabis sono più di 12mila, per la cocaina si fermano a 7762. Il 23,02% del totale denunciati all’Autorità Giudiziaria per reati concernenti gli stupefacenti appartiene alla fascia compresa tra i 25 e i 29 anni, il 22,28% a quella compresa tra i 20 e i 24 anni e il 19,28% a quella compresa tra i 30 e i 34 anni. I minorenni rappresentano il 1,85% del totale dei denunciati a livello nazionale.  La maggior parte delle denunce è relativa a reati che c’entrano con la cannabis.

In Italia spesso non è possibile portare il discorso sulle droghe leggere (e sulle droghe in generale) a un livello di dialogo razionale, che parli anche del coinvolgimento delle mafie nel traffico e nello spaccio. Soprattutto in politica. Il referendum sulla cannabis ha già una schiera di avversari, che hanno annunciato battaglia per polarizzare il dibattito e affossare la proposta di modifica alla legge sulle sostanze stupefacenti. Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha fatto sapere che “nel giorno in cui avviene il deposito delle firme per la presentazione del referendum per la legalizzazione della cannabis, FdI è disponibile a mettere a disposizione tutta la sua struttura, se la Corte costituzionale dovesse accogliere la richiesta, per organizzare il comitato per il no”.

Mercoledì mattina, in commissione Affari costituzionali, Lega e Fratelli d’Italia hanno tentato di invalidare le firme raccolte con un emendamento, che avrebbe annullato la proroga alla raccolta firme concessa dal governo. L’iniziativa è stata respinta con i voti di Pd, Movimento 5 Stelle, + Europa. “Quello che risponderemo”, afferma la coordinatrice di Meglio Legale “è che le leggi difese da Gasparri, Giovanardi, Meloni non hanno ottenuto gli obiettivi dichiarati: la sicurezza pubblica e la salute pubblica. Ragazzini che comprano droga non sicura, spacciatori e pusher per strada, carceri piene di persone tossicodipendenti. Miliardi di investimenti e migliaia di uomini e mezzi con questo approccio non hanno funzionato. Dobbiamo sbattere la testa contro il muro sperando che il muro si rompa? Questa è una riforma complessa che va spiegata ai cittadini. È anche un atto di responsabilità da parte di chi governa”.

Una delle argomentazioni utilizzate dai contrari alla “liberalizzazione” dell’uso della cannabis, è la volontà di aprire le porte alla produzione di droghe pesanti, come la cocaina. L’obiettivo dichiarato dai promotori del referendum è invece la volontà di separare i mercati, quello delle droghe leggere da quelle pesanti. Per i sostenitori del no alla liberalizzazione delle droghe leggere sostengono anche che la cannabis sia il punto di partenza per il consumo di droghe pesanti. Per Antonella Soldo è una tesi che non trova conferma scientifica, anzi il “passaggio” sarebbe un comportamento favorito dal mercato nero della cannabis:  “L’unica droga di passaggio oggi è il proibizionismo. Se si va da uno spacciatore per cercare cannabis e poi si accede ad altre droghe, quello facilita e promuove un passaggio. Dal punto di vista scientifico, la letteratura più recente esclude che la dipendenza da una sostanza come la cannabis porti a una dipendenza verso altre sostanze, perché agiscono in modo diverso sull’organismo”.

Sui diritti e le battaglie civili, la società ha una visione più avanzata della politica. Come ha dimostrato la parabola del ddl Zan, bocciato in Senato ma promosso da un sondaggio commissionato da Repubblica a Demos:  il 62% degli italiani approva la legge contro l’omobitransfobia, mentre l’opposizione è espressa dal 24% degli intervistati. Il sondaggio condotto da Swg su 1200 persone maggiorenni per Meglio Legale, ha rilevato che il 58% degli italiani sarebbe favorevole alla legalizzazione della cannabis. Le differenze tra i partiti sono evidenti anche se il margine dei favorevoli tra i due schieramenti non è siderale, come osserva Soldo: “Tra il 70% e l’ 80% dell’elettorato di Pd e 5 Stelle. Anche l’elettorato Lega-Fdi  ha rivelato che il 40% er cento è favorevole. Questo sondaggio rileva anche che più le persone sono informate, più sono a favore”. E una delle motivazioni principali per la legalizzazione espresse dagli intervistati è proprio l’obiettivo di togliere mercato e potere alla criminalità organizzata.