Fino a poche settimane fa, Zebulon Simentov viveva in una vecchia sinagoga a Kabul. Ci aveva passato tutta la vita, attraverso decenni di guerra nel corso dei quali la comunità ebraica dell’Afghanistan si era a poco a poco ridotta di numero, finché non era rimasto solo lui: l’unico ebreo in tutto il Paese. Adesso, con la conquista talebana dell’Afghanistan lo scorso agosto, anche lui ha deciso di andarsene.
Come riporta il Guardian, a dare l’annuncio è stato Moti Kahana, un uomo d’affari israeliano-americano che ne ha organizzato l’evacuazione. Simentov, 62 anni, è stato trasportato “in un Paese vicino” insieme a 29 persone che abitavano vicino a lui. Secondo Kahana, Simentov non era particolarmente preoccupato dal governo Talebano – ha infatti vissuto in Afghanistan nel primo periodo in cui i Talebani sono stati al potere, negli anni Novanta – ma aveva paura di poter essere preso di mira dall’ISKP, lo Stato Islamico in Afghanistan, gruppo ancora più radicale dei Talebani autore dell’attentato all’aeroporto di Kabul qualche settimana fa.
Così, anche per le pressioni dei suoi vicini, Simentov ha deciso di partire. L’evacuazione è stata trasmessa dalla tv israeliana Kan, che ha mostrato un autobus diretto fuori dall’Afghanistan con a bordo Simentov e altre persone. Adesso le autorità americane e israeliane si occuperano di trovare una casa per l’ultimo ebreo dell’Afghanistan, la cui famiglia – la moglie da cui si è separato e i figli – vive già da anni in Israele.
In un’intervista concessa all’Associated Press nel 2009, Simentov aveva raccontato la storia del declino della comunità ebraica dell’Afghanistan, i cui ultimi membri erano scappati dopo l’intervento militare sovietico del 1979.
In un’altra intervista più recente, Simentov aveva raccontato la storia della sua convivenza forzata con l’unico altro ebreo dell’Afghanistan, Isaak Levi, con cui non andava d’accordo, durante gli anni del governo talebano: a un certo punto i due si erano accusati a vicenda ed entrambi erano stati arrestati dai Talebani, che avevano confiscato gli antichi rotoli della Torah della sinagoga, andati poi perduti nell’invasione americana. Levi era morto nel 2005 e Simentov aveva detto di esserne stato contento.
Secondo i giornalisti che sono andati a trovarlo negli anni, Simentov passava le giornate a bere whisky e guardare la tv. Si guadagnava da vivere gestendo un kebab e arrotondava facendosi pagare profumatamente per essere intervistato in qualità di ultimo ebreo dell’Afghanistan.