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L’Italia avrà il suo primo LGBT+ History Month

Le manifestazioni e gli eventi del primo “Mese della storia LGBT+ italiana” si terranno ad aprile con una serie di iniziative diffuse in tutta Italia, con l’obiettivo di combattere stigmi e pregiudizi

L’Italia avrà il suo primo LGBT+ History Month

Foto di Sirio Tessitore/NurPhoto via Getty

La divulgazione della storia comune come punto di partenza per un dialogo sull’identità, i diritti conquistati e le battaglie a venire per la comunità LGBT+ italiana. Ad aprile partirà il primo LGBT+ History month, un’iniziativa diffusa con eventi – almeno 175 adesioni mentre scriviamo – che coinvolgono realtà eterogenee.

Tutte le iniziative saranno pubblicate sulla pagina Instagram e sul sito ufficiale del progetto. L’apertura del mese dedicato alla storia LGBT+ sarà inaugurata da una diretta Facebook il 30 marzo, dalle ore 19.00. La chiusura è invece prevista il 30 aprile, a Torino, con la collaborazione del Lovers film festival insieme a Vladimir Luxuria.

Chiara Beccalossi – professoressa associata alla University of Lincoln, dove si occupa di Storia della sessualità e della medicina nell’800 e nel ‘900 – è nel team che ha ideato l’iniziativa, con Luca Locati Luciani, Alessio Ponzio, Oscar Silvi Bertolissi e Federica Folino Gallo: «Abbiamo ricevuto adesioni da storici e storiche del mondo accademico, che non necessariamente appartengono alla comunità, molte associazioni LGBT, librerie e organizzazioni femministe. Ci sono molte organizzazioni collegate ad accademici e librerie locali. Molte realtà stanno lavorando insieme, un sacco di colleghi all’estero sono stati chiamati per partecipare. Sono convintissima che la società italiana sarà un passo avanti alla politica».

L’affossamento del ddl Zan in Senato, lo scorso ottobre, ha cancellato la possibilità di istituire in Italia la Giornata internazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, prevista il 17 maggio in tutto il mondo.

Sensibilizzare contro i pregiudizi e le discriminazioni non è una priorità dei parlamentari italiani – in particolare quelli di destra – che hanno essi stessi seminato in aula pregiudizi con affermazioni del tenore di Licia Ronzulli, senatrice di Forza Italia: «Se volete imporre ai bambini di tre anni le teorie gender fluid siamo qui per impedirlo. Non lo voteremo mai».

Viene in mente Maude Flanders, ma la politica italiana non è purtroppo un cartone animato. L’atteggiamento isterico, omofobo e pregiudizievole del Parlamento si riflette ampiamente nella riluttanza (avamposto dell’omofobia?) a voler parlare ai più giovani di sessualità e in particolare minoranze sessuali, anche nel caso della storia LGBT+: «Lo stiamo vedendo sul campo, c’è un po’ di ritrosia soprattutto da parte delle scuole secondarie e dei licei. All’estero, sia in Inghilterra che negli Stati Uniti, l’iniziativa è sempre partita dagli insegnanti», commenta Locati Luciani, che ha creato il primo archivio queer pubblico e accessibile in Italia. «In Italia a livello legislativo l’omosessualità è decriminalizzata da fine ‘800, ma a livello sociale è ancora stigmatizzata, ci sono una serie di situazioni in cui sembriamo cittadini di serie A – vedi le Unioni civili – e invece siamo cittadini di serie B. Il problema è che la storia della sessualità e del genere in Italia non viene insegnata come avviene nel mondo anglosassone. Dovremmo puntare a insegnare di più, raccontare la storia del genere e della sessualità anche ai ragazzi e alle ragazze più giovani, in modo tale che capiscano che non sono soli, che hanno il diritto di vivere la loro vita e dal punto vista della sessualità e del genere», aggiunge Ponzio, professore di Storia moderna europea e Storia del genere e della sessualità all’Università di Saskatchewan, in Canada.

In altri Paesi, soprattutto anglosassoni, è stato più semplice organizzare una riflessione divulgativa sulla storia della comunità LGBT+, che ha avuto poi ricadute positive sulla società, come spiega Beccalossi nel caso del Regno Unito. La ragione di questo ritardo italiano è storica e sociale: si tratterebbe, secondo Beccalossi, di un gap dovuto all’esistenza pregressa, nel mondo anglosassone, di «iniziative celebrative delle minoranze emarginate come nel caso dell’Hispanic, Black e Women history month negli Stati Uniti».

A questo si aggiunge la peculiarità dell’Italia: «Nella mia esperienza con i paesi anglosassoni ho avuto la possibilità di educarmi e formarmi, mi hanno aiutato a capire come il genere, il sesso e la sessualità sono costruzioni sociali che dipendono dal tempo e dallo spazio. Cosa che è molto difficile fare in Italia. È quello che Maya De Leo insegna all’Università di Torino, l’unico corso di storia dell’ omosessualità in Italia. Ma non basta», commenta Ponzio.

Nel Regno Unito, la storia della comunità LGBT+ si celebra a febbraio, a ottobre negli Stati Uniti. In Italia, aprile non è una scelta casuale: «Nell’aprile del 1972 c’è stata una protesta, organizzata dal Fuori!. È stato il coming out del movimento italiano. Quest’anno tra l’altro si celebrano i cinquant’anni di questa protesta», spiega Locati Luciani. Il riferimento è alla prima manifestazione pubblica organizzata dalla comunità gay e lesbica italiana a Sanremo il 5 aprile 1972, dove si tenne cinquant’anni fa il Congresso internazionale sulle devianze sessuali dal Centro Italiano di Sessuologia. La protesta contro l’organizzazione di ispirazione cattolica ebbe grande risonanza mediatica e ha segnato l’inizio delle battaglie del movimento omosessuale italiano.