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L’algoritmo di Instagram ha un problema con i contenuti complottisti e novax

Un nuovo studio ha scoperto che se segui account complottisti Instagram ti proporrà altri account complottisti, anche di diverso tipo, creando un circolo vizioso inquietante

Mateusz Slodkowski/SOPA Images/LightRocket via Getty Images

Nell’ultimo anno, piattaforme social come Facebook e Twitter hanno fatto sforzi – pubblicizzandoli molto – per impedire la proliferazione della disinformazione sul Covid-19 e delle teorie del complotto. Eppure secondo un nuovo studio del Center for Countering Digital Hate, che analizza come corrono le notizie false sui social, c’è almeno una piattaforma dove questi sforzi sono falliti: Instagram.

Secondo Imran Ahmed, CEO del’organizzazione, lo studio è stato condotto dopo che nell’agosto 2020 Instagram ha lanciato una nuova funzione, i “post suggeriti”, che compaiono quando gli utenti visualizzano tutti i post del loro feed. Gli autori dello studio si sono chiesti come mai l’azienda abbia deciso di introdurre una funzione del genere proprio in mezzo a una pandemia che causa un proliferare della disinformazione sui social. Ed erano molto interessati a studiare Instagram, che secondo Ahmed è la piattaforma dove questa disinformazione è più in crescita, “portata da una nuova ondata di influencer che hanno riempito lo spazio novax creato dalla pandemia di Covid-19”. 

Per condurre lo studio, che è durato da settembre a novembre 2020, gli autori hanno creato 15 profili Instagram. Alcuni di questi seguivano account novax, influencer di wellness e qanonisti (seguaci della teoria del complotto secondo cui l’ex presidente americano Trump starebbe lottando contro un gruppo di pedofili satanisti che controllano il mondo). Altri profili seguivano solo autorità sanitarie verificate come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, mentre un terzo gruppo seguiva un mix di profili di entrambi i tempi – dall’OMS ai novax.

I ricercatori hanno scoperto che al gruppo di profili che seguivano solo autorità sanitarie riconosciute Instagram non proponeva disinformazione nei post suggeriti, nei profili da seguire e nella sezione esplora. Cosa che invece avveniva per entrambi gli altri gruppi: sia quelli che seguivano solo novax, sia quelli che seguivano sia novax che autorità sanitarie riconosciute. Inoltre, l’algoritmo di Instagram favoriva la contaminazione: a chi seguiva account novax, ad esempio, venivano proposti account complottisti di QAnon o teorie del complotto antisemite, e viceversa.

“L’algoritmo riconosce che se l’utente crede in una teoria del complotto sarà anche molto suscettibile ad altre. È un fenomeno ben noto nella psicologia sociale del complottismo: è causato da un forte sentimento di insicurezza, ma le teorie del complotto non saziano quest’insicurezza e così la gente è spinta ad approfondirle sempre di più”, spiega Ahmed. “Quello che vediamo è che l’algoritmo di Instagram incoraggia la gente ad addentrarsi il più possibile nel complottismo e nella disinformazione”.

Secondo Ahmed, i risultati dello studio confermano gli eventi che abbiamo visto il 6 gennaio con l’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti. Anche in quel caso c’è stata una convergenza tra vari gruppi estremisti di diverso tipo. “Il 6 gennaio c’erano i suprematisti bianchi e i novax nello stesso posto. Cosa li univa?” si chiede. “Quello che vediamo ora è che l’algoritmo sta causando l’unione di gruppi radicali molto diversi tra loro, ed è un fenomeno molto potente”.

Facebook, proprietario di Instagram, non ha risposto a una richiesta di commento da parte di Rolling Stone riguardo allo studio. Ma in una dichiarazione rilasciata alla NPR, un rappresentante della società ha attaccato la metodologia usata dagli autori, parlando di “cinque mesi e un campione limitato ad appena 104 post” e dicendo che lo studio non tiene conto “dei 12 milioni di contenuti disinformativi collegati ai vaccini e al Covid-19 che abbiamo rimosso da Facebook e da Instagram dall’inizio della pandemia”.

Ahmed risponde a questa critica facendo notare che la grande maggioranza degli account complottisti e novax sono ancora a piede libero sulla piattaforma. Se vogliono rispondere ai risultati dello studio e ad altre analisi degli effetti della disinformazione sui social, dice, Instagram e Facebook dovrebbero rimuovere dalle loro piattaforme gli account di alcuni tra i più famosi diffusori di fake news novax. Le piattaforme dovrebbero inoltre adottare una maggiore “trasparenza algoritmica”, in particolare per le autorità legislative preoccupate per la diffusione della disinformazione. Ma non è ottimista riguardo al fatto che lo faccaino. Alla fine, afferma, “si tratta di aziende amorali a cui piacciono i profitti, anche quelli che arrivano dalla disinformazione e dai complottisti”.

Questo articolo è apparso originariamente su Rolling Stone US

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