«L’aborto non è un diritto». Il convegno della Lega alla Camera | Rolling Stone Italia
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«L’aborto non è un diritto». Il convegno della Lega alla Camera

Certe posizioni a destra le sapevamo, ma ora vengono “ufficializzate” a Montecitorio: «Anche nei casi più tragici, come quelli di stupro, non è mai giusto». Tutto vero. Ecco cosa è successo

«L’aborto non è un diritto». Il convegno della Lega alla Camera

Maria Alessandra Varone durante il convegno su aborto ed eutanasia alla Camera

Foto da Instagram Maria Alessandra Varone

Contrordine, signori: «L’aborto non è un diritto». Ma come? Lo dice un convegno organizzato dalla Lega e andato in scena ieri addirittura alla Camera dei Deputati, a Montecitorio. Non è una novità che al governo ci siano esponenti ostili alla legge 194, quella che sancisce il diritto all’interruzione di gravidanza, come tra l’altro avevano testimoniato, lo scorso anno, varie uscite di Eugenia Roccella, Ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità. Lei, però, si era fermata un attimo prima: «L’aborto è un diritto… purtroppo». Stavolta non lo proprio è, anzi. «Anche nei casi più tragici, come quelli di stupro, non è mai giusto». Tutto vero, scritto nero su bianco nel depliant sull’incontro circolato ieri nella sala conferenze della Camera, come riporta oggi Repubblica.

Il punto del convegno è stata proprio la messa in discussione della stessa legge 194, che in Italia è in vigore dal 1978, che nel 1981 era stata confermata con un largo consenso popolare (quasi il 90%) in un referendum abrogativo e che perfino Giorgia Meloni ha più volte ribadito di non voler toccare. Ma a destra non tutti la pensano così: perché quella, da ieri, «non è una legge necessariamente morale». A ribadirlo sono stati i due ospiti del dibattito (che poi un vero dibattito non era, com’è ovvio, perché entrambi d’accordo sulla questione), cioè Marco Malaguti – bolognese nato nel 1988 che, dice di sé, «si occupa da anni del tema della rivalutazione del nichilismo e della grande filosofia romantica tedesca» ed è «articolista e blogger presso varie testate di area sovranista» – e Maria Alessandra Varone, classe 1998 e dottoranda in Filosofia all’università di Roma Tre. Tra i suoi scritti, una «breve critica filosofica all’aborto e all’eutanasia». Si trova sul sito del Centro Studi Machiavelli, a cui appartengono entrambi e che ha organizzato la conferenza. Il centro è considerato tra i think tank di riferimento della destra, e tra i suoi pensatori c’è il Ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara. Lo slogan: «Diamo idee all’Italia sovrana».

In ogni caso è stato decisivo il benestare della Lega, in particolare attraverso il lavoro del deputato Simone Billi, salviniano di ferro che tra le altre cose ha prenotato la sala. Anche lui collabora con il Centro Studi Machiavelli, e sempre sentito da Repubblica ha detto di «supportare l’iniziativa». Ieri non era presente a causa di «un impegno a Strasburgo», dov’è membro della Commissione Esteri, però si scusa molto: insomma, c’era con il cuore.

Chiaramente niente si fa per niente, e il fulcro del convegno è stato la presentazione della rivista del centro, Biopoetica. Dove, appunto, si leggono affermazioni come quella per cui l’aborto «non è un diritto inalienabile», al massimo «una soluzione pratica». Che con all’eutanasia (perché vanno a coppia), secondo i relatori, rappresenterebbero l’anticamera di «anarchia e anomia», in un futuro prossimo «simile all’Inferno faustiano». Che costituisce «un uso improprio della libertà e della responsabilità», una «degenerazione del ruolo materno». E che qualora si decida di avere un rapporto sessuale «è necessario accettare le conseguenze». E poi: «Questo contributo intende confutare l’idea che l’aborto e l’eutanasia siano diritti legalmente accettabili o moralmente giustificabili», perché «i diritti del padre sono del tutto esclusi» e questo è «sbagliato sotto ogni aspetto».

Postilla sulla violenza sessuale: ebbene, pure «nei casi più tragici, nei dilemmi morali più strazianti, come quelli di stupro, l’aborto non è mai giusto», perché costituisce un diritto solo «in senso lato, quanto può esserlo quello di uccidere, di rubare, di ferire». Tutto questo, s’intende, in una delle sedi della democrazia del nostro Paese, su invito esplicito di uno dei partiti di governo.

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