La vera storia dietro l'articolo di Repubblica sulla contessa "prigioniera" a Portofino | Rolling Stone Italia
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La vera storia dietro l’articolo di Repubblica sulla contessa “prigioniera” a Portofino

Un articolo che sembrava strillare "non hanno pane? Che mangino brioche!" e ci ha fatto fare polemica anche a Pasqua

La vera storia dietro l’articolo di Repubblica sulla contessa “prigioniera” a Portofino

La polemichetta da social di ieri, giorno di Pasqua, è stata gentilmente offerta da Repubblica, che in un momento in cui il Paese attraversa una prolungata emergenza sanitaria e moltissime persone sono in condizioni di difficoltà economica e/o di stress mentale, pensa bene di pubblicare un’intervista a tale Antonella Camerana, presentata come una “villeggiante” nella seconda casa di Portofino, “in fuga dalla tristezza” ma che si sente “prigioniera”.

Comprensibilmente la foto dell’articolo fa il giro dei social. E si scopre poi che Antonella Camerana non è solo Antonella Camerana ma è Antonella Carnelli de Micheli Camerana, contessa e parte di una dinastia familiare azionista di Exor-Fca. Insomma, in ballo c’è anche un titolo nobiliare e legami con la proprietà del quotidiano stesso, per il mood “non hanno pane? Che mangino brioche!” dell’articolo ne risulta amplificato. 

Con che faccia – è questa in sintesi la domanda retorica che fa scoppiare la polemica – la contessa dice di sentirsi prigioniera a Portofino mentre c’è chi sta passando Pasqua da solo in 50 metri quadri?

Solo che, come si scopre, quel “prigioniera” non è mai stato pronunciato. Il titolo dello scandalo è l’ennesimo virgolettato inventato da Repubblica, ormai una tradizione italiana. La contessa Camerana spiegava di sentirsi triste per la “calma innaturale” di Portofino. Diceva di preferire Portofino in momenti normali, con i bar aperti e gli amici in giro. Diceva che vedere Portofino vuota “è molto deprimente”. Raccontava le sue giornate: “mi alzo, non vado nemmeno in piazzetta, sto con la mia famiglia, magari vedo un’amica”. Ma insomma, non diceva di sentirsi prigioniera. 

Certo, si può discutere comunque del buon gusto di pubblicare un articolo del genere in un momento come questo. Ma come al solito bisognerebbe prendersela con Repubblica, che ci ha abituato a cose come questa.