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La prima conferenza stampa dei Talebani e il volto del nuovo Afghanistan

Dobbiamo credere alle promesse dei Talebani di rispettare le donne e alla loro nuova immagine di moderati?

Ieri il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ha tenuto la prima conferenza stampa ufficiale del gruppo dopo la conquista di Kabul e dell’Afghanistan tutto – un evento molto atteso perchè avrebbe risposto alla grande domanda che tutti, governi e giornalisti occidentali in testa, si stanno ponendo: i Talebani sono cambiati in questi 20 anni? E come governeranno?

La conferenza stampa, che è consisita in un breve discorso e in una serie di domande dei giornalisti a cui il portavoce del gruppo ha risposto, è stata un chiaro tentativo dei Talebani di presentarsi come moderati agli occhi della comunità internazionale. Si è parlato di diversi temi, dal rapporto con al-Qaeda ai diritti delle donne, alla libertà di stampa e la censura.

Tra i punti più importanti, c’è stata la promessa che gli afghani che hanno collaborato con gli americani e gli altri Paesi stranieri delle forze di occupazione non verranno perseguitati. Una promessa rilevante dato che in questo momento all’aeroporto internazionale di Kabul, ancora sotto controllo di truppe americane, sta andando in scena la drammatica evacuazione degli occidentali dal Paese, con migliaia di afghani loro collaboratori che cercano di imbarcarsi senza successo sui voli militari che li portano fuori dal Paese. Secondo il loro portavoce i Talebani hanno “perdonato tutti quelli che hanno combattuto” contro di loro e vogliono che “l’Afghanistan non sia più terreno di battaglia e di conflitto”. “Non vogliamo che i giovani che sono cresciuti qui se ne vadano. Sono una risorsa. Nessuno sarà interrogato o perseguito”, ha detto.

Un altro tema centrale di cui si è parlato è quello dei diritti delle donne, minacciati dalla riconquista del Paese da parte dei Talebani. Sul tema il portavoce dei Talebani ha detto che “gli afghani hanno diritto di avere le proprie regole” secondo i loro principi religiosi, ma ha aggiunto che “abbiamo l’intenzione di rispettare i diritti delle donne sotto il sistema della sharia. Le donne lavoreranno spalla a spalla con noi. Vogliamo rassicurare la comunità internazionale che non ci saranno discriminazioni”. Ha poi detto che alle donne sarà permesso di lavorare e studiare.

Il portavoce dei Talebani ha anche aperto all’attività dei media, specificando che potranno continuare a lavorare e che potranno criticare il nuovo governo ma a condizione di non contraddirne i principi religiosi, non essere faziosi e non mettere in pericolo la sicurezza nazionale. “I media non dovrebbero lavorare contro di noi. Dovrebbero lavorare per l’unità del Paese”, ha detto.

Anche per quanto riguarda i rapporti con al-Qaeda, la cui presenza in Afghanistan ospite dei Talebani era stata il pretesto per l’invasione americana nel 2001, sono arrivate rassicurazioni. “Il territorio dell’Afghanistan non sarà usato contro nessuno”, ha detto il portavoce dei Talebani, “possiamo assicurare questo alla comunità internazionale”.

Ovviamente, non è automatico che a queste parole apparentemente moderate corrispondano i fatti. Tanto per cominciare, con la rapida conquista talebana dell’Afghanistan i giornalisti locali e stranieri si sono riversati a Kabul, che ora è praticamente l’unica parte del Paese da cui ci arrivano notizie: non sappiamo se alla moderazione mostrata dai Talebani finora nella capitale corrisponda un comportamento simile anche nelle province. In secondo luogo, è lecito dubitare delle promesse del gruppo vista la sua storia – ad esempio di quelle fatte per quanto riguarda i diritti delle donne, a cui l’ultima volta che i Talebani hanno governato l’Afghanistan era vietato studiare ed entrare in contatto con qualsiasi uomo che non fosse il marito o un parente. Lo stesso vale per i rapporti con al-Qaeda, che esiste ancora in Afghanistan, e che ha ancora rapporti stretti con i Talebani.

Per tutti questi motivi, almeno per ora, le promesse dei Talebani e la loro immagine di moderati dicono di più di come il gruppo vuole apparire di fronte all’opinione pubblica internazionale e ai governi dei Paesi della regione – Cina in primis – che non di quello che sarà dell’Afghanistan.

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