La migliore atleta americana non andrà alle Olimpiadi perché si è fatta una canna | Rolling Stone Italia
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La migliore atleta americana non andrà alle Olimpiadi perché si è fatta una canna

Sha’Carri Richardson, velocista e tra le favorite per la medaglia d'oro nei 100 metri alle Olimpiadi di Tokyo, è stata trovata positiva alla marijuana, che conta come doping

La migliore atleta americana non andrà alle Olimpiadi perché si è fatta una canna

Patrick Smith/Getty Images

Sha’Carri Richardson, la velocista americana considerata una tra le favorite per la vittoria della medaglia d’oro nei 100 metri alle Olimpiadi di Tokyo, non potrà partecipare alla gara. L’agenzia anti-doping degli Stati Uniti ha infatti annunciato ieri che Richardson è risultata positiva alla cannabis, cosa che invalidato la sua vittoria nelle qualificazioni di qualche settimana fa e infranto le sue speranze di partecipare alle Olimpiadi. 

La notizia è un colpo devastante per il team olimpico statunitense, e molti si sono chiesti perché una delle migliori atlete americane non possa partecipare alla gara più prestigiosa del suo sport perché ha fatto una cosa innocua come fumare una canna – tra l’altro in Oregon, dove la marijuana è legale. 

Richardson, che ha 21 anni, sarebbe dovuta essere una delle rivelazioni delle Olimpiadi di Tokyo. Il mese scorso ha vinto le qualificazioni in Oregon, in un modo che ha spinto molti a paragonarla a Florence Griffith Joyner, l’atleta americana che alle Olimpiadi di Seoul nel 1988 ha vinto la medaglia d’oro e stabilito un record del mondo ancora oggi imbattuto. 

Lo scorso maggio, durante una gara in Florida, Richardson ha fatto il sesto tempo più veloce mai registrato: 10,72. In Oregon, quando si è qualificata alle Olimpiadi, ha fatto 10.86. Nel primo caso aveva i capelli blu, nel secondo arancioni: ha detto alla stampa che si colora i capelli “per essere sicura che la gente mi veda”.

Dopo essere stata la stella della squadra di atletica dell’università della Louisiana, Richardson è diventata una professionista e viste le sue recenti performance era considerata tra le favorite per la vittoria della medaglia d’oro a Tokyo. Se l’avessi vinta, sarebbe stata la prima donna americana a riuscirci dal 1996.

La prima conseguenza della positività di Richardson alla marijuana è l’annullamento dela sua vittoria nelle qualificazioni olimpiche del mese scorso, il che vuol dire che non potrà partecipare ai 100 metri alle Olimpiadi di Tokyo. Non alle Olimpiadi in generale, però: L’agenzia anti-doping degli Stati Uniti ha annunciato che Richardson ha accettato una sospensione di un mese dallo sport, retrodatata al 28 giugno. Gli eventi di atletica a Tokyo cominciano il 30 luglio, il che vuol dire che Richardson potrebbe partecipare alla staffetta 4×100 metri. Il team statunitense può sellezionare fino a sei atleti per questa gara: quattro posti sono automaticamente riservati ai migliori atleti sui 100 metri piani, ma Richardson potrebbe essere scelta per uno degli altri due. 

Non è chiaro però se Richardson verrà scelta. Quando le hanno fanno una domanda al riguardo si è detta felice della possibilità, ma ha anche detto di volersi concentrare su se stessa.

Ma perché la marijuana dovrebbe impedire a Richardson di gareggiare alle Olimpiadi. Secondo l’Agenzia mondiale anti-doping, “tutti i cannabinoidi naturali e sintetici” sono proibiti. Ciò include “la cannabis (hashish, marijuana) e i prodotti a base di cannabis”. L’Agenzia anti-doping degli Stati Uniti e il Comitato olimpico statunitense hanno entrambi firmato il codice dell’Agenzia mondiale anti-doping e quindi accettato questo regolamento. 

Come fa notare il New York Times, la cannabis è vietata solo durante “il periodo delle competizioni” che dura dalle 11.59 del giorno prima di una gara fino alla conclusione della stessa. Il THC può rimanere nel corpo di una persona per settimane dopo l’uso, ma dopo le Olimpiadi di Londra del 2012 i regolatori hanno aumentato la soglia di positività da 15 a 150 nanogrammi di THC per millilitro in modo da far sì che i test rilevassero solo l’uso durante il periodo delle competizioni e non quello precedente. 

Pare che Richardson abbia consumato la marijuana durante le gare dello scorso giugno. Dopo che ha vinto la finale dei 100 metri il 19 giugno, ha detto ai giornalisti che la sua madre biologica era morta “la settimana scorsa”. Richardson ha poi detto al Today show di aver usato la marijuana dopo aver ricevuto la notizia della morte di sua madre. 

Storicamente, le Olimpiadi hanno visto un sacco di problemi con atleti e droghe. Il caso più famoso è quello di Ben Johnson, lo sprinter canadese che aveva fatto il record del mondo sui 100 metri e che aveva vinto l’oro a Seoul nel 1988, ma che poi si è visto revocare la medaglia per essere risultato positivo a droghe che migliorano le performance atletiche. I problemi di doping esistono ancora oggi. Christian Coleman, il corridore statunitense e attuale campione del mondo nei 100 metri maschili, sta scontando una sospensione di due anni per non essersi presentato a un test anti-doping e non potrà partecipare alle Olimpiadi.

Il punto è che le autorità anti-doping nel mondo dell’atletica sono giustamente molto attente alla questione. E seccondo loro la cannabis è una droga che ti aiuta a fare meglio in gara. 

Nello spiegare i motivi della presenza della cannabis nella lista delle sostanze proibite, un paper pubblicato dall’Autorità anti-doping mondiale nel 2011 fa notare che la cannabis può essere usata per migliorare le performance. “Sulla base degli studi attuali su uomini e animali e sulla base di interviste con atleti e informazioni raccolte sul campo, la cannabis può migliorare le performance di certi atleti in certe discipline sportive”, si legge nel paper. 

Si può discutere di cosa voglia dire “migliorare le performance”. Uno studio del 2018 del Clinical Journal of Sport Medicine non ha trovato “alcuna prova di uso della cannabis come sostanza dopante” ma alcuni atleti non sono d’accordo. Ross Rebegliat, snowboarder canadese che ha vinto il primo evento ufficiale di snowboard nel 1998 solo per essere poi squalificato temporaneamente quando è risultato positivo a un test per la cannabis, pensa che la sostanza non dovrebbe essere vietata ma che può effettivamente essere usata per migliorare le performance, allo stesso modo in cui possono farlo tante scelte degli atleti. “I vestiti che indossi, gli sci che scegli, ad esempio, migliorano le performance”.

La cannabis aumenta i livelli di dopamina nel cervello e ha proprietà anti-infiammatorie. La cultura del consumo di cannabis negli sport d’élite sta certamente cambiando. Secondo uno studio dell’American Academy of Addiction Psychiatry, nel 2016, la marijuana era la seconda droga più usata tra gli atleti dopo l’alcol. Secondo uno studio del Clinical Journal of Sport Medicine, a usarla di più erano gli atleti che praticavano sport “ad alto rischio” e sempre più atleti la usavano per il dolore. Lo stesso studio raccomandava ulteriore ricerca nei potenziali benefici della cannabis in tali contesti.

Ma come ha reagito Richardson alla notizia dellla sua positività al test? Poco dopo l’annuncio ufficiale, è apparsa al Today show e ha detto “voglio prendermi la responsabilità delle mie azioni. Sono cosa ho fatto. So cosa dovrei fare. So cosa non posso fare. E l’ho fatto lo stesso”. 

Spiegando la sua decisione, Richardson ha citato la morte della sua madre biologica avvenuta mentre si trovava in Oregon a correre le qualificazioni alle Olimpiadi. “Mi ha decisamente sconvolta”, ha detto, “mi ha fatta precipitare in uno stato di panico, sapendo che sarei dovuta comunque andare a correre per realizzare il mio sogno, per competere. Ero accecata dalle emozioni, dalla tristezza, dalla sofferenza, e sapevo di non potermi nascondere. Ho cercato di nascondere il mio dolore”. Ha detto che la pressione di dover competere per andare alle Olimpiadi, la pandemia, e la morte della madre l’hanno messa sotto stress spingendola ad assumere cannabis. 

Questo articolo è apparso originariamente su Rolling Stone US