La lobby di Paesi inquinanti che sta cercando di affossare la Cop26 | Rolling Stone Italia
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La lobby di Paesi inquinanti che sta cercando di affossare la Cop26

A pochi giorni dall'apertura della conferenza sul clima, un'inchiesta di Greenpeace e BBC News ha scoperto che alcuni Paesi – produttori di carne e di petrolio – stanno lavorando nell'ombra per sabotare gli sforzi contro il cambiamento climatico

La lobby di Paesi inquinanti che sta cercando di affossare la Cop26

MIGUEL MEDINA/AFP via Getty Images

Mancano pochi giorni all’avvio dei lavori della Cop26 di Glasgow del 2 novembre, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a cui prenderanno parte più di 190 leader mondiali e che, quest’anno, sarà presieduta dal Regno Unito. Un appuntamento di importanza cruciale per accelerare un processo di de-carbonizzazione che procede ancora a rilento e che, però, è stato anticipato da un retroscena che, negli ultimi giorni, ha fatto parecchio discutere. 

Greenpeace UK ha infatti offerto uno dei più clamorosi scoop degli ultimi anni ai giornalisti della BBC, la televisione pubblica britannica, condividendo con i giornalisti dell’emittente più di 32mila osservazioni trasmesse da governi, aziende e altre parti interessate, al team di scienziati che compila il rapporto sul clima e propone raccomandazioni. 

In particolare, l’analisi dei documenti (che sono stati sviscerati da Unearthed, la piattaforma investigativa di Greenpeace UK) ha dimostrato che alcuni Paesi – tra cui Russia, Brasile, Argentina, Australia, Giappone, Arabia Saudita e altri Stati membri dell’Opec, l’organizzazione dei produttori di petrolio – starebbero cercando di “annacquare” il prossimo rapporto dell’IPCC, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico nato nel 1988, vincitore del premio Nobel per la Pace nel 2007. 

L’obiettivo di questa lobby di paesi inquinanti sarebbe quello di esercitare pressione per arrivare a depennare (o, comunque, indebolire in maniera significativa) la parte conclusiva dell’indagine dell’IPCC, ossia quella che ribadisce il principio cardine enucleato dall’Accordo di Parigi del 2015, che ha sancito l’impegno delle parti a mantenere l’aumento della temperatura mondiale al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali attraverso una drastica diminuzione delle emissioni di gas serra. Un’indagine che, secondo Unearthed, “offre una visione unica delle posizioni adottate da alcune nazioni lontano dall’occhio pubblico”. 

Secondo BBC News, i documenti trapelati mostrano un incessante attività di pressione da parte di queste nazioni, che viene attuata secondo diverse modalità, ad esempio chiedendo di ammorbidire la posizione dell’IPCC su tecnologie come la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS) da parte di Arabia Saudita, Cina, Australia, Giappone, Norvegia e Opec.

In Italia, a occuparsi della faccenda è stata soprattutto la giornalista ambientale Stella Levantesi che, sulle pagine de il manifesto, ha rivelato alcuni aspetti concreti dell’attività di lobbying di questi paesi: ad esempio, stando ai documenti analizzati, un consigliere del ministero del petrolio saudita avrebbe chiesto che “frasi come ‘la necessità di azioni di mitigazione urgenti e accelerate…’ siano eliminate dal rapporto”. L’Arabia Saudita, inoltre, avrebbe fatto pressione sul team di ricercatori dell’IPCC chiedendo di cancellare la conclusione secondo la quale “il focus degli sforzi di decarbonizzazione nel settore dei sistemi energetici deve essere il passaggio rapido a fonti a zero carbonio e l’eliminazione attiva dei combustibili fossili”.

Inoltre, le carte visionate puntano il dito anche contro l’industria della carne: “Il Brasile e l’Argentina, due dei più grandi produttori di prodotti a base di carne e di colture per gli allevamenti intensivi, si oppongono alle prove del rapporto secondo cui la riduzione del consumo di carne è necessaria per ridurre le emissioni di gas serra”.

Da questo punto di vista, il Brasile di Bolsonaro rappresenta il centro propulsore dell’attività di lobbying: secondo Greenpeace Uk il presidente brasiliano – già sotto accusa per aver incentivato una deforestazione senza freni che ha funestato le popolazioni indigene e che sta preparando un tour in Italia – vorrebbe “impedire all’IPCC di fare collegamenti diretti tra il consumo di carne e il riscaldamento globale”.

Delle preoccupazioni condivise anche dallo lo scienziato climatico Simon Lewis, dell’University College di Londra, secondo cui questi documenti mostrano le tattiche che alcuni paesi sono disposti ad adottare per ostacolare e ritardare il taglio delle emissioni di CO2” ha detto ad Unearthed “alla vigilia dei cruciali colloqui Cop26, è necessario far sapere al pubblico cosa questi governi stanno facendo dietro le quinte”.