La legge è uguale per tutti? Non su Facebook | Rolling Stone Italia
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La legge è uguale per tutti? Non su Facebook

Il "Wall Street Journal" rivela l’esistenza di un programma di protezione rafforzata per una élite di personaggi famosi contro le segnalazioni di massa, ma che lascia spazio a qualche abuso

La legge è uguale per tutti? Non su Facebook

Nella realtà la legge è uguale per tutti, o almeno dovrebbe. Non è sicuramente così su Facebook, nonostante quello che ha sempre dichiarato il suo fondatore, Mark Zuckerberg. Esisterebbe, infatti, un’élite segreta esentata dai consueti parametri.

Lo ha rivelato il Wall Street Journal che ha pubblicato alcuni documenti aziendali nei quali viene descritto il programma XCheck – ovvero: controllo incrociato – che avrebbe un occhio di riguardo verso circa 6 milioni di celebrità in tutto il mondo alle quali riserva un trattamento speciale. In questo modo, la piattaforma di condivisione più diffusa al mondo cerca di tutelarsi, visto che in passato alcuni utenti famosi e seguitissimi si erano visti bloccare il profilo a causa delle migliaia di segnalazioni. 

Un rischio che con XCheck non viene più corso, perché post, foto o video pubblicati dal personaggio che fa parte di questa cerchia ristretta viene inviato a uno specifico team di moderatori che, pur cercando di far rispettare le regole, evitano di bloccare il profilo se le segnalazioni sono frutto di una campagna coordinata. Da quel che è emerso, questa squadra di “super-esperti” finora ha effettivamente bloccato solamente il 10% dei contenuti analizzati per reali violazioni delle policy di Facebook.

Non sempre, però, il team sembra aver operato in modo esente da critiche. Emblematico, per esempio, il caso del calciatore brasiliano Neymar, che nel 2019 ha pubblicato foto di nudo della ragazza che lo aveva accusato di stupro. Una palese violazione delle regole di Facebook che, quella volta, non aveva portato alla rimozione del post se non dopo alcune ore – post che, alla fine, era stato visto da ben 56 milioni di persone.

Dopo le rivelazioni del Wall Street Journal, il responsabile della comunicazione delle politiche interne di Facebook, Andy Stone, con un tweet ha dovuto ammettere l’esistenza del programma, ma ci ha tenuto a precisare che un annuncio sulla piattaforma del 2018 spiegava l’avvio di un “sistema di controlli incrociati per offrire un ulteriore livello di revisione agli utenti di alto profilo”.

In quel caso il sistema non era ancora denominato XCheck e probabilmente nessuno comprese la reale portata della novità. Ma che la “legge” su Facebook non fosse poi così democratica lo si era già intuito con la sospensione del profilo di Donald Trump: giusto o meno che fosse, era stata una decisione sovrana di Facebook, senza nessun consulto con l’autorità giudiziaria.