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La Guerra Fredda è tornata nello spazio?

Il 12 luglio, l'Agenzia spaziale europea ha dichiarato di aver interrotto tutti i progetti di collaborazione che aveva con il programma russo Roscosmos: la politica terrestre si sta ancora una volta riflettendo al di fuori dei confini del nostro Pianeta?

La Guerra Fredda è tornata nello spazio?

Foto di Nicolas Economou/NurPhoto

Era il 23 marzo 1983 quando il presidente americano Ronald Reagan dichiarò, in un discorso alla nazione, che fosse necessario realizzare uno scudo balistico spaziale per proteggere gli Stati Uniti da eventuali attacchi russi. In quello che passò alla storia come il “discorso delle guerre stellari”, Reagan innalzò il livello della Guerra Fredda varie migliaia di km sopra la sua testa, dichiarando di fatto che le regole che valevano per la Terra, valevano anche per lo spazio.

Dopo quasi 40 anni, la situazione sembra riproporsi. Fortunatamente non c’è più la minaccia di una guerra nucleare tra le due superpotenze, ma la politica terrena, terrestre, si sta ancora una volta riflettendo al di fuori dei confini del nostro pianeta.

Lo scorso 12 luglio infatti, ESA, l’agenzia spaziale europea, ha dichiarato di aver interrotto tutti i progetti di collaborazione che aveva con il programma russo Roscosmos.

In particolare, la partnership riguardava il progetto ExoMars2022, seconda parte di una missione iniziata nel 2016 per l’esplorazione del pianeta rosso tramite una sonda progettata assieme, con l’obiettivo di trovare tracce biologiche di qualsiasi tipo. «Il Consiglio mi ha incaricato di porre ufficialmente fine alla cooperazione attualmente sospesa con Roscosmos», ha dichiarato il Direttore Generale di ESA Josef Aschbacher. La missione congiunta verrà dunque lasciata a metà, a causa dell’invasione dell’Ucraina, un atto criminoso e condannato a ragione dall’UE e da tutto il mondo occidentale, ma avvenuto in un posto che dista 254 milioni di km dal suolo marziano.

La domanda che sorge spontanea è strana, ma lecita: come funziona la giurisdizione nello spazio? A partire dagli anni ’60, diversi legislatori hanno sentito la necessità di stabilire una serie di regole per quelli che sono definiti “spazi extra-atmosferici”, inclusa la Luna e altri corpi celesti. Erano anni particolari, perché la corsa allo spazio metteva contro Stati Uniti e Unione Sovietica, in uno scontro scientifico che da una parte ha garantito una crescita verticale del progresso tecnologico, ma che dall’altra, almeno nell’ottica di chi non sapeva come sarebbe andata a finire, causava preoccupazioni circa un paventato rischio di guerra al di fuori dei confini della Terra.

Il primo, e più importante trattato in questo senso è del 1967: in 17 articoli pone le basi del nuovo diritto internazionale dello spazio. I principi cardine sanciscono che l’uso dello spazio sia portato avanti nell’interesse di tutti i paesi e vietano alle nazioni di rivendicare la proprietà sulle risorse e sui singoli corpi celesti. Vengono inoltre vietati l’uso di qualunque arma di distruzione di massa e la costruzione di basi militari spaziali, nell’ottica della creazione di un’oasi di pace all’esterno dell’atmosfera.
Questo trattato però riguarda uno scenario di competizione tra le nazioni, non un quadro come quello odierno, in cui le agenzie spaziali di tutto il mondo collaborano e, soprattutto, condividono un unico spazio comune: la gigantesca Stazione Spaziale Internazionale.

L’ISS è uno dei progetti più ambiziosi mai messi a punto dall’essere umano: lanciata a novembre 1998, ospita gli astronauti americani, canadesi, russi, giapponesi, ed europei. Ovviamente non è una versione spaziale della casa del Grande Fratello: su ISS l’equipaggio si allena e lavora a progetti come lo studio del ritmo cardiaco in assenza di gravità o sugli effetti dei raggi cosmici sul sistema nervoso.

Il tempo di utilizzo non è comune a tutti: è infatti diviso in percentuale in base ai moduli che compongono la struttura, in modo tale che l’agenzia che ha contribuito maggiormente alla costruzione di quel modulo possa usufruirne di più rispetto agli altri.
Le frizioni tra il mondo occidentale e la Russia però, ora aprono una fase di difficile convivenza anche a bordo di ISS: la Stazione Spaziale Internazionale, un’oasi di multiculturalità al di fuori della nostra atmosfera, è programmata per rimanere attiva a pieno regime fino al 2024, per poi essere gradualmente smantellata entro il 2028.

Ora però prende corpo un’altra ipotesi. La NASA ha infatti avviato negli scorsi anni un lento processo di privatizzazione della struttura, che potrebbe garantire alla Stazione altri anni di sopravvivenza, ma a esclusivo uso americano. In uno scenario del genere, con un nuovo clima ostile tra oriente e occidente, la Russia sarebbe del tutto tagliata fuori.

Rimanendo allo stop di ExoMars2022, Roscosmos ha espresso rammarico per la decisione dell’Agenzia Spaziale Europea: «È un vero peccato che per l’Europa la ricerca di segni di vita su Marte sia meno importante delle ambizioni politiche di alcuni funzionari e paesi europei. La Russia può realizzare la sua parte del progetto ExoMars a livello nazionale o arruolando partner di paesi amici». Proprio come per le sanzioni economiche dell’UE, i provvedimenti spingono Mosca verso Pechino. Sicuri sicuri che, almeno con una prospettiva a lungo termine, sia la cosa giusta?

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