Il valzer dei commissari della sanità in Calabria e un Paese allo sbando | Rolling Stone Italia
Politica

Il valzer dei commissari della sanità in Calabria e un Paese allo sbando

Dopo il balletto dei Dpcm e quello delle zone gialle-arancioni-rosse, ecco che adesso il posto di commissario alla Sanità nella regione con la sanità peggiore d'Italia è diventato un meme – ennesima prova che la gestione della pandemia in Italia è ormai allo sbando

Il valzer dei commissari della sanità in Calabria e un Paese allo sbando

Screenshot via Instagram

Siamo quasi arrivati alla fine di questo 2020 che è sembrato durare non 12 ma 1200 mesi, e comprensibilmente ci siamo arrivati devastati. Sia noi comuni cittadini che abbiamo passato mesi tra quattro mura terrorizzati dal contagio, sia il governo che ormai sembra un pugile suonato che stringe i denti, si rialza, si riprende un pugno in faccia, ricade, e così via. 

L’ultimo caso che sta tenendo banco in questo novembre 2020 è quello della sanità in Calabria. Come ha scritto Luca Misculin sul Post, “la Calabria è di  gran lunga la regione italiana col peggiore sistema sanitario”. I posti letto ospedalieri sono diminuiti del 40% dal 2000 al 2013, il personale medico è diminuito del 17% dal 2010 al 2017 e l’assessorato regionale alla Salute è sotto commissariamento da più di 10 anni, l’azienda sanitaria di Reggio Calabria è stata sciolta nel 2019 per infiltrazioni della criminalità organizzata. Insomma una situazione disastrosa da un sacco di tempo che è puntualmente esplosa con l’arrivo della pandemia – e così, con un numero bassissimo di contagi, ricoverati in terapia intensiva (solo 26, dati di sabato scorso) e morti per Covid-19, la Calabria è diventata subito zona rossa.

Invece che un dibattito che si occupi finalmente delle cause remote e strutturali di questo casino, però, a tenere banco in questi giorni è la questione dei commissari della Sanità per la Calabria. “Dei”, al plurale, perché nel giro di pochi giorni se ne sono già alternati tre, in un giro di valzer che non solo non serve a nulla e fa perdere tempo prezioso per affrontare l’emergenza, ma solleva anche dubbi sulle qualità dei personaggi scelti, su chi li sceglie e in generale sulla lucidità del governo. 

I fatti, in breve: una decina di giorni fa il commissario alla Sanità per la Calabria Saverio Cotticelli ammette candidamente davanti alle telecamere del programma tv Titolo V di non sapere che doveva fare lui il piano Covid della regione – il documento con le misure che le varie regioni prenderanno per contrastare le varie fasi dell’epidemia. Il giorno dopo Conte ne chiede la sostituzione e Cotticelli si dimette. 

Al suo posto arriva il giorno dopo Giuseppe Zuccatelli, 76 anni, ex presidente dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali ed ex candidato con Liberi e Uguali. Nel giro di poche ore dalla sua nomina comincia a girare un video risalente ad alcuni mesi prima, in cui Zuccatelli dice che “le mascherine non servono a un cazzo” contro il coronavirus, perché per prenderlo bisogna “baciare per 15 minuti con la lingua in bocca” un positivo”. Nel giro di una settimana anche Zuccatelli si dimette – e nel frattempo fa sapere di essere risultato positivo al coronavirus e di essersi messo in quarantena. 

L’altro ieri viene nominato il terzo commissario alla Sanità per la Calabria in 10 giorni: Eugenio Gaudio, medico ed ex rettore dell’università  La Sapienza di Roma. Nel frattempo il governo fa una figuraccia con Gino Strada, il medico e fondatore di Emergency: il M5S lo propone come commissario, i media riportano come fosse cosa fatta un tandem tra Gaudio e Strada alla guida della sanità calabrese, Strada è costretto a smentire spiegando che è disponibile ma bisogna ancora “definire per che cosa e in quali termini”.  Ma tanto Gaudio dura poco: ieri, 24 ore dopo la sua nomina, si dimette per “motivi personali e familiari” spiegando che la moglie “non ha intenzione di trasferirsi a Catanzaro” e che non ha intenzione “di aprire una crisi familiare”.

Insomma, nel giro di dieci giorni il posto di commissario alla Sanità calabrese – la regione che avrebbe più bisogno di una rivoluzione nella gestione della sanità e dove potenzialmente la pandemia potrebbe avere gli effetti più devastanti – è diventato una specie di meme, con i commissari nominati dal governo che non fanno neanche in tempo a scaldare la poltrona e le pagine meme di Instagram che fanno i fotomontaggi con il film Prova a prendermi scrivendo “prova a nominarmi commissario alla Sanità”. 

Dopo il balletto dei Dpcm – uno oggi, un altro domani quasi uguale, dopodomani salta, venerdì ne facciamo uno nuovo – e il balletto delle zone gialle-arancioni-rosse che cambiano colore come delle luci stroboscopiche, adesso il Paese assiste sbigottito al balletto dei commissari alla Sanità calabrese, posizione per cui il governo sembra scegliere di proposito gli uomini più inadatti, deboli e propensi alle figuracce di cui dispone. A ennesima riprova che la gestione della pandemia in Italia è ormai allo sbando e alla spera in Dio.