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Il tempo passa, ma Elon Musk rimane un miliardario capriccioso con deliri di onnipotenza

Attraverso l'acquisizione di Twitter, Musk non vuole "proteggere la libertà d'espressione", ma soltanto ottenere il controllo del suo parco giochi preferito

Foto/illustrazione di Rafael Henrique/SOPA Images/LightRocket via Getty Images

Negli anni lo abbiamo visto anelare al superomismo nei modi più svariati: progettando di costruire un mecha (per i non addetti ai lavori: uno di quei robottoni che infestano la cultura pop giapponese, tipo Mazinga), litigando con Bezos per la colonizzazione della Luna, addirittura sfidando Vladimir Putin a un duello a mani nude.

Insomma, sul fatto che Elon Musk sia una delle persone più egoriferite, patologicamente narcisiste e magniloquenti sulla faccia della Terra abbiamo pochissimo margine di dubbio. La sua lista dei capricci è pressoché infinita, e per completare la sua personalissima wish list sarebbe disposto a tutto, anche a porre un freno alla moderazione dei contenuti sui social; o almeno, questo sembra l’effetto collaterale più probabile della sua scalata in direzione dell’acquisizione di Twitter.

Del resto, Musk è un appassionato fruitore della piattaforma, e non poteva essere diversamente, dato che è l’eden virtuale di politici con manie da attention whore, giornalisti dall’ego smisurato con eccessivo tempo libero e guru sempre pronti a vendere l’ennesima ricetta utile a cambiare prima il modo in cui gestiamo i nostri risparmi, poi l’economia globalmente intesa e, infine, il mondo intero: una sorta di sacro Graal dell’esaltazione del sé.

E, anche se il patron di Tesla presenta l’operazione che intende concludere con un esborso di 43 miliardi di dollari come una “battaglia in difesa della libertà d’espressione”, per chi ha seguito bene il suo approccio alla piattaforma il vero scopo è piuttosto palese: si tratta di una specie di “vendetta privata”.

La volontà di accelerare sull’acquisizione, infatti, prende le mosse dalla rincorsa di un interesse del tutto personale: un paio di settimane fa, Musk ha chiesto di ridiscutere un accordo con la Sec – l’ente federale statunitense preposto alla vigilanza della borsa valori. Il numero uno di Space X è sottoposto a una sorta di libertà “vigilata” d’espressione sui social dal 2018, quando ha patteggiato con l’authority di Wall Street una multa di 20 milioni, l’addio alla presidenza e la supervisione dei tweet dopo che aveva annunciato urbi et orbi sulla piattaforma l’idea (mai andata in porto) di fare un’offerta per delistare la Tesla a 420 dollari ad azione. Ecco perché quella di Musk non è volontà di immolarsi sull’altare della libertà d’espressione, ma un tentativo di allargare ulteriormente il proprio potenziale d’influenza: diventare il padrone assoluto di Twitter è il modo migliore e più efficace per liberarsi dai vincoli imposti dall’Autorità.

Eppure, nella retorica che propina ai suoi sostenitori, Musk sembra essere ossessionato dall’idea che Twitter, che considera alla stregua di una pubblica piazza, rappresenti un’entità aziendale censoria, che viola un mai dichiarato “diritto percepito”di twittare e che, di conseguenza, debba essere riformata. Peccato che, com’è ovvio che sia, nessuno gode di un diritto naturale e inalienabile a postare su una piattaforma di proprietà di una società privata: se si accettano le policy, si prendono anche i vincoli; funziona così da sempre.

Peraltro, il j’accuse di Musk ha anche un retrogusto di ipocrisia abbastanza marcato, dato che nel corso del tempo non ha dato l’idea di voler vestire i panni di paladino della libertà d’espressione – ad esempio, recentemente ha licenziato un dipendente che ha pubblicato una recensione troppo critica del sistema di guida autonoma di Tesla sul suo canale YouTube.

Inoltre, come accennavamo in apertura, se la scalata andrà a buon fine Musk potrebbe azzerare tutti i passi in avanti che l’azienda ha compiuto sotto il profilo della moderazione dei contenuti. Negli ultimi anni, Twitter ha iniziato a verificare, etichettare e limitare la disinformazione condivisa sulla piattaforma da leader mondiali come l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump (che è stato bannato e costretto a lanciare un giocattolo tutto suo). Ha anche vietato gli annunci politici, iniziato a etichettare i deepfake e altri media manipolati e aggiunto ulteriori protezioni per le notizie tendenziose relative alle campagne elettorali e  alla pandemia da coronavirus – misure che sono state adottate anche all’inizio della guerra in Ucraina, quando la piattaforma ha reso riconoscibili i media statali russi. Vanificare tutti questi progressi riporterebbe indiscutibilmente più odio, disinformazione, propaganda, molestie e spam sulla piattaforma. Insomma, dobbiamo mettercelo in testa: Musk non ha intenzione di aiutare nessuno a esprimersi più liberamente; vuole soltanto controllare il suo parco-giochi preferito. E, forse, è il tempo di farla finita con la santificazione dei miliardari a ogni costo (per quella c’è già Marco Montemagno).

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