Il tabù dell’aborto a Malta, dove le donne non hanno scelta | Rolling Stone Italia
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Il tabù dell’aborto a Malta, dove le donne non hanno scelta

Isabel Stabile è l'unica ginecologa pro-scelta sull’isola, dove le donne ordinano la pillola abortiva via posta e chi le aiuta rischia fino a 4 anni di carcere

Il tabù dell’aborto a Malta, dove le donne non hanno scelta

Photo AFP via Getty Images

“Mi ha appena chiamato il marito di una donna che ha abortito un mese fa. Vorrebbero prenotare un’ecografia per sapere se è andato tutto bene”. La dottoressa Isabel Stabile, ginecologa e professoressa all’università di Malta, ha raccontato a Rolling Stone il tabù dell’aborto a Malta, il paese dell’Unione Europea con la legislazione anti abortista più dura.

Recentemente la Polonia ha irrigidito ulteriormente il divieto, ora esteso anche nel caso di malformazione del feto. Ma l’articolo 241 del codice penale maltese stabilisce un divieto totale, senza eccezione, che criminalizza le interruzioni di gravidanza anche in caso di stupro. “Alcune  donne che decidono di abortire sono avanti con l’età e presentano casi di anomalie del feto”, commenta Stabile. “Questa è la situazione più terribile. Spesso la diagnosi arriva in ritardo, l’aborto in loco è fuori discussione, quindi queste donne hanno bisogno di viaggiare. È un piccolo numero, ma sono particolarmente colpite dalla pandemia, perché non hanno scelta”.

“La pandemia ha portato con sé il più grande cambiamento: l’impossibilità di viaggiare”, continua la ginecologa. Il coronavirus e la riduzione del traffico aereo hanno complicato la situazione: “Con il traffico aereo chiuso o ridotto le donne hanno scelto le pillole abortive online e per corrispondenza”. Prima della pandemia, per abortire da Malta si prendeva un aereo, direzione Regno Unito, come succedeva per l’Irlanda prima dello storico referendum che ha legalizzato l’aborto nel 2018.

“Gli unici dati disponibili arrivano dal Regno Unito, che registra la nazionalità di tutte le donne che hanno interrotto la gravidanza. Parliamo di 56 donne nel 2019, questa è una cifra accurata ma il numero reale è più alto. Ci sono donne che viaggiano anche verso altri Stati, e non sappiamo niente su di loro. Abbiamo fatto alcune stime, basate sulla popolazione, sulle nascite. E questo ci dice che abbiamo tra 300 e 400 interruzioni di gravidanza all’anno”. Abortion Support Network, un’organizzazione no-profit con sede nel Regno Unito, tra marzo e aprile 2020 ha ricevuto 31 richieste di aiuto da Malta, il doppio rispetto al periodo pre-lockdown. L’associazione Women on Web, con sede in Olanda, ne ha registrate 63. Almeno una donna al giorno ha chiesto aiuto durante la pandemia.

L’associazione Doctors For Choice riunisce medici e ginecologi maltesi che tutelano il diritto alla vita sessuale e riproduttiva delle donne, in un paese dove l’aborto è stato definito l’ultimo dei tabù. Il gruppo ha creato una rete di associazioni per la pianificazione familiare: “Riceviamo telefonate e messaggi dalle donne che chiedono consigli sulla contraccezione, sulla gravidanza e qualsiasi altro problema. Non possiamo fornire le medicine, ma per prendere il lato positivo questa pandemia ha scatenato la nostra risposta di attivisti. Non stiamo solo parlando di quello che dovrebbe essere fatto, ma lo facciamo in prima persona”.

La dottoressa Stabile è l’unica ginecologa sull’isola ad essere apertamente “pro-scelta”, a favore del diritto all’aborto. “Non c’è alcuna ragione per la quale io o chiunque altro possa essere perseguito per dare informazioni alle donne che le richiedono. Ma affronto un rischio tutti i giorni”. Si parla di carcere: i medici che aiutano una donna ad abortire rischiano dai 18 mesi ai 4 anni di detenzione. “Come mi sento? La risposta corta è: mi fa arrabbiare. C’è una linea sottile: dove inizia e dove finisce la consulenza? La chiamata di quel marito, non costituisce un problema. La difficoltà sorge quando una donna ci chiede ‘mi aiuterai?’, ‘posso chiamarti se ho un problema?’”. La pillola abortiva si prende sotto la supervisione di un medico: “Ma in questo caso il medico che può offrirla è in un altro Stato”, afferma la dottoressa Stabile. 

Le donne sono preoccupate e in ansia riguardo all’aborto per corrispondenza: “Ci sono una serie di problemi: il primo è il possibile ritardo delle spedizioni. Questa è una grande fonte di ansia perché sappiamo che le pillole abortive sono sicure fino a 12 settimane. Se sei sopra le 12 settimane non hai altra scelta: devi viaggiare. Considerando questo contesto e il divieto di spostamento è una situazione disastrosa per le donne”.

Dall’inizio della pandemia nessun pacco è stato intercettato dalla polizia: “Ho la sensazione, ma non le prove, che la polizia sappia perfettamente cosa stia succedendo ma chiuda un occhio. I pacchi arrivano con DHL, alcuni arrivano con la posta ordinaria ma non sono registrati”, afferma la ginecologa. I problemi non finiscono qui, perché anche acquistare la pillola del giorno dopo può essere problematico. I farmacisti possono decidere di essere obiettori di coscienza, e rifiutarsi di vendere la pillola. “Questo è particolarmente problematico nel caso dello stupro. In quel caso è importantissima la contraccezione di emergenza. Abbiamo scoperto che numerosi farmacisti sono obiettori di coscienza quindi alcuni di loro non acquistano la pillola del giorno dopo o decidono di non venderla, se è in magazzino. Allo stesso modo, non mandano le donne in un’altra farmacia”, spiega la ginecologa. 

L’iniziativa Break the taboo Malta ha raccolto testimonianze dirette per documentare gli effetti della legge sulla vita delle donne che decidono di abortire. “Ho visto un ginecologo e chiesto aiuto per interrompere la gravidanza, ma mi ha suggerito di prendere un calmante e non pensarci. Mi ha detto di non parlare più di certe cose nel suo ufficio e che non avrebbe suggerito dove avrei potuto cercare aiuto”, racconta Tania, 43 anni. Medici, studenti, giovani professionisti hanno preso la parola nell’ultimo anno a favore del diritto all’aborto, soprattutto sui social. “Vogliamo raccogliere e pubblicare storie di donne che hanno testimoniato per il loro diritto alla scelta. Saremo in grado di dire alle autorità politiche perché è necessario cambiare la legge. Ma prima devono leggere le storie delle donne”, spiega Stabile. 

L’aborto a Malta è anche un tabù politico. “Questa è una società profondamente cattolica. Più cattolica del Papa. Siamo molto piccoli e la famiglia è una parte estremamente importante della società”. È un problema generazionale? La ginecologa annuisce: “Sì, si potrebbe dire così. La grande maggioranza delle persone che scrive sui giornali, sono tutti uomini e generalmente sulla cinquantina”.

Nel dicembre 2020, l’associazione degli studenti di giurisprudenza dell’università di Malta ha pubblicato un report in favore della legalizzazione dell’aborto. Il testo ha scatenato polemiche sulle pagine dei principali giornali del Paese, come nell’analisi giuridica del Times of Malta, che nega che l’aborto sia un diritto fondamentale delle donne.  “Questa è una delle ragioni per le quali non vogliamo assolutamente che si faccia un referendum perché non vinceremmo mai. Siamo una società molto divisa, se dici di essere a favore dell’aborto sarai sulla lista nera per una larga porzione della società”.