Il rientro a scuola è stato un disastro annunciato | Rolling Stone Italia
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Il rientro a scuola è stato un disastro annunciato


Tra assenze di studenti e personale, insufficienza di mascherine e lo spettro della didattica a distanza, il ritorno tra i banchi è stato più complicato del previsto

Il rientro a scuola è stato un disastro annunciato

Foto: Getty Images

Le premesse non erano tra le più confortanti, ma la prima settimana di scuola in presenza dopo le vacanze natalizie si è risolta in un disastro che è andato oltre ogni aspettativa. Come una specie di profezia che si auto-adempie, tutte le problematiche sollevate nelle scorse settimane dai sindacati di categoria hanno finito per avverarsi, a partire dal personale assente, principalmente perché positivo e quindi in malattia – inoltre, diversi insegnanti sono stati considerati “contatti stretti” e di conseguenza collocati in quarantena.

Stando alle stime pubblicate dal sindacato Gilda, dal 10 al 15 gennaio le assenze globali tra il personale scolastico hanno superato la soglia del 30%, confermando le titubanze del coordinatore nazionale Rino Di Meglio, secondo cui il governo starebbe nascondendo «la polvere sotto il tappeto», dato che, a sua detta, con il progredire di Omicron la chiusura degli istituti rappresenterebbe un esito inevitabile.

Le perplessità di Di Meglio erano state anticipate anche da un’iniziativa spontanea avanzata da 2500 dirigenti scolastici che, lo scorso 6 gennaio, avevano chiesto la sospensione delle lezioni in presenza per un periodo di due settimane, motivando la richiesta sulla base di alcune evidenze, su tutte «il personale sospeso perché non in regola con la vaccinazione obbligatoria e, ogni giorno di più, personale positivo al Covid, che non potrà prestare servizio e nemmeno potrà avere, nell’immediato, un sostituto». Ancora più preoccupanti sono i numeri relativi alle assenze degli studenti: un sondaggio di ScuolaZoo a cui hanno partecipato 55mila ragazzi e ragazze tra i 14 e i 19 anni ha evidenziato che in più di 8 scuole su 10 ci sono casi di studenti assenti per positività o obbligo di quarantena.

Un altro dato che emerge è la difficoltà che gli istituiti hanno riscontrato ad allinearsi alle esigenze di una burocrazia sempre più pervasiva, in particolare in relazione al sistema di tracciamento: tra risultati dei tamponi che tardano ad arrivare, green pass non riattivati e difficoltà a ottenere certificati di guarigione da parte delle Asl, il rientro a scuola è stato disordinato e pieno di incertezze. Anche garantire una sufficiente dotazione di mascherine FFP2 all’interno degli istituti scolastici sta diventando un problema. Prima della riapertura delle scuole, con una grande mobilitazione, i dirigenti scolastici avevano chiesto al ministero dell’Istruzione di fornire i dispositivi di protezione gratuitamente per tutti, ma il decreto del 5 gennaio (che ha introdotto le nuove misure) non ha previsto esplicitamente questa eventualità.

L’orientamento non è ancora chiaro, anche se il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, ha dichiarato che «alle ffp2 devono provvedere le famiglie. Non è previsto dal decreto che debbano essere fornite dalle scuole», aggiungendo che «il non-cambio può essere motivo di preoccupazione. L’obbligo è di cambiarle ogni giorno». Tuttavia, Giannelli ha sottolineato anche che «se il non-cambio sarà un fenomeno diffuso, il ministero ne dovrà prendere atto». Nel frattempo, anche su questo fronte, i primi ostacoli non hanno tardato a palesarsi. Diversi presidi non hanno nascosto un certo scetticismo, come accaduto in Friuli Venezia Giulia, dove il preside di una scuola superiore di Udine ha specificato che «nessuno ce le ha ancora fornite da Roma. Né a noi della provincia di Udine né ai colleghi del Pordenonese. Così le scuole si devono arrangiare».

A complicare il quadro è anche uno dei tormentoni di questo biennio pandemico, ossia il classico braccio di ferro tra Stato e regioni, spesso portatori di visioni contrastanti; un’antitesi ben esemplificata dal caso della Campania: durante la scorsa settimana, il Tar regionale ha accolto i ricorsi di alcuni genitori e confermato la linea Draghi, sospendendo l’ordinanza varata dal presidente regionale Vincenzo De Luca, che aveva proposto un periodo di didattica a distanza fino al 29 gennaio. Nella sua memoria difensiva, la Regione ha provato a fare valere le sue ragioni, specificando che «l’ordinanza tiene conto anche della diffusione straordinaria della variante Omicron, dei focolai registrati prima della chiusura natalizia nelle fasce della popolazione giovanile e dell’impossibilità di poter eseguire i tracciamenti».

Eppure, anche in questo contesto, il governo non sembra volere arretrare di un millimetro. Intervistato da Radio24, il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha dichiarato che «non c’è stato il famoso disastro che ci doveva essere con la riapertura della scuola. Le regole sono chiare e ora stiamo lavorando per semplificare il rientro in classe». A Che tempo che fa, il ministro ha detto ieri sera che «il numero del personale che manca oggi nella scuola corrisponde sostanzialmente a quello che accadeva nello stesso periodo negli anni pre pandemia, siamo sugli stessi livelli degli anni precedenti come 2017, 2018, 2019 nella fase di massima punta di mancanza per le malattie stagionali» e che «la situazione è sostanzialmente sotto controllo».

Non è facile fare previsioni: l’impressione è che le intenzioni del governo siano buone, perché dopo due anni di estrema incertezza ritrovare il valore della scuola in presenza è indispensabile tanto per gli studenti quanto per i genitori, che spesso non hanno possibilità di restare a casa per assisterli nelle sessioni di didattica a distanza.

Tuttavia, forse in questo caso aspettative e realtà non collimano: l’esecutivo non ha fatto abbastanza per adottare le contromisure indispensabili per rendere il rientro a scuola agevole. Gli interventi per mettere in sicurezza gli istituti – ventilazione purificatori d’aria, monitor Co2, testing bisettimanale – sono stati largamente insufficienti e il risultato è che ancora oggi, dopo due anni di pandemia, paghiamo l’assenza di una strategia sulla scuola, che si conferma un nodo delicatissimo per ogni governo.