Il Piemonte ha regalato 400mila euro alle associazioni antiabortiste | Rolling Stone Italia
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Il Piemonte ha regalato 400mila euro alle associazioni antiabortiste

Una delibera ha dato il via libera alla creazione del fondo "Vita Nascente". L'obiettivo è convincere le donne a proseguire la gravidanza tramite l'erogazione di contributi economici; inoltre, le organizzazioni pro vita (già presenti nei consultori) potranno usare il logo della Regione per farsi pubblicità

Il Piemonte ha regalato 400mila euro alle associazioni antiabortiste

Foto di Simona Granati - Corbis/Corbis via Getty Images

Da quando Giorgia Meloni ha stravinto le elezioni, uno dei punti più discussi riguarda i suoi propositi in tema di diritti civili, in particolare in relazione al diritto all’aborto e alla legge 194.

La leader di Fratelli d’Italia ha provato a calmare le acque: in più occasioni, ha dichiarato di non avere alcuna intenzione di modificare il testo della legge, ma di volerla “applicare integralmente” anche nella parte che riguarda la prevenzione, di avere intenzione di allargare il campo delle opzioni possibili.

Nel frattempo, però, le offensive nei confronti dell’accesso all’interruzione volontaria gravidanza procedono spedite su base locale e, secondo alcune voci, potrebbero rappresentare un’anticipazione di ciò che potrebbe accadere a livello nazionale.

Ieri, in Piemonte, una delibera approvata in IV commissione dalla maggioranza di centrodestra ha infatti messo in cantiere uno stanziamento di 460mila euro diretto a finanziare enti e associazioni che promuovono il «valore sociale della maternità e la tutela della vita nascente operanti nel settore della tutela materno infantile» (leggasi: associazioni pro vita e antiabortiste).

La ratio della delibera, presentata dall’assessore regionale piemontese alle politiche sociali, Maurizio Marrone (quota Fratelli d’Italia) dovrebbe essere quella di «evitare che l’aborto divenga un mezzo per il controllo delle nascite». Come? Predisponendo un fondo specifico (il fondo “Vita Nascente”, per l’appunto) e consentendo alle associazioni pro vita di aiutare quelle donne in difficoltà che decidono comunque di proseguire la gravidanza, assegnando loro contributi per le spese domestiche e per tutte quelle uscite connesse alla cura del bambino fino ai 18 mesi – in breve: alle donne piemontesi che decideranno di non abortire, la Regione pagherà le bollette, le rate del mutuo, l’affitto, e nel conto potranno rientrare anche abbigliamento, farmaci, pappe e latte in polvere, pannolini, passeggini e culle. Ma non finisce qui: il 10% dello stanziamento servirà per la pubblicizzazione del fondo stesso e, di conseguenza, le associazioni antiabortiste potranno utilizzare il logo istituzionale della Regione per le loro campagne.

Secondo “Più di 194 voci”, rete per l’autodeterminazione che riunisce 46 associazioni piemontesi, la delibera dimostra una «sconcertante mancanza di rispetto nei confronti delle donne. I percorsi di aiuto alle gestanti in ordine al riconoscimento o non riconoscimento del nascituro e all’esigenza di segretezza del parto sono situazioni molto diverse tra loro e, da sempre, sono prese in carico dal servizio pubblico». «La tipologia delle gestanti in difficoltà – continua la Rete – sono attualmente prese in carico dai gestori delle funzioni socio-assistenziali dei comuni e dei consorzi, così come i consultori pubblici svolgono le funzioni loro assegnate dalla legge».

Non è la prima volta che la Regione agevola la libertà d’azione delle associazioni pro vita: l’anno scorso un altro provvedimento, parecchio discusso, aveva ammesso questi enti all’interno dei consultori, ponendoli in condizione di esercitare una certa pressione sulle libertà di scelta delle donne intenzionate ad abortire.

Anche quest’ultimo aspetto meriterebbe la massima attenzione, dato che i metodi ideologici impartiti nei “corsi di formazione” attivati da queste organizzazioni sono ormai ben noti: un’indagine di Quotidiano Sanità ha scoperchiato il vaso di Pandora, dimostrando come i volontari vengano inviati nei consultori per diffondere un clima da caccia alle streghe e stigmatizzare chiunque intendesse abortire, rallentando l’accesso delle donne non soltanto all’interruzione volontaria di gravidanza, ma anche alla contraccezione di emergenza. Le tecniche adottate sono tantissime, in primis l’impiego di frasi coniate appositamente per colpire nel vivo le donne («Capisco che lei sia vittima di violenza, ma se ora abortisce farà lei stessa una violenza»); ma viene riservato ampio spazio anche alla diffusione di menzogne antiscientifiche in piena regola («Una gravidanza può guarire la leucemia», «Un aborto renderà il suo partner omosessuale», «Non può accedere all’aborto senza il consenso del partner»).

«Il fondo “Vita Nascente” voluto dall’assessore al welfare Maurizio Marrone non è che un’emanazione della rete internazionale integralista che va dalla destra americana alla Russia di Putin e che investe milioni di euro anche in Europa e in Italia per finanziare i partiti e movimenti anti-scelta. Nulla che davvero ci sorprenda visto che nelle Regioni governate da Fratelli d’Italia il diritto di aborto sancito dalla legge 194 viene smantellato pezzo per pezzo ormai da anni, a partire da quello farmacologico. Non servono mance una tantum ma serve finalmente realizzare politiche efficaci di conciliazione vita-lavoro che possano agevolare le donne nello scegliere liberamente per la loro vita e se avere un figlio o meno. Serve anche informazione trasparente e smettere di stigmatizzare e complicare in ogni modo la scelta dell’interruzione di gravidanza», hanno scritto in una nota Giulia Crivellini, tesoriera di Radicali italiani, e Vittoria Loffi, coordinatrice della campagna Libera di Abortire.