Il Pd ha un’occasione storica: dimostrare di avere un senso | Rolling Stone Italia
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Il Pd ha un’occasione storica: dimostrare di avere un senso

Mentre Conte prende le distanze da sé, c'è chi tra i Democratici continua a inseguire Salvini. Ma l'idea di Giorgio Gori che si governi con i sondaggi e le paure è esattamente il motivo dell'irrilevanza del centrosinistra negli ultimi anni

Il Pd ha un’occasione storica: dimostrare di avere un senso

Tra tanti difetti, al Pd, va riconosciuto un pregio: ricordarci sempre perché in molti hanno smesso di credergli. Oggi che il partito ritorna al potere, dopo un’espiazione decisamente breve dei propri peccati, ce lo conferma una volta di più, con l’intervista concessa a Repubblica da Giorgio Gori. Non traggano in inganno i limiti dell’algoritmo di Google, che nelle ricerche correlate lo associa a Marco Liorni e Paola Perego, Gori è un esponente autorevole del partito, uno di quelli da giocarsi nelle occasioni che contano.

Gori, un tempo brillante dirigente televisivo nelle grazie di Silvio Berlusconi, oggi è sindaco di Bergamo, capace pochi mesi fa di riconquistare la guida della città in un momento di sbandamento collettivo dei Democratici. A lungo è stato uno dei nomi più in vista dell’ala renziana del partito, tanto che un anno fa il suo nome è venuto naturale al momento di provare a strappare regione Lombardia alla destra. Il resto è storia, con il trionfo del leghista Attilio Fontana. 

Cosa dice ora, Giorgio Gori? “C’è voglia di voltare pagina. Sull’immigrazione: basta odio contro i migranti. Ma attenzione: secondo Ipsos solo l’11% degli italiani (neanche metà del Pd) chiede posizioni meno rigide sull’immigrazione. Eviterei quindi di passare da “porti chiusi” ad “accogliamoli tutti”, le sue parole. In pratica, nel momento dell’insediamento a Palazzo Chigi di un Giuseppe Conte che pare non conoscere il predecessore Giuseppe Conte e annuncia modifiche ai decreti Sicurezza, bandiera di Matteo Salvini (come richiesto dal suo segretario Zingaretti), il sindaco dice “ehi ragazzi, andiamoci piano”.

Le sue parole sono da analizzare, perché riflettono un pensiero politico e una tendenza (a livello di scelte comunicative e di tempistiche) al suicidio decisamente diffusi nella sua formazione. Quante persone avete sentito dire “accogliamoli tutti”? L’idea che chi si è opposto alle politiche migratorie gialloverdi in questi mesi sia una specie di fricchettone con le bandiere della pace al balcone – posto che non ci sarebbe nulla di male – è quella che ha permesso all’ex inquilino del Viminale di conquistare facili consensi in tutta la penisola prima del voto, e di consolidarli poi.

Una retorica odiosa e fasulla, perché la maggior parte di chi ha rigettato la politica dei “porti chiusi” – che non lo sono mai stati, altra balla clamorosa – voleva anzitutto impedire a questo Paese di macchiarsi di colpe storiche indelebili, che purtroppo questa stagione in ogni caso ci lascerà. Nessuno ha mai negato le colpe dell’Europa o vorrebbe che tutta l’Africa si trasferisse in Italia domani, anzi è condivisa l’idea che si debbano rivedere a livello continentale le politiche migratorie e sia il momento di spezzare il muro di egoismo che molti Paesi dell’Unione hanno innalzato. Ma prima si salva la gente. Chiamare questo residuo di umanità buonismo è una vergogna, corroborare questa tesi – magari anche involontariamente, che forse è peggio – come ha fatto Giorgio Gori è il più idiota degli autogol. 

Secondo punto, ancora più politico e ancora più dirimente per il futuro del partito: non si governa con i sondaggi. Mai. Salvini lo ha fatto per 14 mesi e ha avvitato l’Italia in una spirale di odio, senza portare a casa alcun risultato concreto in termini di avanzamento del Paese (anche perché non è mai stata una sua priorità). Inoltre i sondaggi sono volatili, in questi tempi sempre di più. Lo chieda al suo collega ex sindaco e mentore, che ne sa qualcosa. 

Le pulsioni della gente, purtroppo manovrabili in maniera molto semplice ormai da chi abbonda di pelo sullo stomaco e difetta di amore per il bene comune, non vanno assecondate, se fanno orrore. Il percepito non è più importante del reale, il mantra della sicurezza è il muro invisibile contro cui si è schiantato il centrosinistra già anni fa. Evidentemente deve essergli piaciuto, visto che persevera nello stesso errore con grande solerzia. I reati nel nostro Paese sono in costante calo: lo dice il ministero dell’Interno, che nonostante l’ultimo inquilino è una fonte autorevole. Non c’è alcuna emergenza, solo paranoie. L’integrazione è l’unica speranza che abbiamo, da un punto di vista demografico, economico, sociale.

Non si tratta di vedere tutto in bianco e nero, come ha detto Gori a Repubblica. Si tratta di avere un’idea di futuro inclusiva e non paralizzata dalla paura, la grande forza dominante della società occidentale in questo nuovo millennio. Si tratta, anzitutto, di avere una visione del mondo. Quella non può mancare, anche senza l’ancora di salvataggio delle grandi ideologie, ormai svanite, se no manca la politica. Che, in effetti, è proprio quello che sta succedendo oggi.

Non è un caso che Matteo Salvini, che una visione del mondo (orribile) ce l’ha, si sia mangiato a colazione i Cinque Stelle, banderuole di fronte a un vento che va a volte a destra e a volte a sinistra. Solo la politica potrà dare un senso a questo governo mal nato, renderlo persino digeribile. Se il Pd vuole riemergere dall’irrilevanza cui l’inseguimento degli altri lo ha confinato deve tornare a praticarla. Sfruttare la fragilità dell’alleato e il suo complesso di inferiorità, occupare l’enorme spazio che una destra con la bava alla bocca ha lasciato dall’altra parte del guado. Smettere di ascoltare Giorgio Gori e tornare ad ascoltare la propria storia.