Il no degli insegnanti al Green Pass viaggia su Telegram | Rolling Stone Italia
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Il no degli insegnanti al Green Pass viaggia su Telegram

Grazie alla chat 'Coordinamento nazionale – Petizione scuola prof. Granara' sono state raccolte 15 mila firme in pochi giorni. Obiettivo: non vaccinarsi

Il no degli insegnanti al Green Pass viaggia su Telegram

Foto: Ivan Aleksic/Unsplash

Hanno raccolto 15 mila firme in pochi giorni e molti si sono chiesti come abbiano fatto. Molto semplice: nel magico mondo di Telegram ogni forma di propaganda si può diffondere alla velocità della luce. E così, grazie al gruppo Coordinamento nazionale – Petizione scuola prof. Granara, che ad oggi conta quasi 34 mila persone tra insegnanti, studenti, genitori e personale amministrativo, tecnico e ausiliario (il cosiddetto personale Ata), è stato possibile aderire alla petizione lanciata dall’avvocato Daniele Granara, docente di diritto Costituzionale a Genova e Urbino, che con la collaborazione della collega Tiziana Vigni aveva già depositato un ricorso al Tar della Toscana per gli operatori sanitari contrari alla vaccinazione anti Covid (verrà discusso il 7 settembre).

In questo modo, i no vax della scuola sono riusciti a mobilitarsi in men che non si dica per lanciare la loro campagna contro il Green Pass. Il 1° settembre verrà presentata al Senato la petizione che mira a bloccare la conversione in legge del decreto sull’obbligo della certificazione verde per scuole e università. Il professor Granara ha così motivato la mobilitazione a Open: «Se per i sanitari c’era un atto applicativo contro il quale procedere, ovvero le diffide delle Asl, per quanto riguarda docenti e operatori della scuola questo passaggio al momento manca. Anche se con l’inizio delle lezioni ci saranno molto probabilmente i primi casi e quindi procederemo con i ricorsi». La battaglia è comune, ma cambiano le modalità: «Per muoverci subito abbiamo deciso di utilizzare uno strumento previsto dalla Costituzione all’articolo 50, che recita così “Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità”».

La raccolta firme non è stata effettuata on line, bensì fisicamente città per città. Come accaduto a Torino, dove lo scorso 11 agosto si è formata una lunga coda in Via Pollenzo – proprio nei pressi dello studio del professore universitario – e 600 persone hanno atteso il proprio turno per firmare la petizione contro il Green Pass. Fra loro, insegnanti, lavoratori della scuola, studenti dell’università e genitori di ragazzi tra i 12 e i 18 anni preoccupati verso l’obbligo di vaccinarsi con l’avvio delle lezioni. A seguire, questa modalità si è estesa a molte altre città.

Il detonatore, però, è sempre Telegram. Il servizio di messaggistica di Pavel Durov si conferma lo strumento migliore per il proselitismo in tempi brevissimi e lontano da occhi indiscreti. È qui che il professore Granara e i suoi “seguaci” sono riusciti a coinvolgere un numero altissimo cittadini contrari al Green Pass con l’ausilio dei bot (utenti artificiali programmati a singole azioni) che si sono occupati di suddividere la chat del Coordinamento nazionale in base alle maggiori città italiane, in modo da poter lanciare decine di appuntamenti (questa volta di persona) dove i cittadini hanno potuto recarsi per firmare di persona. In pratica, si è realizzata in poche ore un’attività che un tempo richiedeva giorni e giorni di organizzazione, consultazioni, telefonate o e-mail. Il risultato sono le 15 mila firme raccolte in pochi giorni.

Non è però il certificato verde il vero obiettivo: è il vaccino. Lo ha confermato tra le righe lo stesso Granara: «Attraverso il Green Pass si è introdotto nient’altro che un obbligo vaccinale surrettizio, l’obiettivo è che tutto questo non si trasformi in legge». E il bacino di utenza scelto è decisamente vasto se è vero, come hanno indicato statistiche recenti, che in Italia ci sarebbero ancora circa 187 mila persone non vaccinate fra docenti e personale Ata.