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Il governo Salvini – Facebook – Bardò Bardò

Sui social l'esecutivo a trazione leghista ha spezzato le reni a Francia e Germania, sistemato i migranti in Libia e instaurato flat tax e reddito di cittadinanza. In realtà ha varato un solo decreto, sul funzionamento del tribunale di Bari

Matteo Salvini, foto IPA

Matteo Salvini è uno che si sa muovere, bisogna ammetterlo. Oltre ad aver fatto l’Opa più riuscita della storia, scalando con il 17% dei voti prima la sua coalizione, poi il governo formato in coalizione con il primo partito italiano, e infine l’Italia, ha scoperto e brevettato un modo di governare facile ed efficiente, e pure divertente, per lui e per gli altri. Governa su Twitter. E su Facebook.

In attesa di convocare Mark Zuckerberg al Parlamento europeo a giustificarsi – stavolta non dovrà più negare di essere un media, ma di non essere il Consiglio dei ministri – abbiamo l’occasione unica di osservare all’opera un governo totalmente sconnesso dalla realtà che è chiamato a cambiare. La giornata inizia con un tweet del ministro dell’Interno, e trascorre a discutere, indignarsi e smantellare quello che ha detto. Il giorno dopo si riparte.

I giornalisti sono pieni di lavoro, e il vecchio dibattito nelle redazioni se accodarsi nelle notizie alla televisione o meno è stato superato: ora anche le tv devono accodarsi, ai tweet, e anche senza avere lo smartphone tutti possono essere al corrente dell’ultima replica di Salvini. Che twitta non da un account del Viminale, ma dal suo profilo personale, dove si qualifica innanzitutto “leader della Lega”. In mezzo ad annunci di comizi elettorali, foto con gli ammiratori e consigli su come capire i cani, si trovano i tweet che annunciano come Salvini cambierà il Paese: polizia davanti alle scuole, immigrati in mare, flat tax domani, no, oggi, togliamo a Saviano la scorta, ai bambini i vaccini, ai rom i figli. Furio Colombo “fa schifo”, Emmanuel Macron è un “chiacchierone” (cosa farà il giorno che incontra il presidente francese, non potrà evitare per sempre i summit e i negoziati europei?), prima gli italiani, ma non tutti, arrestiamo gli equipaggi delle navi che soccorrono i migranti appena mettono piede sul suolo italiano.

Matteo Salvini. Credit: Insidefoto/Alamy Live News

Sembra che non esista più nient’altro: altri ministri, il parlamento, la magistratura, i tribunali, gli organismi europei, la società civile, e il lapsus “governo Salvini” è già stato commesso da molti, perfino all’estero. Ma il pubblico è contento. La Lega, almeno nei sondaggi, ha quasi raddoppiato i voti in tre mesi, diventando il primo partito italiano (cannibalizzando essenzialmente l’elettorato dei suoi alleati, Forza Italia e 5 Stelle), e il consenso sui social appare debordante e trasversale, tra chi odia “la sinistra perché difende i ricchi” e chi detesta “il turbocapitalismo che uccide i lavoratori”. Il ministro dell’Interno viene applaudito per “averla fatta vedere a Francia e Germania”, “non siamo più schiavi”, “pensa a noi italiani”.

Chi prova a reagire, come l’esperto che ha criticato le esternazioni del ministro dell’Interno sui vaccini, o Macron, viene colpito e affondato con un tweet. Se un argomento incontra un ostacolo insormontabile, come l’incostituzionalità del censimento dei rom, o la ferma opposizione del ministro della Salute Giulia Grillo sui vaccini – “la politica non fa scienza, la scienza la fanno gli scienziati”, replica all’affermazione di Salvini che 10 vaccini sono troppo pericolosi – si cambia argomento, the show must go on.

Nella realtà di chi legge ancora i giornali accadono cose completamente diverse. Il governo di Giuseppe Conte ha per ora varato un solo decreto (sul funzionamento, anzi, il non funzionamento del tribunale di Bari) e, vista la stagione, è improbabile che riesca a proporre al parlamento qualcos’altro prima della pausa estiva. La flat tax per i privati e il reddito di cittadinanza non arrivano né oggi, né domani, né forse mai, e il ministro dell’Economia Tria in parlamento ha presentato un programma che dimostra come non legga i social, visto che non ha menzionato nessuna delle promesse in 140 battute.

La riforma delle pensioni è tutta da vedere, e gli stessi consulenti della Lega ammettono che potrebbe penalizzare più che premiare molti, la materia è complicata e delicata, mentre la promessa decurtazione delle “pensioni d’oro”, oltre ad andare probabilmente incontro allo stop della Corte Costituzionale, toglierebbe a qualche migliaio di superpensionati circa 200-400 euro al mese, che non inciderebbero né sul loro tenore di vita, né sulle risorse da redistribuire tra gli anziani meno abbienti. La scorta a Saviano non è stata tolta – è una decisione che spetta al questore – e l’equipaggio della Lifeline non verrà arrestato se sbarca in Italia, perché il ministro dell’Interno non è il capo della polizia, e nemmeno un giudice.

Salvini non è il vero leader del governo, ne è l’addetto stampa

Ma il divario tra detto e fatto più clamoroso si registra nel dossier più pubblicizzato da Salvini, l’immigrazione. Il premier Conte ha portato al “minivertice” di Bruxelles una proposta italiana sull’immigrazione in 10 punti che avrebbe potuto essere scritta da Minniti, e che per buona parte, come gli è stato fatto notare da Alexis Tsipras, sono già in fase di applicazione o discussione. Un piano che chiede più Europa, non meno Europa. Non c’è una sola parola sul blocco degli sbarchi, e nemmeno sulle Ong, che a leggere Salvini e i suoi sostenitori sono le principali responsabili dell’”invasione dei migranti”. Anzi, non si parla nemmeno dell’”invasione”, anche se quando Macron fa notare che in Italia non esiste nessuna “emergenza migranti”, e per dimostrarlo snocciola i numeri del ministero che Salvini guida, si becca dell’”arrogante”.

Conte twitta evasivo “abbiamo impresso la giusta direzione al dibattito”, un eufemismo per dire nulla di fatto, anche perché i 10 punti chiedono una ricollocazione dei migranti in arrivo in Italia negli altri Paesi dell’Ue pena una multa, ma sono proprio i Paesi del gruppo di Vysegrad – Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca – che, insieme all’Austria sono il modello e gli alleati ideali di Salvini, ad aver disertato il minivertice, con la ferma intenzione di mantenere la loro accoglienza dei migranti a quota zero.

Insomma, l’unico risultato del minivertice è il fatto stesso che si è tenuto, “finalmente dopo anni di silenzio l’Italia torna ad avere una forte voce in Europa”, twitta Salvini. In realtà Conte non ha fatto la voce forte, anzi, è stato “molto coerente con la discussione”, è l’apprezzamento del cattivissimo Macron, che non manca di rilevare che “dalla stampa a volte sento cose diverse”. E forse coglie il punto. Salvini non è il vero leader del governo, forse non è nemmeno un ministro, a giudicare almeno dalle strane idee che ha sul funzionamento della polizia e le leggi, oltre che dal tempo che trascorre sui social. E’ il suo addetto stampa.

Foto Cavicchi via Corriere.

Ha capito meglio di chiunque altro come funziona il mondo mediatico, e ufficializzato il distacco definitivo della realtà dal mondo virtuale. La verità non lo turba minimamente: vola in Libia a proporle di ospitare campi profughi che il governo di Tripoli ha già rifiutato e si fa fotografare con i marinai italiani che coordinano i soccorsi ai migranti spacciandoli per quelli che “difendono la nostra sicurezza”. Promette cose che il governo, almeno il ministro dell’Economia, non mette nemmeno nell’agenda del 2022. Annuncia provvedimenti che non è in grado di fare. Pontifica di vaccini, di scrittori, di calciatori. Insulta chi gli sta antipatico. Insomma, si comporta come l’uomo qualunque armato di un account Twitter. E funziona. Il governo può finalmente lavorare indisturbato, perché nessuno si accorge di quello che sta facendo – o non sta facendo – veramente. I giornalisti e la tv sono felicissimi perché gli riempie il vuoto dei Mondiali senza l’Italia. L’uomo qualunque esulta perché finalmente qualcuno gli dice quello che ha sempre pensato. Non c’è dubbio che già a settembre i sondaggi cominceranno a rilevare che, secondo gli italiani, si incontrano meno extracomunitari per strada, che nella percezione di massa diventeranno più sicure.

Salvini ha capito, e messo in atto come nessuno prima, la vera regola della modernità: perception is reality. Non serve essere, basta dirlo. Chi vuole convincere l’elettore/lettore con argomenti razionali perde solo tempo, tanto domani si parlerà d’altro. Nessuno si ricorda più dello scandalo sul censimento dei rom, durato 24 ore, ma tutti si ricorderanno che Salvini è andato giù duro con i rom. Non è cambiato nulla? Non ha importanza, però almeno si è sfogato contro di loro.

Lo spettacolo e la politica si sono definitivamente mischiati, anzi, la politica è lo spettacolo più avvincente, un reality show gigantesco, dove si vota non gli atti e i fatti, ma le parole, dove si elegge il più simpatico, quello in cui ci si identifica, e si butta via a colpi di (tele)voto l’antipaticone. Salvini – più che il politico Salvini, il personaggio Salvini – dice quello che una volta si diceva solo nei bar, nelle cucine e sugli autobus, non si fa imbarazzare da fatti, informazioni, regole, dalla fattibilità stessa di quello che propone.

Non servono più dibattiti, studi, esasperanti e lunghe operazioni per trovare consenso e mediare i più disparati interessi: nel mondo on demand di Facebook, dove è l’utente a scegliersi la community e gli interessi di suo gradimento, e chi non la pensa come te si oscura con un click, il politico deve dire le stesse cose che si dicono nelle chat. Quanti governi sarebbero durati all’infinito se avessero scoperto prima quanto fosse stupido il vincolo di dover far corrispondere almeno in qualche misura le parole ai fatti. Basta costruire una realtà virtuale da Matrix, trasformare la politica da arte del possibile in spettacolo dell’impossibile, e a chi importa che il mondo offline continua, purtroppo, a esistere in una realtà molto diversa.

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