Il giornalismo d’inchiesta serve come il pane, e la Fondazione Matteo Scanni è una buona notizia | Rolling Stone Italia
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Il giornalismo d’inchiesta serve come il pane, e la Fondazione Matteo Scanni è una buona notizia

Sta cercando di nascere in questi mesi con una raccolta fondi, e ha l’obiettivo di far crescere e diffondere il giornalismo investigativo in Italia: ecco la sua storia

Il giornalismo d’inchiesta serve come il pane, e la Fondazione Matteo Scanni è una buona notizia

Riunione di redazione dell'Evening Standard. Foto di Hulton-Deutsch Collection/CORBIS/Corb via Getty Images

Una fondazione è un’istituzione che cerca di raggiungere un obiettivo senza avere uno scopo di lucro. La Fondazione Matteo Scanni, che sta cercando di nascere in questi mesi con una raccolta fondi, ha l’obiettivo di far crescere e diffondere il giornalismo investigativo in Italia, seguendo il lavoro iniziato dal giornalista e docente Matteo Scanni.

Matteo Scanni, infatti, è stato reporter, videomaker, insegnante e divulgatore ed è morto a soli 51 anni il 27 gennaio 2022. È stato direttore e coordinatore della Scuola di Giornalismo dell’Università Cattolica a Milano per oltre vent’anni, ha lavorato a documentari d’inchiesta, più volte premiati e ha ideato e diretto maize, magazine di H-FARM sulle interconnessioni tra tecnologia, arte e filosofia.

Nel 2015, poi, ha contribuito a fondare DIG (un’associazione e un festival che si tiene annualmente) di cui era presidente. DIG sta per Documentari, Inchieste e Giornalismi ed è anche un richiamo all’inglese “to dig”, scavare, un verbo che ha a che fare con il lavoro di inchiesta.

L’idea della Fondazione parte proprio da Scanni nei primissimi giorni del gennaio 2022. Una videochiamata è la circostanza in cui affrontano per la prima volta questo argomento, «una circostanza estrema di una persona che sa di dover lasciare le cose che ama – le cose per cui si è impegnata lungo una vita – e vuole affidarle a qualcuno capace di portarle avanti con lo stesso spirito. L’idea della Fondazione è nata in una riunione via Zoom fatta nei primi giorni di gennaio, tra Milano e Bologna, un sabato pomeriggio livido e freddissimo», spiega via mail a Rolling Stone il Comitato Promotore per la nascita della Fondazione.

La proposta iniziale di Scanni è quella di lasciare una donazione, un contributo economico che possa essere utile sin da subito. Ma questa prima proposta poi sfocia in un progetto più grande, in grado di coinvolgere più persone: qui prende forma l’idea della Fondazione.

Le fondazioni giornalistiche sono diverse dalle case editrici for profit e da quelle non profit e «sono soggetti ‘terzi’ in grado di svolgere una funzione di supporto non direttamente rivolta alla produzione di contenuti di informazione, quanto piuttosto legata allo sviluppo di progetti di formazione e al lancio di strutture di sostegno ai reporter», continua nella mail il Comitato Promotore.

La Fondazione avrà come primo obiettivo quello di finanziare interamente il premio di 15mila euro destinato ai vincitori del DIG Pitch. «Uno dei nostri sogni sarebbe quello di erogare il contributo del DIG Pitch attraverso la Fondazione, legando indissolubilmente il nome di Matteo Scanni a quello di uno dei premi giornalistici più importanti in Europa», spiega il Comitato.

La Fondazione però non coincide esclusivamente con il DIG, e quindi una volta raggiunto questo primo traguardo l’idea è quella di provare a guardare anche oltre. «Se riusciremo a raccogliere i soldi necessari all’avvio della Fondazione Matteo Scanni, avvieremo una serie di progetti, rivolti soprattutto ai giovani, allineati ai valori per cui Matteo ha combattuto per una vita: curiosità, intraprendenza, onestà e coraggio», ci dice il Comitato.

«In tutta la sua carriera Matteo ha sempre cercato di creare degli spazi sicuri per difendere e promuovere il buon giornalismo e il lavoro dei reporter coraggiosi, di quelli che non guardano in faccia al potere e che svolgono il proprio mestiere cercando di avvicinarsi, per quanto possibile, alla “verità”», continua il Comitato Promotore che è composto in totale da cinque persone: Susanna Zatta, Angelo Miotto, Alberto Nerazzini, Valerio Bassan e Alice Azzolini. È un «piccolo gruppo di ‘fedelissimi’, amici, colleghi e compagni di una vita» che vuole continuare a costruire la visione di Scanni.

Il lavoro del giornalista investigativo è un po’ differente rispetto a quello dei suoi colleghi: cerca di rivelare segreti attraverso ricerche e approfondimenti, spesso richiede molto tempo (alcune inchieste hanno una grossa mole di dati da esaminare, ad esempio) e non sempre si ha la sicurezza di riuscire a pubblicare quanto si è riusciti a raccogliere – un esempio recente sono i cosiddetti Panama Papers, le inchieste di Glenn Greenwald sui documenti sottratti al governo USA da Edward Snowden.

È un lavoro incerto ma prezioso, perché espone al pubblico questioni che sono nascoste (a volte anche deliberatamente da qualcuno), e quindi chi ci lavora ha bisogno del sostegno di colleghi e di chi finanzia il lavoro di giornalistico.

Anche per questo motivo durante il DIG c’è una giuria specializzata che, tra le altre cose, premia il vincitore del DIG Pitch, finanziando un progetto di giornalismo d’inchiesta. Al DIG Pitch partecipano una selezione di finalisti che espongono alla giuria argomento, ambientazione e stile del reportage. L’esposizione avviene con un format peculiare: sul palco competono i finalisti che hanno 5 minuti di tempo per il racconto, 3 minuti per un video trailer e poi devono interagire e rispondere alle domande della giuria.

Come detto il finanziamento ammonta a 15mila euro e, come ha ricordato Laura Silvia Battaglia (allieva e poi collega di Matteo Scanni), si tratta di «un premio che ha una reale giuria internazionale, formata dai più importanti producer dei broadcasters mondiali, dalla Bbc ad Al Jazeera. Dig è il primo concorso giornalistico italiano che ha utilizzato la formula della produzione d’inchieste di ampio respiro come premio per i vincitori, e non con un contentino da poche migliaia di euro».

È possibile partecipare alla raccolta fondi in due diversi modi: con bonifico e sulla piattaforma GoFundMe. «Abbiamo lanciato il crowdfunding un paio di mesi fa, e siamo molto felici di come stia andando: l’entusiasmo e la vicinanza degli amici, degli studenti, dei colleghi di Matteo sono stati molto forti. Abbiamo notato subito una grande voglia di contribuire alla Fondazione, di confrontarsi, di raccontare, di non smettere mai di fare — che è un po’ il lascito di Matteo a tutti quelli che l’hanno conosciuto».

Alla metà di giugno, sono stati raccolti su GoFundMe oltre 5mila euro da 40 donazioni differenti, l’obiettivo sono i 30mila euro che la legge richiede per poter ottenere la personalità giuridica di “Fondazione”. «Quello che cerchiamo di fare è convogliare il desiderio di fare e aprire discussioni con le persone e le realtà che hanno lavorato con Matteo per fare in modo che la Fondazione abbia la possibilità finanziaria e il sostegno necessari per nascere. E siamo fiduciose e fiduciosi che presto riusciremo ad annunciare questa nascita», conclude il comitato.