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Il dibattito Trump-Biden è stato una dimostrazione di senilità

Trump ha usato le continue interruzioni come strategia per tenere basso il livello del dibattito, ma alla fine ciò che conta è che mentre il presidente continua a perdere sostenitori, Biden ne guadagna sempre di più sia a destra che a sinistra

Tayfun Coskun/Anadolu Agency via Getty Images

Non è più tempo per i dibattiti raffinati che animavano la campagna elettorale per il Senato di Abraham Lincoln e Stephen Douglas nel 1858: un confronto di tre ore nel quale il primo candidato parla 60 minuti, poi risponde l’avversario per un’ora e mezza e infine c’è un diritto di replica di 30 minuti. Mitch McConnell l’ha chiesto alla sua avversaria per il seggio al Senato  in Kentucky Amy McGrath, ma oggi è un format che richiede un’alta soglia di attenzione e di interesse. Che i cittadini dell’Illinois avevano dal vivo, ma che il pubblico televisivo nel 2020, distratto da mille stimoli, di sicuro non ha.

E allora è inutile concentrarsi sulle questioni di politica interna, sui tagli alle tasse di Trump che sicuramente Biden vorrà rimodulare o cancellare, sulla gestione disastrosa della pandemia dovuta all’atteggiamento ondivago di Trump ma anche su cose semplici come l’indossare una mascherina negli spazi chiusi, sulle sue frasi sprezzanti sui militari caduti in servizio contenute in un’inchiesta di The Atlantic, sugli accenni velenosi al figlio di Biden, Hunter, noto per essere stato coinvolto in un poco chiaro giro di affari in Ucraina. Di tutto questo non resta nulla. Rimangono i colpi bassi, le interruzioni, l’inadeguatezza del moderatore, che in questo caso era Chris Wallace di Fox News.

Ma era difficile per chiunque domare un presidente totalmente votato all’interruzione continua come strategia per tenere basso il livello del dibattito. I commentatori sono quasi unanimi nel definirlo il peggior confronto di sempre. Ma non è da poco tempo che succede che basti una singola battuta per prevalere, una punchline da riutilizzare come slogan. Nel 1980, nel secondo dibattito tra il presidente uscente Jimmy Carter e il suo sfidante Ronald Reagan, gli argomenti erano estremamente articolati e la visione dei due candidati precisa e coerente: per Carter era un superamento del New Deal con attenzione alla lotta contro le disuguaglianze, alla difesa dell’ambiente e alla ricostruzione di un clima di fiducia che superasse il “malessere”. Reagan rispondeva contrapponendo una visione muscolare di rinnovata sfida al sistema sovietico e uno shock economico che facesse ripartire un’economia ancora stagnante dopo gli anni del Vietnam. Ebbene, cosa ci si ricorda di tutto questa articolata contrapposizione? Una singola battuta di Reagan in risposta a un commento di Jimmy Carter riguardante il suo modello di sanità tutto basato sulle assicurazioni private: “There you go again”, ovvero “ecco, ci risiamo di nuovo”.

Ma anche quattro anni fa, molti ricordano le splendide performance di Hillary Clinton dove con calma e serenità demoliva la visione trumpiana dell’America first, inutilmente divisiva. Nel primo dibattito, mentre lei raccontava che la presunta ricchezza di Trump era solo un bluff e negli ultimi anni pagava poco o nulla di tasse, la sua risposta fu “this makes me smart”, ovvero “è perché sono intelligente”. E per i fan di Trump, che vedevano nel complicato sistema fiscale americano un nemico costante per la propria attività economica, quello fu un colpo da KO, anche se tutto il resto della serata andò avanti a colpi di attacchi personali.

Mentre nel dibattito di martedì notte in Ohio la strategia di Trump, volta a interrompere l’avversario di continuo e ad attaccare anche lo stesso moderatore può essere stata esaltante per i suoi fan più accaniti, la risposta, esasperata e umanissima di un Biden che ha comunque mostrato di essere affaticato da questi attacchi continui è stata un liberatorio “will you shut up man?” equivalente al nostro “taci un po’”. Ecco, nonostante il livello rasoterra delle altre argomentazioni, questa frase è diventata subito un grido di battaglia dei fan di Joe Biden, con una t-shirt grigia subito disponibile negli store della sua campagna elettorale.

Una sorta di sintesi assoluta, che ha fatto sì che anche se Biden ha dichiarato di non sostenere il piano di emergenza climatica del Green New Deal presentato al Congresso da Alexandria Ocasio-Cortez – una delle sue critiche più accese della sinistra dem – l’interessata ha risposto subito a un tweet dell’ex consulente di Trump Kellyanne Conway dicendo che proprio per questo sostiene Biden, per buttare giù una strategia per rispondere alla crisi climatica. Alla fine ciò che conta è questo: che il candidato dem ha raccolto nuovi supporter sia a destra che a sinistra e che invece Trump ne sta perdendo costantemente, senza guadagnarne di nuovi.

E se ci stupiamo dell’età avanzata dei due contendenti: non deve stupire in un Paese dove la speaker della Camera Nancy Pelosi ha 80 anni, il capogruppo repubblicano al Senato Mitch McConnell ne 78 e la sua controparte dem Chuck Schumer ne ha 70. Secondo una ricerca dell’American Association of Retired Person, alle presidenziali del 2016 il 71% degli americani over 65 si è recato alle urne, contro il 46% della fascia 18-29. Normale che anche l’età dei candidati rispecchi quella della fetta maggiore di popolazione che esercita il suo diritto. Se si vuole che la prossima volta a contrapporsi ci siano Alexandria Ocasio-Cortez, classe 1989, magari contrapposta all’astro nascente dei conservatori, il deputato texano Dan Crenshaw nato nel 1984, bisogna che i giovani vadano in massa alle urne. Altri metodi non ce ne sono.

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