Il caso Anzaldo è un’anticipazione di ciò che sarà la libertà di stampa se Giorgia Meloni andrà al governo | Rolling Stone Italia
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Il caso Anzaldo è un’anticipazione di ciò che sarà la libertà di stampa se Giorgia Meloni andrà al governo

La giornalista Rai è finita nel mirino della destra, che ne ha chiesto la sospensione per via di una battuta su Giorgia Meloni. Fa sorridere che queste accuse provengano da Fratelli d'Italia: gioverebbe ricordare, infatti, quanto accaduto a maggio, quando il direttore del Tg2, Gennaro Sangiuliano, ha presenziato alla convention del partito per conferire il proprio endorsement alla leader con un comizio in piena regola

Il caso Anzaldo è un’anticipazione di ciò che sarà la libertà di stampa se Giorgia Meloni andrà al governo

Nelle ultime ore, la giornalista della Rai Elisa Anzaldo è diventata il bersaglio di un attacco mediatico coordinato dai principali leader politici della destra. Per comprendere le ragioni che hanno innescato questa crociata nei confronti di una professionista del servizio pubblico, bisogna riavvolgere il nastro: il 3 agosto, durante la rassegna stampa del mattino, la conduttrice del TG1 ha risposto a una battuta pronunciata dal suo ospite in studio Alessandro Barbano, condirettore del Corriere dello Sport.

L’anticamera del dramma è stata una discussione sui dubbi relativi alla fede calcistica della leader di Fratelli d’Italia, che negli ultimi giorni è stata accusata di aver tradito la fede laziale per passare a quella romanista. Interpellato sulla questione, Barbano ha ironizzato dicendo: «Se peccato è, in questo caso non è il peggior peccato di Giorgia Meloni», incassando la “terribile” risposta della conduttrice, che ha avuto l’ardire di pronunciare una frase destinata ad alzare un polverone senza precedenti: «Ce ne sono tanti altri».

Apriti cielo: da quel momento in poi, è partita un’intifada iniziata nei quartieri generali della Rai e, successivamente, allargata anche ai social. La prima denuncia è arrivata da Daniela Santanché, capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Vigilanza Rai, che ha dichiarato: «Molto grave quanto accaduto questa mattina nel corso della rassegna stampa del Tg1, dove in maniera del tutto gratuita e in violazione di qualsiasi principio deontologico la conduttrice Elisa Anzaldo, peraltro volto dell’edizione delle 20 del Tg1, ha pesantemente attaccato Giorgia Meloni». Alle parole di Santanché ha fatto eco l’alzata di barricate della Lega: i parlamentari del Carroccio presenti in Commissione di Vigilanza hanno infatti diffuso una nota che chiede «l’immediata sospensione di Elisa Anzaldo dalla partecipazione ai programmi dopo lo spettacolo indecente visto stamane durante la rassegna stampa del Tg1».

Ora: la battuta poteva essere evitata ed è legittimo sottolineare l’esigenza di un approccio deontologico nella televisione pubblica, a maggior ragione a poche settimane dalle elezioni. Fa però sorridere che queste accuse provengano proprio da Fratelli d’Italia. Gioverebbe ricordare, infatti, quanto accaduto a maggio, quando il direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano ha presenziato alla convention del partito per conferire il proprio endorsement a Giorgia Meloni, prodigandosi in un discorso di carattere eminentemente politico e, addirittura, premurandosi di lanciare il discorso immediatamente successivo della leader di Fratelli d’Italia: in casi come questi, come si reagisce? Non si parla di informazione di parte, quando la partigianeria è a destra? In più, attaccare Anzaldo rimproverandole scarsa professionalità è quantomeno ingeneroso: nel 2011, in polemica con l’allora direttore Augusto Minzolini, lasciò la conduzione del Tg1 proprio per via di una linea editoriale che reputava eccessivamente parziale assunta dal telegiornale, rivendicando la necessità di mantenere «l’equilibrio, l’imparzialità, la correttezza, la completezza» – siamo seri: in quanto a deontologia, Anzaldo ha ben poco da imparare.

Ma andiamo avanti: nel 2019, Sangiuliano è stato a più riprese accusato di «faziosità» a causa dell’ampia esposizione mediatica concessa all’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, e al suo partner di coalizione Luigi Di Maio, ai tempi ministro dello Sviluppo economico – secondo l’Agcom, nel gennaio 2019, nel momento di massimo splendore del governo gialloverde, Tg1, Tg2, Tg3 e Rainews hanno dedicato uno spazio di 9 ore e 17 minuti (il 32% del tempo) a Salvini e Di Maio, e di sole 3 ore al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Secondo alcuni critici, la sua missione sarebbe quella di creare una sorta di mainstream sovranista, traghettando fino alla ribalta mediatica tematiche che, fino a qualche anno fa, sarebbero rimaste relegate a qualche blog di “contro-informazione” – spoiler: anche in quel caso, non abbiamo assistito ad alcuna alzata di scudi da parte della destra. Si potrebbe obiettare che, al tempo, le elezioni non eran dietro l’angolo e, quindi, Sangiuliano non fosse tenuto al rispetto della par condicio: vero, ma parliamo pur sempre di un’intera emittente consacrata per mesi alla celebrazione delle gesta di una precisa parte politica per mesi.

Alla fine, Anzaldo è stata costretta a scusarsi, anche per evitare ulteriori ritorsioni. «Mi rendo conto che una battuta venuta male, nella rassegna delle 7 del mattino, sta dando spazio a interpretazioni distorte del mio pensiero», ha spiegato la conduttrice. «Nella conversazione con Alessandro Barbano ho chiosato sulla metafora calcistica, ma il risultato finale è stato diverso da quello che avrei voluto. Nelle mie intenzioni parlavo ancora di calcio. Poiché il tono è stato avvertito come improprio, me ne scuso»: obiettivo raggiunto, anche perché, Anzaldo non ha più la guida della rassegna stampa mattutina del Tg1.  In ogni caso, se Meloni andrà al governo e la Commissione di Vigilanza Rai dovesse spostarsi ancora più verso destra, una cosa è certa: una battuta di troppo contro la leader maxima potrebbe scaturire in una sospensione dal lavoro.

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