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I treni non sono più per tutti

Se molti pendolari rischiano di arrivare in ritardo al lavoro o in università a causa dei disservizi del sistema ferroviario, in troppi ancora rischiano di non salire neanche a bordo. Li abbiamo intervistati

I treni non sono più per tutti

Foto di Chesnot via Getty Images

Immaginate di essere gli unici a vedere degli ostacoli che nessuno sembra notare. Anzi, che per molti non esistono nemmeno. Questo succede a Imen, Elena e Andrey in molte stazioni ferroviarie italiane. In queste settimane in cui sono tornate a farsi sentire le proteste dei pendolari contro le carenze della compagnia ferroviaria regionale Trenord (società controllata da FNM, la cui maggioranza è di Regione Lombardia e Trenitalia) sulle barriere architettoniche e culturali contro le persone affette da disabilità motoria è stato detto poco o nulla. In questi mesi di pandemia i problemi sono perfino peggiorati, vista la carenza di personale che ha coinvolto un po’ tutte le aziende di trasporto pubblico.

Imen Bouhdid è una pendolare di vent’anni che da Seregno, una cittadina in provincia di Monza, tutti i giorni deve raggiungere l’università a Milano per frequentare le lezioni, ma per lei è difficile viaggiare in autonomia, come ha raccontato a Rolling Stone: «devo comunicare i miei spostamenti 48 ore prima di salire sui mezzi per far sì che ci sia il personale adatto sul treno», ha detto, «peccato che spesso non è così. Due settimane fa ho dovuto prendere un pullman da Seregno, cambiare stazione e salire sul treno da Cesano Maderno. Sono partita alle 13 e sono arrivata in università alle 15.30, più di due ore dopo, anche se la normale durata del viaggio è di 30 minuti».

Certo, se le infrastrutture fossero adatte, e ad esempio il treno arrivasse sempre a livello con la banchina, in molti casi non ci sarebbe nemmeno bisogno di un’assistenza. Elena Pietroni, che ha 25 anni ed è stata pendolare quando frequentava filosofia a Lugano ha fatto diversi esposti a RFI, la società che gestisce il 90% delle stazioni italiane, perché l’ascensore della stazione di Seregno era perennemente rotto: «ho provato a saltare degli esami – ci racconta – perché non riuscivo a raggiungere l’Università. Ho continuato a scrivere, ma la maggior parte dei miei reclami sono rimasti inascoltati».

Anche Andrey Dj Rey, 29 anni, ha dovuto confrontarsi con questi problemi quando ha iniziato a frequentare l’università; addirittura, il piccolo comune dove viveva, Cavaria con Premezzo in provincia di Varese, non aveva una stazione attrezzata: lì le persone in carrozzina non potevano né scendere né salire dal treno. Si tratta di una situazione comunissima in Italia, soprattutto in provincia. Andrey ha dovuto aprire gli occhi agli amministratori locali e a RFI per vedersi riconosciuto il diritto di viaggiare, come ha detto a Rolling Stone: «dopo le mie continue proteste è stato installato un ascensore. Ci hanno messo un anno, e si sono dimenticati la tettoia: in caso di pioggia diventava inutilizzabile. Alla fine per motivi di salute e per la difficoltà a spostarmi ho dovuto abbandonare gli studi».

Fortunatamente, però, Andrey non si è trovato solo in questa battaglia. Nel 2012, lo stesso anno in cui ha iniziato economia all’Università Bicocca, è stato uno dei fondatori del collettivo “Disabili Pirata”, un gruppo affiliato all’associazione Abbatti le Barriere, parte anche del Disability Pride Network, che cerca di rendere i trasporti più agibili in tutta Italia.

Il problema dell’assistenza e della scarsa autonomia dei viaggiatori è ancora centrale: «le Sale Blu – continua Andrey – il servizio che registra le richieste di assistenza per i viaggi in treno, spesso hanno notevoli problemi di comunicazione. Noi Disabili Pirata abbiamo dedicato un video a questo tema: ci siamo recati in presenza nella Sala blu di Milano Centrale chiedendo di prenotare un viaggio breve, uno regionale fino a Legnano, e uno a lunga percorrenza Milano – Roma. Nella stazione di Legnano non era garantita nessuna assistenza, quindi per raggiungere l’ospedale dove avevo prenotato una visita, sarei dovuto scendere a Busto Arsizio, che dista sette chilometri. Quando ho chiesto come potevo fare per raggiungere l’ospedale mi è stato risposto ‘prenda un taxi’. Anche per il tragitto Milano – Roma, con i modernissimi Frecciarossa non sono mancati i problemi».

Anche il parco mezzi utilizzato sulla nostra rete ferroviaria spesso non è adeguato: nei casi migliori i treni non hanno un numero sufficiente di posti attrezzati per le carrozzine, nei peggiori sono completamente inagibili. “I posti riservati alle carrozzine sul Frecciarossa Milano – Roma” continua Andrey “erano solo due. Ci hanno detto che se volevamo salire tutti (chiedevamo posti per 4 o 5 carrozzati) ci avrebbero spalmato su più viaggi.

Anche in Lombardia, poi, nonostante su alcune linee siano stati adottati nuovi treni più attrezzati, non dappertutto è così: su alcune tratte circolano ancora i modelli MD Casaralta 582 e 668 con doppio o triplo gradino all’entrata, completamente inutilizzabili per molte persone. Fortunatamente quei treni saranno presto sostituiti in Lombardia, ma sono ancora presenti sul territorio nazionale. Le carenze croniche di personale e finanziamenti in aziende come SaleBlu e RFI sono proprio il sintomo della cecità di amministrazioni locali, compagnie e altri passeggeri davanti ai problemi sollevati dai Disabili Pirata. Se molti pendolari rischiano di arrivare in ritardo al lavoro o in università a causa dei disservizi del sistema ferroviario, in troppi ancora rischiano di non salire neanche a bordo.

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