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I libri che Salvini non vuole farci leggere

Per sconfiggere la narrazione ultra-conservatrice della nuova destra c'è solo una soluzione, studiare. Per iniziare, due volumi: i falsi miti del fascismo e la trasformazione della Lega da "costola della sinistra" a partito sovranista

I libri che Salvini non vuole farci leggere

Matteo Salvini

Foto: Insidefoto/Alamy Live News/IPA

Alla vigilia delle elezioni europee, è bene ricordare che una delle ricette fondamentali del populismo è quella di ripetere ad libitum dati falsi spacciandoli come reali e verificabili. Basti per tutti il dato dei 900mila clandestini da rimpatriare, poi nettamente ridimensionato da Matteo Salvini una volta andato al governo. E proprio a lui e ai suoi elettori che il messaggio “leggere per informarsi” ha un senso ancor maggiore. Perché la sua azione comunicativa si muove su due binari. Uno, che potremmo definire “pratico”, consiste nel descrivere politiche di destra estrema come semplice “buonsenso”. L’altro piano invece è quello “storico-mitico”, che vede l’epoca fascista come una sorta di età dell’oro, prima dell’alleanza con Hitler e delle leggi razziali. Quelle sì, viste come nefaste, ma che non inficiano le “cose buone” attuate dal regime.

Per demistificare questa narrazione, com’è ovvio, serve leggere e studiare, per capire che il regime era un brutale totalitarismo piagato dall’inefficienza e che le politiche proposte dalla Lega di Salvini sono in tutto e per tutto assimilabili a quelle dei suoi colleghi europei che, per un caso fortuito, si collocano tutti all’estrema destra dell’arco parlamentare. Ma il tempo è tiranno e i ritmi della vita lavorativa sono quelli che ben conosciamo. Quindi la scelta si può limitare a due libri. Brevi. Poco più di cento pagine il primo, centocinquanta il secondo, con tante figure e grafici.

In tutto sono al massimo quattro o cinque ore di lettura. Un paio di sere dedicate. Si può fare, prima delle elezioni.
Il primo è un libro di Francesco Filippi dal titolo abbastanza chiaro, Mussolini ha fatto anche cose buone, pubblicato da Bollati Boringhieri. Il testo ha una struttura semplice, con capitoli dal titolo esplicativo come “Il duce economista” o “Il duce condottiero o statista”, ma anche “Il duce previdente e previdenziale” o “Il duce della legalità”. Una ventina di pagine al massimo dove si distruggono i luoghi comuni sul fascismo quale “inventore delle pensioni” o della sanità pubblica. La prima misura venne implementata in età giolittiana, mentre la seconda arrivò soltanto negli anni ’70, quale frutto dimenticato degli anni del compromesso storico tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista. Una serie di vignette che mostra quindi un Mussolini quale eroe rovesciato, artefice di un regime disastroso sotto ogni aspetto, dove la percezione di sicurezza era favorita dal divieto di pubblicare sui giornali notizie riguardanti la cronaca nera.

Per quanto riguarda invece Matteo Salvini, cui molti nostalgici del passato regime guardano con fiducia e speranza, bisogna leggere il volume La Lega di Salvini. Estrema destra di governo, di Gianluca Passarelli e Dario Tuorto, edito da Il Mulino. Per i lettori frettolosi, non dice né che la Lega sta instaurando un regime autoritario né che si tratta di un partito erede della tradizione politica postfascista, ma che, attraverso una veloce trasformazione avvenuta negli ultimi anni, è un partito di estrema destra. Se negli anni di Bossi qualcuno come Massimo D’Alema l’aveva definita “costola della sinistra”, in queste pagine si nota come l’elettorato della Lega sia diventato sempre più riconducibile a posizioni ultraconservatrici e reazionarie. Non solo la chiusura e ostilità all’immigrazione, che, pur crescendo d’importanza come tema rispetto all’epoca di Umberto Bossi, adesso è diventato nodale. Così come la chiusura totale sui diritti come l’aborto, le unioni civili e perfino il divorzio, dove l’elettorato leghista è composto al 40% da persone che esprimono chiusura totale su questo. E nonostante questo, gli assidui alla Messa sono una netta minoranza, così come i tanto vantati “operai”, che gli preferiscono il Movimento 5 Stelle.

Nonostante la svolta nazionalista, la Lega non è ancora un partito nazionale, essendo espressione, così come dimostra la volontà di attuare la flat tax, di un certo ceto imprenditoriale del Nord dove la Lega trova il suo vero bacino elettorale. Tutte queste politiche ben precise, spiegano gli autori, vengono mascherate sotto la cortina fumogena del “Buonsenso” che non è chiaro da dove tragga legittimazione. Se questo non è dato saperlo, un sacco di altre cose sì. Forse anche per questo due consiglieri regionali leghisti in Emilia Romagna hanno protestato contro il fatto che questo libro si trova in un programma d’esame dell’Università di Bologna, dicendo che non è “leale verso lo Stato”. Ignorando cose come la libertà di ricerca e il fatto che un partito non possa essere identificato con uno stato (Quello avveniva ai tempi del soggetto del libro precedente). Leggete questi due libri. E fateli leggere anche a chi vorrebbe mettere la croce sul simbolo di Alberto da Giussano. Sarà una riflessione utile.

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