Ho visto per un mese Del Debbio e ora Feltri sembra un docile conciliatore | Rolling Stone Italia
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Ho visto per un mese Del Debbio e ora Feltri sembra un docile conciliatore

‘Dritto e Rovescio’, il programma di approfondimento Mediaset, racconta un mondo parallelo dove evadere le tasse è “una forma di democrazia”, i cori contro i neri sono goliardia e non c’è differenza tra pregiudizi e opinioni

Ho visto per un mese Del Debbio e ora Feltri sembra un docile conciliatore

Paolo Del Debbio entra in studio, apre una scatolina che ha tra le mani, mostra una fede e si gira verso una signora del pubblico: “Questa donna ci aveva raccontato di essersi dovuta impegnare la fede per pagare le bollette. Noi siamo andati al negozio, l’abbiamo recuperata e gliel’abbiamo portata. Eccola qui signora”. Consegna della fede, musica epica modello Gladiatore, commozione della signora, applauso. “E ora, Dritto e rovescio può iniziare!”.

È cominciato con un rito antichissimo, il mio mese di immersione all’interno del programma di approfondimento Mediaset tra i più seguiti. È il 10 ottobre, ora di cena. Dopo aver consegnato la fede, Del Debbio mostra al pubblico la novità del programma: una sirena dell’autoambulanza piazzata al centro dello studio: “Così se gli ospiti fanno casino come al solito, io suono la sirena e porto tutti al reparto mentale”.

Una cifra stilistica del mondo televisivo Deldebbiano, il “casino”. Il programma consiste in 3 ore di dibattiti, servizi e scontri, ogni giovedì, su Rete 4, capaci di tenere incollati ogni settimana circa 1,2 milioni di spettatori (circa 6% di share) e di creare polemiche piuttosto riprese. L’ultima, lo “scontro” tra il vignettista Vauro e il fascista e pregiudicato Il Brasile.

Feltri e l’evasione

Nella puntata che guardo, la mia “prima”, l’ospite intervistato è Vittorio Feltri. In ordine sparso, e tra le risate di conduttore e pubblico, il direttore dice che “Di Maio si è tagliato i coglioni”, “la Boschi mi fa sangue”, “dico ricchione perché uso il linguaggio del popolo” e “l’evasione a volte è un eccesso di legittima difesa dalle tasse”.

Uno dei tre caposaldi tematici dell’universo Deldebbiano, l’evasione. Per buona parte della puntata, grande spazio viene dato a baristi, ristoratori, commercianti che dicono di evadere per necessità, lamentandosi delle tasse e del governo più o meno ladro. Una cosa che imparerò presto in questo mese è che la narrazione deldebbiana è imprevedibile, brillante, volutamente confusa, ma dotata di una costante: l’affidamento della ragione al popolo italiano. La puntata prosegue con il secondo caposaldo: la sicurezza, legata strettamente al terzo, l’immigrazione. Dritto e rovescio amalgama tutto: la conferenza stampa del capo della Polizia “sulle azioni criminose in aumento degli stranieri” e i migranti accolti in Chiesa. Le “gang dei latinos” e la Open Arms. La fine è dedicata a “Lo scontro: magri contro grassi”, con l’intervento di tale Claudio, promotore della Paleodieta che in diretta, e senza che nessuno lo contraddica, definisce la dieta mediterranea, celebrata e indicata come modello da tutte le istituzioni scientifiche mondiali, “una delle più grande disgrazie del nostro tempo”.

I migranti

Il canovaccio è sempre lo stesso – godibilissimo – e lo vedo tutto nella seconda puntata, quella del 17 ottobre. Del Debbio introduce l’argomento: “I migranti accolti in chiesa”. Pone una domanda, che quasi sempre equivale a un sospetto, e che viene cristallizzata sulla testatina in basso dello schermo: “Prima i migranti, poi i poveri”, seguita da “Migranti e accoglienza, la chiesa fa politica?”. Quindi lascia simpaticamente scannare tra di loro un un politico di sinistra (il “buono”), un giornalista di destra (il “bruto”) e un politico leghista, (il “cattivo”), alternando i loro interventi con quelli del pubblico, elemento fondamentale nei programmi deldebbiani, con i suoi applausi, facce in primo piano e fischi. Tra le perle, il signore Silvano che dice: “Aiutiamo tutti, ma prima l’italiano. Vedo questi migranti, non mi sembrano persone che stanno malissimo”. Del Debbio dice che “va bene, ci fermiamo 60 secondi per la pubblicità”.

Come ogni uomo profondamente intelligente e coltissimo, si preoccupa di apparirlo molto meno. Nato a Lucca 61 anni fa, l’uomo ha avuto quattro vite. La prima da studioso, con studi prestigiosissimi in filosofia alla Pontificia Università della Santa Croce di Roma. La seconda da uomo-azienda di Mediaset, con responsabilità alle “relazioni esterne ed istituzionali” e poi come assistente di Fedele Confalonieri. Lavora al centro studi, una sorta di salotto di quella che sarà l’intellighenzia berlusconiana. C’erano lui, don Gianni Baget Bozzo, Giuliano Urbani. E quando nel 1993 Berlusconi chiede a Confalonieri di dargli qualcuno per scrivere il programma della futura Forza Italia, Paolo Del Debbio passa in prestito a Silvio ed entra nella sua terza vita, quella di politico. “Era il 1993 e un pomeriggio ad Arcore Berlusconi mi disse: ‘siccome vincerò le elezioni mi servirebbe anche un programma di governo. Ora ti ci metti e me lo scrivi’”. Del Debbio lo fa. Dirige l’Ufficio Studi di Forza Italia, si candida perdendo alle regionali in Toscana e lavora come assessore per le periferie e la sicurezza nella a Milano. Ma la politica di palazzo, forse, non fa per lui, che vuole “sentire il popolo”. E così nel 2004 comincia la sua scalata nei programmi d’approfondimento Mediaset, la quarta vita. Lo spirito delle trasmissioni si vede già nei titoli: Secondo Voi, Dalla vostra parte, Perché sì perché no e Dritto e rovescio. I programmi sono stati già definiti dai critici come i più “populisti” della tv italiana. Il loro conduttore, con quella parlata toscana e un po’ annoiata, è stato imitato da Crozza, definito “un Funari colto” da Maurizio Costanzo e più semplicemente “demagogo” da Aldo Grasso. “Io in televisione do solo voce alla piazza”, ha rivendicato orgoglioso lui. “Voglio le persone comuni, quelli che non conosce nessuno”. Le urla in studio? “Quelli urlano perché stanno male”.

L’Umbria

La puntata successiva, del 24 ottobre, è dedicata all’Umbria, dove qualche giorno dopo si sarebbero tenute le Regionali vinte dalla Lega. Del Debbio intervista Matteo Salvini, accolto da un tripudio in studio. Si scherza sul caso Russia. Il leader leghista è a casa sua. Anche troppo, visto che per i più maligni l’approfondimento targato Mediaset degli ultimi anni avrebbe dato la volata al trionfo grillino e soprattutto leghista alle ultime elezioni. Ma sia chiaro: Del Debbio non è al servizio di nessuno. Solo, come ogni buon conduttore, a quello degli ascolti; e, come ogni buon uomo dello spettacolo, a quello del suo popolo. L’uomo, gli va dato atto, è popolarissimo. Si fa filmare mentre stringe mani ai vecchietti del mercato Corvetto di Milano, o mentre visita la casa sgarrupata di una signora che non può rifare il bagno: “A queste persone diamo solo noi la voce”, dice orgoglioso. Nella puntata prima delle Regionali, per esempio, solo lui dà voce al signore del pubblico che fa notare come “l’unica democrazia rimasta in Italia è quel poco nero che si fa” (approvazioni); alla signora che dice “Immigrazione uguale business” (applausi); al comunista Lamberto che invita a “non parlare più di immigrati, stanno chiudendo le fabbriche a Brescia!”. La puntata parla sempre dei soliti temi: immigrati, criminalità, tasse in manovra. E si chiude con il cavallo di battaglia deldebbiano dell’ultimo mese: il caso di una bambina Rom rimasta incinta a 13 anni.

Le bambine Rom

Alla quarta puntata, quella del 31 ottobre, inizio ad accusare il colpo ma mi sento ormai un esperto del caso della bambina rom incinta. E rimango ogni volta ipnotizzato dal fascino magnetico dei titoletti in sovrimpressione, secondo me la vera cifra stilistica della trasmissione e catalizzatrice di ascolti. Tra i più degni di nota, ho appuntato: “Siamo insicuri a casa nostra?”, “Uccidono e rubano, ma non pagano mai”, “Delinquenti più tutelati degli onesti?”. Tra i relatori, una vecchina derubata, un tabaccaio che ha messo in fuga i suoi rapinatori, uno che ha preso quattro coltellate e un negoziante che dopo aver subito 11 furti dorme nel suo negozio. È in collegamento, seduto su un letto. Nel suo negozio, ovviamente.

Er Brasile

La puntata più gustosa di tutte è la quinta, quella del 7 novembre. C’è l’evergreen della bimba incinta (la novità è che il padre dice di non essere più il padre), Meluzzi che tira fuori Bibbiano (e i giudici), la Santanché che litiga ancora col capo Rom, e un po’ di preti gay che litigano con preti che sono contro i preti gay e con escort che vanno con i preti gay. Tra le perle della serata, Mirko, escort, drag queen e modello di nudo artistico, che punzecchia padre Ariel (quello contro i preti gay): “Guardi, quando mi s’è avvicinata mi sembrava la Valeria Marini…”. Ma nei giorni successivi si parlerà dello scontro tra Vauro ed Er Brasile. Tutto parte quando Del Debbio introduce l’argomento razzismo in Italia. Relativamente, come sempre: “C’è razzismo diffuso in Italia oppure no? Ne parliamo con…”, un leghista (Riccardo Molinari), una giornalista (Francesca Fagnani), uno di sinistra (Vauro), un nero (Mustafa) e tale Joe Formaggio, sindaco di Albettone che dice le testuali parole, rimanendo serio: “I cori a Balotelli? È goliardia. Invece i vostri comunisti per strada danno fuoco alle macchine e alle vetrine”. La discussione si allarga, forse eccessivamente, fino a coinvolgere la figura di Mussolini, l’opportunità di piazzale Loreto, i centri sociali e il significato del comunismo oggi. A riportare tutti alla calma ci pensa, parole di Del Debbio, “il grande ritorno d’Er Brasile”: un ultrà della Roma, pieno di tatuaggi di Hitler e Mussolini, affascinato da cocaina e armi in passato e telecamere nel presente, cui si offre per portare in dote teorie sulla Storia e sul suo – presunto – prestigio criminale: “Roma non è fascista”, precisa intervenendo in studio. “Roma è casa mia, dove vige ordine e disciplina”. Francesca Fagnani sbotta: “Ma in che film?”. Segue attacco del Brasile, minaccia e scazzo con Vauro. Del Debbio si rivolge a entrambi, con pari dignità: “O vi riprendete o vi butto fuori tutti e due”. Tutti e due. Il pregiudicato e il vignettista, il fascista e il comunista. Sarà questa parità di trattamento a causare le critiche più feroci alla trasmissione.

Eppure, dopo un mese di visioni deldebbiane, quella scena sgradevole passa davanti ai miei occhi come la più naturale di tutte. Come uno dei tanti “scontri” che ho visto in questo mese tra opinionisti contrapposti, più o meno popolari e piuttosto spesso populisti. Arrivo quasi a non distinguere più i pregiudizi dalle opinioni, le false affermazioni dagli intelligenti dubbi, le stupidaggini dalle argomentazioni, gli insulti dai giudizi. Perché ho visto tutte queste “cose” trattate allo stesso modo, ognuna con la stessa dignità e lo stesso valore, secondo quell’equazione inesatta per cui due mezze opinioni potrebbero farne una. Anziché annullare quelle intere.