Rolling Stone Italia

Frontex viola sistematicamente i diritti umani?

l’Ong Sea Watch porta Frontex davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea perché, secondo gli attivisti, l’agenzia «lavora per intercettare le persone invece che soccorrerle»

Foto via Getty

Fin dalla sua costituzione, il ruolo giocato da Frontex, l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, è stato quello di difensore dei diritti umani fondamentali e delle frontiere esterne dell’Unione Europea. Un ruolo, però, molto scomodo, definito “schizofrenico” dallo stesso Fabrice Leggeri, che una settimana fa si è dimesso dalla carica di direttore esecutivo dell’agenzia, dopo le accuse di respingimento illegale dei migranti. «Tra l’imperativo di non far passare irregolarmente le persone e, dall’altro, il principio di non respingimento per chi ha bisogno, come si fa?», si è lamentato. E adesso, l’ong Sea Watch porta Frontex davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Il motivo? Mancata trasparenza da parte dell’agenzia rispetto alle operazioni di soccorso in mare che dovrebbe coordinare. Come spiega Alberto Mallardo di Sea Watch Italia: «Quello che vogliamo dimostrare, anche in tribunale, è che, dietro alle reticenze di Frontex, c’è una sistematica violazione del diritto internazionale e dei diritti umani».

Mallardo ha detto a Rolling Stone che la decisione è stata presa dopo che alla ong è stato negato l’accesso ai documenti elaborati da Frontex in occasione del respingimento di alcuni migranti verso la Libia, avvenuto lo scorso luglio. Secondo l’agenzia, infatti, la divulgazione dei documenti avrebbe costituito un rischio per la sicurezza pubblica. Ma per Sea Watch si tratta di una grave mancanza di trasparenza. «Eravamo la nave più vicina per poter prestare soccorso ai migranti, ma Frontex, che dovrebbe coordinare i soccorsi in mare, non ci ha avvisato, mettendo a rischio l’incolumità delle 20 persone a bordo dell’imbarcazione diretta verso le coste italiane», spiega Mallardo. Alla fine, è stata la guardia costiera libica a soccorrere e riportare indietro i migranti. «Non sappiamo cosa sia successo a queste persone. Chiediamo l’accesso ai documenti di Frontex proprio per poter dimostrare come l’agenzia, invece di consentire che le persone in pericolo vengano soccorse e portate in un luogo sicuro, abbia come obiettivo primario quello di respingerle in Libia».

Mallardo collabora con Sea Watch da quasi tre anni. «Con Frontex abbiamo problemi ogni giorno», dice. Non è, infatti, la prima volta che Sea Watch si scontra con Frontex nel Mediterraneo Centrale, dove l’agenzia porta avanti l’operazione Themis, con l’obiettivo di «supportare l’Italia nel controllo delle frontiere, nella sorveglianza e nella ricerca e soccorso». Ma, secondo l’ong, questo si traduce, nei fatti, nel respingimento delle «persone che fuggono dalla Libia e che vengono intercettate dalla cosiddetta guardia costiera libica per far sì che non raggiungano le coste europee».

«Le autorità europee preferiscono che a intervenire in mare sia la guardia costiera libica, anche se è un corpo violento e privo di esperienza», spiega Mallardo. «C’è la precisa volontà di delegare la gestione dei confini europei ad attori terzi. Si vogliono bloccare le partenze, costi quel che costi». Questo nonostante le crescenti preoccupazioni sul trattamento riservato ai migranti da parte della guardia costiera libica, il crescente numero di vittime in mare e l’assenza di un’autorità centrale in Libia. Eppure anche Mallardo e i suoi colleghi hanno assistito più volte alle violenze della guardia costiera libica. «Lo scorso anno, abbiamo visto una motovedetta libica sparare a un’imbarcazione di migranti e visto picchiare i migranti a bordo. Le nostre navi sono state minacciate più volte via radio: ci dicevano che ci avrebbero arrestati e ci avrebbero portati in Libia. Altre volte hanno minacciato di aprire il fuoco anche su di noi. È un corpo violento, che riporta le persone intercettate in un Paese in cui non viene garantito l’accesso ai diritti umani», dice.

Oggi, spiega Mallardo, Frontex è presente nel Mediterraneo Centrale «con soli assetti aerei che pattugliano l’area, individuano le imbarcazioni in difficoltà e cooperano con le autorità libiche». Riguardo a questo aspetto, Rolling Stone ha provato a contattare Frontex, ma al momento non ha ricevuto risposta. Per gli attivisti di Sea Watch, però, l’agenzia «lavora per intercettare le persone invece che soccorrerle». Secondo Mallardo, infatti, la più grande criticità di Frontex è «il suo focus sulla difesa dei confini europei e non sulla salvaguardia della vita in mare». «Il lavoro che Sea Watch e altre ong portano avanti nel Mediterraneo dovrebbe essere di competenza degli Stati europei», dice Mallardo. «La nostra è solo un’azione di supplenza, deve essere temporanea e non può essere pensata come strutturale alla gestione delle frontiere europee. Con la crisi ucraina abbiamo visto che ci possono essere soluzioni alternative legali e dignitose per accogliere le persone in fuga. Se si guarda alla frontiera sud, però, a tanti viene riconosciuto l’asilo solo dopo aver rischiato la vita in mare ed essersi messi in mano ai trafficanti», aggiunge. «È arrivato il momento di sbarazzarsi degli approcci emergenziali per la gestione dei flussi migratori».

Iscriviti