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Fedez vuole diventare il Berlusconi della generazione Z?

Da ieri si parla del possibile ingresso in politica del rapper nel 2023. È carismatico, è una potenza mediatica, è il simbolo di una "nuova" Italia portatrice di nuovi stili di vita. Chi vi ricorda?

Foto: Elisabetta A. Villa/Redferns via Getty Images

24 ore fa, una bomba si è abbattuta sulla politica italiana: la notizia della possibile, ipotetica prossima discesa in campo di Fedez. A dare la notizia è stato Il Corriere della Sera annunciando che la ZDF, società di proprietà del rapper, aveva registrato il dominio FedezElezioni2023.it – un nome che lasciava presagire in modo abbastanza palese un coinvolgimento nelle prossime elezioni politiche.

Subito giornalisti e commentatori hanno cominciato a discutere della possibilità. È vero? Oppure è solo una trovata pubblicitaria? C’è stato chi ha scomodato paragoni tra i Ferragnez e i Kardashian per sostenere la tesi dell’uso strumentale della politica come di un mezzo piegato ai fini del marketing – Fedez che scende in politica non perché voglia davvero sedere in Parlamento ma con l’unico scopo di attirare ancora più attenzione su di sé e vendere smalti o qualsiasi altra cosa voglia vendere al suo pubblico. C’è stato chi ha sottolineato come il rapper non sia nuovo ad abbracciare cause politiche – e del resto avevamo già parlato di lui e del suo rapporto con la politica in varie occasioni, per esempio lo scorso maggio in occasione del suo discorso sul ddl Zan dal palco del Concertone.

Che mondo della politica e mondo dei social siano in rotta di collisione non è una novità. C’è anche un’espressione nata per etichettare il fenomeno: “politica Netflix”, qualcosa che va oltre l’improvvisa radicalizzazione politica di Fedez. Lorenzo Pregliasco, fondatore di YouTrend e professore di Scienze politiche all’università di Bologna, ha indicato tre caratteristiche del fenomeno: primo, la presenza di soggetti non politici che pubblicano e si espongono su temi politici; secondo, la tendenza a costruire dei momenti di partecipazione politica on demand; terzo, la disintermediazione che porta dei personaggi con comunità da migliaia di follower a mobilitarsi su certi temi senza passare per i canali tradizionali.

Finora però, appunto, questa collisione (al di là del tema su chi in essa abbia la peggio, se gli influencer o la politica) si era realizzata su singoli temi, spesso temi “morali” più che politici: il razzismo, ad esempio, o i diritti civili. Temi in cui la dimensione di conflitto è attenuata o confinata su linee generazionali, che si presentano come una predica ai convertiti. L’ipotetica discesa in campo di Fedez sarebbe un passo ulteriore e un passo rischioso, perché vorrebbe dire l’abbandonare la politica come espressione identitaria e scendere a farla per davvero, con tutte le fatiche, i compromessi e le impurità che questo richiedere. Perché un conto è lottare o far vedere che si lotta contro il razzismo o la discriminazione di genere, che richiede uno sforzo minimo è può essere funzionale a vedere dischi, smalti o promuovere un brand, un altro conto è fare politica per davvero e dover mobilitare i follower su questioni di alleanze, tatticismi, tit-for-tat, procedure.

Detto ciò, probabilmente Fedez di tutto questo è ben consapevole. E probabilmente quella di registrare il dominio era solo una mossa pubblicitaria con minima spesa e massima resa: sfruttare il fatto che, appunto, ormai si parla periodicamente di Fedez e del suo impegno politico per finire quasi gratis nel ciclo delle notizie per 24 ore, facendo pure la figura del vip attento al sociale. Magari collegando alle elezioni del 2023 non una discesa in campo ma la vendita di qualche prodotto – più di uno smalto o di un disco, meno di un partito politico, magari qualche iniziativa su temi sociali o per riavvicinare la politica ai cittadini su cui mettere il suo nome e il suo brand.

L’alternativa è che Fedez abbia intenzione davvero di fare politica. Il che sarebbe certo una bella svolta nella situazione politica italiana, visto il periodo, ma una svolta nemmeno troppo imprevista: il 2023 di Fedez sarebbe una riedizione del 1994 di Berlusconi. Pensateci. L’imprenditore carismatico simbolo di una “nuova” Italia portatrice di nuovi valori e stili di vita c’è. C’è persino la first lady, anche lei simbolo di tutta una serie di cose: l’imprenditoria giovane che si fa da sola, un nuovo tipo di celebrità. Al posto dei canali tv abbiamo i canali social. Al posto di Mani Pulite e della crisi della Prima repubblica abbiamo il periodo di tregua politica rappresentato dal governo Draghi. Al posto dei guai giudiziari che hanno spinto il Cavaliere a fondare Forza Italia abbiamo la persecuzione del Codacons contro il rapper a colpi di denunce surreali. La storia non si ripete ma fa rima, per dirla con Mark Twain.

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