È in corso lo sgombero del Leoncavallo, il centro sociale di via Watteau, a Milano. L’ufficiale giudiziario era atteso per il 9 settembre.
In passato, vari presidi avevano scongiurato più volte lo sfratto. Stamattina il blitz alla presenza di polizia, ufficiale giudiziario e dell’avvocato della proprietà, l’immobiliare della famiglia Cabassi. Lo sgombero previsto a metà maggio era stato rimandato al 15 luglio e poi al 9 settembre. A fine luglio si era però appreso che lo sfratto avrebbe potuto concretizzarsi prima di quella data.
«Numerosi incontri si sono svolti in questi mesi con l’amministrazione comunale per identificare soluzioni e percorsi alternativi», si leggeva a fine luglio sull’account ufficiale del centro sociale. «Le associazioni e i collettivi del Leoncavallo hanno lavorato in particolare sulla ormai nota area di via San Dionigi, sui tempi e i modi della sua bonifica. In attesa di un bando pubblico che immaginiamo in ritardo per le vicende dell’urbanistica milanese. Nessun incontro hanno ritenuto di svolgere, nonostante le sollecitazioni, Questura e Prefettura».
La associazione Mamme del Leoncavallo dice (via Ansa) che «è uno sfratto esecutivo. Avremo 30 giorni per trovare un accordo con la proprietà per prendere un po’ di cose. Di certo il Leoncavallo è andato».
Esulta Matteo Salvini su Instagram: «Decenni di illegalità tollerata, e più volte sostenuta, dalla sinistra: ora finalmente si cambia. La legge è uguale per tutti: afuera!». Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: «Lo sgombero del centro sociale Leoncavallo segna la fine di una lunga stagione di illegalità. Per trent’anni quell’immobile è stato occupato abusivamente. E al danno si è aggiunta la beffa: lo Stato costretto persino a risarcire i danni dell’occupazione. Oggi finalmente viene ristabilita la legalità. Il governo ha una linea chiara: tolleranza zero verso le occupazioni abusive. Dall’inizio del nostro mandato sono già stati sgomberati quasi 4000 immobili. Lo sgombero del Leoncavallo è solo un altro passo di una strategia costante e determinata che porteremo ancora avanti».

Ad aprile Rolling Stone aveva scelto, appoggiandone la battaglia, proprio il Leoncavallo per il servizio fotografico della digital cover dedicata a Neffa. «È allucinante che non si riconoscano certi posti come caposaldi della cultura solo perché non sono la stessa cultura che ci hanno insegnato da piccoli», diceva Neffa in quell’occasione. «Trovo pazzesco che in una società così moderna non si capisca il bisogno di avere una diversità. Ma in fondo questa è l’epoca dell’appiattimento».
E ancora: «Milano è una città che ha tanta voglia di emettere scontrino. Una città che non ha (anche) dei segnali forti provenienti dalla controcultura, dall’arte alternativa e dall’uso alternativo degli spazi, è una città che alla lunga non può proporre un modello vincente. Manca proprio la lucidità di capire. Dopo tutti sti anni queste esperienze non hanno insegnato niente. Io ho visto sgomberare tanti posti e vedo tante lapidi in giro. E quelli non sono spazi che poi puoi riempire con una piadineria».








