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Due parole: suprematismo bianco

L'assalto al Campidoglio è stato il modo in cui gli americani bianchi seguaci di Trump hanno urlato al mondo che sono loro e soltanto loro ad avere il diritto di scegliere il presidente degli Stati Uniti

Due parole: suprematismo bianco

Jon Cherry/Getty Images

Si chiama Camera dei rappresentanti, ma i terroristi che l’hanno occupata si sono comportati come se solo loro dovessero averne le chiavi. Un uomo si è seduto nell’ufficio di Nancy Pelosi, i piedi sulla sua scrivania e un sorrisone stampato in faccia. Altri hanno aggredito un poliziotto rimasto isolato e incapace di contenere la folla. Li abbiamo visti arrampicarsi sui muri, dondolarsi da una balconata nel Senato. Altri si sono scattati selfie, hanno fatto foto ricordo, come se l’invasione non fosse altro che un tour del Campidoglio. Su una porta è stato scritto “ammazza i media”. Altri sono stati visti armati di pistole, con in mano lacci di plastica come se volessero prendere gli ostaggi. La polizia di Washington D.C., ha trovato esplosivi vicino all’edificio. Un uomo si è seduto al posto del vicepresidente Pence in Senato e ha annunciato che Donald Trump ha vinto le elezioni che in realtà ha perso. Tutta la scena è stata una violazione nel senso più puro del termine e oltre a tutto ciò, la mancanza di mascherine e dispositivi di protezione individuale durante una pandemia ha mostrato l’assenza totale sia di buonsenso che di vergogna. 

Queste persone hanno fatto tutto questo perché potevano farlo. Quello che abbiamo visto il 6 gennaio non è stato tanto una manifestazione di estremismo quanto il risultato inevitabile del privilegio bianco: un gruppo di persone che passa all’azione sulla base della loro convinzione che solo loro abbiano il diritto di scegliere chi deve guidare questo Paese. Sono stati spinti ad agire da un presidente che è diventato politicamente rilevante affermando che il primo presidente nero degli Stati Uniti fosse in realtà nato in Kenya. Sono stati supportati da politici pro-Trump che continuano tuttora a insistere che l’unico modo in cui possono aver perso le elezioni è tramite dei brogli. E gli è stato permesso fare tutto ciò dal sistema legale di questo Paese, che offre loro determinati privilegi che hanno troppa paura di perdere. Le elezioni del 2020 hanno rappresentato una rara negazione del privilegio bianco e Trump e i suoi sostenitori hanno perso la testa per questa cosa. Trump, come al solito, ha indirizzato quella rabbia nel modo peggiore possibile. 

È stato lui in persona a invitarli ad agire, sia con un tweet lo scorso dicembre sia con il suo discorso la mattina del 6 gennaio, così da rassicurarli sul fatto che non ci sarebbero state conseguenze. Al contrario della finta confusione mostrata dal capo della polizia del Campidoglio, tutto il Paese sapeva che una cosa del genere era possibile. Se ne era parlato per giorni su internet, i sostenitori più sfegatati di Trump ci avevano detto che il 6 gennaio sarebbero stati lì a fare esattamente quello. E con tutta questa passività, questa permissività, quest’assenza di preparazione, la polizia ha messo in chiaro che non considerava la folla che ha invaso il Campidoglio una vera minaccia. L’incompetenza è stata tanta e tale che fa addirittura pensare alla collusione. 

“È inevitabile chiedersi se la polizia non sia stata complice di queste azioni, se sia stata semplicemente una questione di incompetenza tattica e strategica”, ha affermato Marq Claxton, un ex detective del New York Police Department che oggi lavora per la Black Law Enforcement Alliance. “Le indagini sull’incidente dovrebbero prevedere il licenziamento di tutto il gruppo dirigente della polizia del Campidoglio, perché non solo hanno messo a rischio il nostro governo e i suoi luoghi, ma non sono stati in grado di offrire il minimo standard di protezione agli agenti in prima linea. È un fallimento che non può restare impunito”. 

Phillip Atiba Goff, professore a Yale e cofondatore del Center for Policing Equity, ha detto che la questione razziale è stata chiaramente un fattore determinante. “Se guardiamo al modo in cui la polizia ha protetto il monumento a Washington o il memoriale di Lincoln durante le manifestazioni Black Lives Matter”, ha detto, “vediamo che era più preparata e più militarizzata che non l’altroieri, quando si è trovata di fronte dei suprematisti armati che ci avevano avvistato che avrebbero attaccato il Campidoglio per interrompere le procedure democratiche”.

Durante l’assalto, quattro persone hanno perso la vita – compresa una donna sostenitrice di Trump colpita a morte da un colpo di pistola della polizia. Tuttavia, nemmeno la morte di quattro persone è servita a distogliere la folla trumpista dai suoi piani sediziosi. Anzi, queste morti potrebbero diventare il catalizzatore di un incendio in arrivo, perché ogni causa suprematista ha bisogno di una certa dose di violenza per avere successo. Si tratta di forza usata per proteggere ed espandere il potere. Le persone che hanno commesso questi crimini nel Campidoglio, così come il presidente e gli altri membri del Congresso che li hanno incitati, sicuramente lo capiscono benissimo. 

La folla ha raggiunto il suo obbiettivo, seppure per breve tempo. È riuscita a posticipare il riconoscimento della vittoria elettorale di Biden e Harris. C’è stata poca resistenza di fronte alla marea bianca che si è riversata sul Campidoglio con lo scopo di cancellare i voti neri che hanno posto fine al dominio del loro capo. Con lo scopo di cancellare la voce a quelli che ritengono non adatti alla loro visione degli Stati Uniti. Incitati dai loro leader hanno lanciato un ultimatum alle persone nere che hanno il coraggio di considerarsi cittadini americani. Solo loro e quelli come loro, hanno annunciato, hanno il diritto di scegliere il presidente.

L’assalto al Campidoglio è stato prevedibile culmine della presidenza Trump, tutta giocata fin dal primo giorno sull’infiammare il risentimento degli americani bianchi e a raccogliere i frutti di ciò che i Repubblicani seminano da generazioni – almeno dall’affermazione del movimento per i diritti civili negli anni Sessanta. Il 2021 è solo il 56esimo anno nella storia americana in cui la democrazia è una democrazia vera, e 56 anni sono stati anche troppi per Trump e i suoi seguaci al Congresso e nelle strade. Diversi Repubblicani, anche dopo la catastrofe di mercoledì, continuano a giocare con un fuoco che non hanno mai avuto alcuna intenzione di controllare o contenere. 

Tutte le preoccupazioni che si potevano avere quando Trump ha vinto le elezioni si erano già dimostrate vere già ben prima che il presidente incitasse una folla a compiere un attacco terroristico contro il suo stesso Paese. Lo slogan promosso da Trump, Make America Great Again, è sempre stato un ossimoro con cui indicare chi vorrebbe bloccare la crescita e il progresso della nazione. I MAGA, i trumpisti, sono anti-patrioti, disposti ad allearsi con alcuni dei peggiori nemici del Paese pur di controllarlo completamente. 

Gli eventi del 6 gennaio sono stati un atto di terrorismo interno, il più grave atto di terrorismo subito dall’America dall’11 settembre 2001 e l’unico assalto al Campidoglio da quando era stato bruciato dagli inglesi nel 1814. È questo il posto che Trump e i suoi sostenitori si sono conquistati nella storia degli Stati Uniti. Una presidenza costruita sulle menzogne, che fin dall’inizio si è dipinta come un’insurrezione simbolica e che ha finito per trasformarsi in un’insurrezione vera e propria contro la democrazia. 

Il presidente, che ora dovrebbe dimettersi o venire rimosso dalla carica, in dei tweet ora rimossi si è rivolto alla folla in modo melenso. Ciò ha solo reso la situazione ancora più grottesca. Il video in cui ha detto di “voler bene” agli estremisti che hanno invaso il Campidoglio ha fatto ricordare il suo commento del 2017, quando aveva definito “persone per bene” gli estremisti che avevano ucciso una donna a Charlottesville. Ora Trump ha la sua Charlottesville personale. 

Questo articolo è apparso originariamente su Rolling Stone US